Gli affari dell'ingegnere messinese che nel 2009 voleva vendere Villa Mufarbi di Taormina a Silvio Berlusconi. Poi la compravendita con Bellìa e il processo prescritto.
E' Francesco Arcovito, 46 anni, l'imprenditore messinese interdetto dall'esercizio dell'attività economica dalla Guardia di Finanza di Messina. Sotto la lente del Gruppo Messina della Gdf, ai comandi del Tenente Marco Magliacane, è finito il fallimento della Hilde Fortini srl, dichiarato dal Tribunale di Messina il 16 marzo 2016.
La società era balzata agli onori della cronaca nazionale alla fine del decennio scorso quando Silvio Berlusconi mise gli occhi su Villa Mufarbi, 2500 metri quadri solo di area abitabile affacciata sul mare di Taormina. La magione in stile moresco, che ha nell'area intorno anche un eliporto, era stata acquistata da Arcovito all'asta fallimentare degi eredi Vincenzo e Maria Grazia Messeri e nelle intenzioni di Berlusconi era destinata al figlio Luigi. Dieci milioni di euro l'importo stimato per la trattativa, ma alla fine del 2009 Nicolò Ghedini comunicò all'imprenditore messinese che l'affare era sfumato.
Qualche anno fa un'altra operazione finanziaria legata alla villa era finita sotto la lente degli investigatori, a lavoro sul crack di Luciano Bellìa, un imprenditore di Chieti attivo nel settore della metallurgia, oggi sotto processo con l'accusa di aver "svuotato" le casse della Sidermetalli per evitare l'aggressione dei creditori.
Tra le operazioni sospette, il versamento di 2,9 milioni di euro per un preliminare di compravendita di Villa Mufarbi.
Nel 2012 il Tribunale di Messina ha dichiarato prescritte le accuse di falso in bilancio per l'ingengere messinese e i tre componenti del consiglio sindacale della Hilde Fortini. I reati erano già prescritti prima dell'inizio del processo, nato dalle denunce di alcuni socio che avevano accusato Arcovito di aver nascosto loro somme – intorno ai 10 milioni di euro, frutto di rimanente nei cantieri di Roma e Firenze, non contabilizzati nei bilanci 2004 e 2006.
Alessandra Serio