I locali di Milazzo e Tripi, i vivai le imprese edili che pagavano il clan di Tindaro Calabrese e del reggente "Caiella". Le scorribande di Ofria jr, il controllo della discarica e le elezioni pilotate a Mazzarrà Sant'Andrea. Ecco i dettagli dell'operazione antimafia.
Sembra il primo scoppio di un fuoco d’artificio non ancora acceso, l’operazione Gotha5 scattata ieri tra Mazzarrà Sant’Andrea e Barcellona. Tra i 22 arrestati ci sono i capi storici e irriducibili della frangia dei mazzarroti, da Tindaro Calabrese ad Antonino “Caiella” Calderone, passando per lo storico braccio destro, il camionista Maurizio Trifiró.
Gran parte del clan di Mazzarrà, quindi, che alla metà del decennio scorso aveva sancito l’alleanza con Carmelo D’Amico, capo dell’ala militare dei barcellonesi, favorendo l’ascesa di Calabrese a scapito di Melo Bisognano. Ma nell’inchiesta Gotha 5 delle dichiarazioni di D’Amico, oggi pentito, a proposito dei suoi ex alleati ancora non c’è traccia.
A rafforzare le accuse nei confronti dei mazzarroti ci sono invece le dichiarazioni dei due figli dei fedelissimi dei boss, Salvatore Artino e Salvatore Campisi. Grazie alle loro dichiarazioni, che hanno “aggiornato” e rafforzato quelle del pentito Bisognano, gli investigatori hanno imboccato la strada giusta sulle nuove leve del clan dei mazzarroti, mettendoli sotto controllo e facendo luce così su malaffari più recenti, cioè un gran numero di estorsioni alle attività commerciali della zona di competenza.
Un altro capitolo è poi dedicato agli ex amministratori del piccolo comune arricchitosi grazie al business discarica, i professori Carmelo Giambó e Carmelo Navarra, sindaci succedutisi fino al 2007. Condannato a 12 anni per concorso esterno il primo, indagato e assolto il secondo.
Le ombre su di loro riguardano il presunto accordo coi clan per appoggiare il secondo alle elezioni, considerato una sorta di “fantoccio” di Giambó, gia’ in mano ai clan ma giá finito sotto la lente degli investigatori, nei primi anni del 2000, per via delle inchieste sulla discarica appunto. Lo scorso anno Artino aveva chiaramente detto che il clan pagava Giambó e Navarra.
Per questo, malgrado la prima assoluzione, la Procura di Messina è tornata a chiedere l’arresto del professore, arresto anche stavolta negato dal Giudice per le Udienze preliminari.
Insieme ai due, indagati a piede libero sono anche i pregiudicati Enrico Fumia, Salvatore Santangelo e Nunziato Siracusa, tutti giá in carcere per fatti precedenti. Anche questo era un capitolo già emerso in precedenti inchieste, peró.
Non c’e traccia invece dell’attuale sindaco di Mazzarrà, Salvatore Bucolo, recentemente avvisato per corruzione, la cui attività amministrativa e i rapporti con TirrenoAmbiente sono al centro dell’ispezione ministeriale al finalizzata allo scioglimento del Comune, ancora in corso. In manette è finito il fratello Angelo, ma anche i suoi legami con i clan erano giá stati sotto i riflettori degli investigatori. Attraverso di lui, impiegato in discarica, il clan avrebbe pressato sul fratello sindaco perché a sua volta facesse leva sulla societá che gestisce la discarica – oggi sotto sequestro – “rea” di ritardare nel pagamento del “dovuto”.
Proprio martedì scorso la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti ha fatto tappa a Messina ed ha ascoltato inquirenti e investigatori sugli intrecci politica-imprenditoria-mafia all’ombra della discarica. In programma c’erano anche le audizioni dei vertici di TirrenoAmbiente, sigla anche questa sotto inchiesta, ma l’audizione è slittata.
La sensazione, insomma, è che il lavoro degli investigatori sul piccolo comune collinare letteralmente adagiato sulla discarica sia soltanto all’inizio, e Gotha V costituisca soltanto la punta di un iceberg. Ancora top secret le rivelazioni di D’Amico sul patto di ferro con Calabrese e i suoi, ad esempio. Ancora a lavoro la Commissione d’accesso agli atti al Comune di Mazzarrà, ed è in corso pure l’indagine sul sindaco Bucolo.
