Il procuratore capo Guido Lo Forte ricostruisce le vicende di lotte mafiose che si susseguirono a Messina lungo tutto il 2005. Dall'omicidio di Stefano Marchese a quello di Roberto Idotta.
“Gli arresti di oggi nascono dal contributo collaborativo di Gaetano Barbera. E’ grazie a lui che siamo riusciti a ricostruire nel dettaglio le vicende ed i conflitti interni delle strutture criminali operanti a Messina, facendo definitivamente luce sull’omicidio del giovane Stefano Marchese e sulla lotta di capi clan che si scatenò nel 2005”. Guido Lo Forte, procuratore capo di Messina, delinea con precisione i dettagli e le dinamiche della lunga scia di delitti che, nel 2005, scosse l’intera città di Messina.
“Gaetano Barbera ha parlato e confessato di aver sparato quei sei colpi di pistola che, il 18 agosto 2005, raggiunsero Marchese – spiega Lo Forte – indicando chi fosse l’uomo che guidava l’Honda su cui poi fuggì e chi fossero gli altri mandanti”.
Messina era allora suddivisa in zone di influenza tra i boss Galli, capo clan di Giostra, Spartà, capo clan di Santa Lucia Sopra Contesse, e Ventura, capo clan di Camaro San Paolo.
Nel 2005, all’interno della zona di Camaro iniziò ad emergere la figura di Gaetano Barbera.
“Spietato, preciso esecutore, killer tra i più abili, la figura di Barbera iniziò subito a contrapporsi a quelle di Minardi e di Gatto, affiliati del capo clan Galli – spiega Lo Forte – Barbera voleva il controllo di Giostra e, per farlo, cercò alleanze con Marcello D’Arrigo, che controllava la zona sud, e i Vinci, padre e figlio, che controllavano l’Annunziata”.
L’omicidio di Stefano Marchese si inserisce in questo quadro di cambio al vertice del clan di Giostra. Minardi, che all’epoca si trovava in carcere, fece saper che, non appena uscito, avrebbe contrastato Barbera acquistando il monopolio delle estorsioni a Giostra.
Fu allora che il killer Barbera, e gli altri capi clan alleati, decisero di passare ai fatti giustiziando il braccio destro e uomo fidato di Minardi, Stefano Marchese.
“Barbera non solo uccise Marchese ma, poco prima che il ventisettenne morisse, lo fece voltare, si tolse il casco e gli disse ‘Così ti ricordi chi ti ha ammazzato’”.
Non fu che l’inizio di una lunga scia di omicidi mafiosi. Al quello di Francesco La Boccetta, seguirono ben presto i delitti di Sergio Micalizzi e Robero Idotta. “Micalizzi, uomo vicinissimo a Barbera, fu la risposta di Minardi all’uccisione di Stefano Marchese – spiega ancora Lo Forte – Non passarono che poche ore, e Barbera rispose a sua volta uccidendo Roberto Idotta”.
Un periodo nero per Messina, quattro efferati delitti di mafia in solo un anno. “Le indagini e l’abilità degli investigatori hanno condotto oggi a chiudere il cerchio sull’omicidio Marchese. Ma questo non è che un segmento, un filone di una storia ben più ampia”.