Tra gli investigatori che hanno condotto Gotha V ci sono il capo della Squadra Mobile, Giuseppe Anzalone, e il Commissario di Barcellona, Mario Ceraolo: il gruppo investigativo della Polizia è quello che sta lavorando sugli attentati ai consiglieri comunali mazzarroti dei mesi scorsi, mentre il Ceraolo fa parte della Commissione ispettiva a lavoro a Mazzarrà.
Capitolo inedito sono invece le scorribande di Ofria jr. Ventunenne da poco, Giuseppe Ofria é figlio del più noto Salvatore e nipote di un altro capo, Sam Di Salvo. Da ieri é in carcere. Gli investigatori hanno infatti documentato che nel 2004 il ragazzo aveva preso di mira la discoteca Dalì di Milazzo. Facendo leva sulla caratura dei suoi parenti, entrava senza pagare nel locale e pretendeva che entrassero e consumassero sistematicamente a sbafo anche i suoi.
Nel marzo dello stesso anno, poi, non ha esitato a fare irruzione a casa di uno dei giovani del suo gruppetto, conosciuto col soprannome di “testa i cuppinu”. Il ragazzo aveva avuto in consegna circa tre etti di droga, mai restituiti né pagati. Insieme ai suoi fidati, Ofria jr gli é piombato in casa, l’ha messa a soqquadro alla ricerca dello stupefacente, lo ha picchiato a sangue sotto gli occhi della madre terrorizzata e poiché della droga non c’era traccia ha pensato bene di portarsi via lo scooter del malcapitato come pegno.
Non c’era soltanto la discoteca milazzese nel mirino del racket mazzarroto. Salvatore Campisi ha raccontato che Nunziato Siracusa e il padre Agostino Campisi incassavo il pizzo pagato dalla Presti sr, l’impresa edile di Terme Vigliatore che negli ultimi si è aggiudicata importanti commesse, dai lavori in autostrada per il Cas all’arteria industriale Milazzo-Valdina, passando per l’autostrada del Brennero e altri lavori al nord. Salvatore Artino ha confermato che il padre Ignazio, ucciso nel 2011, gestiva insieme a Calcó Labruzzo l’estorsione alla Elicona Scavi, l’impresa di Montalbano impegnata nei lavori del parco eolico dei Nebrodi. Mentre Santo Gullo, il meccanico pentito di Oliveri, ha svelato di aver imposto il pizzo, insieme al tortoriciano Calcó, alla Agricolmac dei fratelli Ventura ed alla Rosa dei Venti, ristorante di Campogrande a Tripi tra i più gettonati in provincia come location di matrimoni e altre cerimonie.
Nel mirino dell’esattore del pizzo Giuseppe Cammisa, invece, erano finiti i vivai Miano e la farmacia Cannone. Al titolare dei Vivai, Cammisa e il braccio destro Pantè han chiesto di “dare qualcosa per Pasqua” per la famiglia detenuti, mentre il titolare della farmacia di Mazzarrà sarebbe stato minacciato in maniera decisamente più incisiva, tra la fine del 2014 e l’inizio di quest’anno.
Il viso e i nostri occhi sono lo specchio dell’anima? A guardare l’espressione di questi ceffi, grugni non degni di essere barcellonesi o pozzogottesi, penso proprio di si. Uomini rimasti nelle caverne della nostra mente ma purtroppo con il loro corpo vivono tra noi. Non sono animali, non possiamo concedere loro questo onore, sono uomini educati da genitori indegni di questo ruolo e da un contesto politico che si sia nutrito dei loro voti. C’è differenza tra questi ceffi e gli uomini politici con loro conniventi? NESSUNA
Il viso e i nostri occhi sono lo specchio dell’anima? A guardare l’espressione di questi ceffi, grugni non degni di essere barcellonesi o pozzogottesi, penso proprio di si. Uomini rimasti nelle caverne della nostra mente ma purtroppo con il loro corpo vivono tra noi. Non sono animali, non possiamo concedere loro questo onore, sono uomini educati da genitori indegni di questo ruolo e da un contesto politico che si sia nutrito dei loro voti. C’è differenza tra questi ceffi e gli uomini politici con loro conniventi? NESSUNA
ma statte zitto ke fai più figura ; D
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