A 11 anni dagli arresti, la Suprema Corte non ha potuto che applicare le prescrizioni per i principali imputati del processo sulle concessioni sospette, intercettati a pagare e intascare tangenti. Cadono così le condanne per Fortino, Bonanno e Ponzio, mentre resta sotto sequestro il complesso edilizio mai terminato.
Le lungaggini giudiziarie hanno giovato ai protagonisti di una vicenda di corruttela che i giudici messinesi avevano cristallizzato in pesanti condanne. La Corte di Cassazione ieri sera si è pronunciata sul processo Oro Grigio, l'inchiesta sulla costruzione dell'omonimo complesso sul Torrente Trapani che nella metà del decennio scorso era sfociato negli arresti di alcuni dei professionsiti protagonisti dell'affare.
La Suprema Corte ha dichiarato prescritte le condanne per l'avvocato Pucci Fortino, l'ex presidente del consiglio comunale Umberto Bonanno, il geometra comunale Antonino Ponzio, il costruttore Giovanni Arlotta. Confermate invece le condanne per gli altri due costruttori, i messinesi Giovanni Magazzù e Antonino Smedile.
I giudici hanno inoltre annullato la sentenza di appello per quel che riguarda le statuizioni civili, in sostanza i risarcimenti, e ha rinviato gli atti alla stessa corte d'appello che aveva deciso, un anno e mezzo fa, e che dovrà tornare adesso a pronunciarsi, ma tenendo conto che nel frattempo il grosso delle condanne è stato di fatto cancellato. Infine, confermato il sequestro in todo del complesso edilizio di Torrente Trapani. Insomma il cerino, letteralmente le macerie o quasi, resta al Comune.
LA SENTENZA D'APPELLO. Il verdetto di secondo grado risale alla primavera dello scorso anno e, dieci anni dopo la viceda, se pure ad un passo dalla prescrizione aveva confermato quasi tutte le condanne di primo grado, ridimensionandone soltanto alcune. Se fossero state confermate anche ieri in Cassazione, probabilmente si sarebbero aperte le porte del carcere per i principali imputati. Erano state infatti confermate le condanne a 4 anni e mezzo per Fortino, Bonanno e Ponzio, rideterimnate le pene ad un anno e 10 mesi per il barcellonese Arlotta, Magazzù e Smedile, era stato assolto Santi Magazzù della Immobilare Samm.
I giudici di II grado messinesi avevano infine revocato le statuizioni civili disposte in primo grado – ossia i risarcimenti, decisi anche per compratori e associazioni – fatte salve quelle disposte in favore del Comune di Messina in relazione a due capi di imputazione.
LA SENTENZA DI PRIMO GRADO – Il Tribunale aveva condannato gli imputati per corruzione, assolto tutti dall’accusa di associazione a delinquere, applicato la prescrizione per i reati di abuso, aveva condannato al risarcimento, in solido, il Comune di Messina. A svelare i retroscena dell'affare era stata un cimice nell’ufficio del dirigente comunale Manlio Minutoli, che aveva convinto gli investigatori della Squadra Mobile a sospettare di alcune concessioni edilizie rilasciate in zone a rischio, come quella del Torrente Trapani. Le ulteriori intercettazioni telefoniche svolte avevano poi svelato un giro di tangenti.
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA di primo grado offrirono uno spaccato pesantissimo di come sono gestiti gli affari, soprattutto quelli edilizi, a Messina. I giudici ripercorrono l’iter del progetto, secondo l’accusa oliato per elevare la cubatura del complesso, ormai confiscato. Emergono così le figure del “politico” Bonanno impegnato a muovere i propri canali a Palermo per superare gli ostacoli procedimentali alla concessione, dei soci Ponzio e Gierotto per seguire, “scrivania dopo scrivania”, l’iter della concessione. Tutto per denaro, ovviamente, poco o tanto che sia. Come dimenticare Bonanno che, in auto, conta il denaro appena ricevuto da Fortino e si lamenta dell’esiguità del pagamento, definendolo “pizzarella"? Un comitato d’affari, certo, quello che si è mosso intorno al Green Park. Ma non un’associazione a delinquere, secondo i giudici, che non trovano collante stabile, apporti in affari pregressi, tra gli imputati, se non il fatto che in quella occasione si è presentato loro un lauto affare e lo hanno spartito. Diverso il giudizio sull’innegabile tangente e quindi il quantum delle condanne emesse.
“La corruzione era funzionale a realizzare una trasformazione del territorio di portata imponente, la somma pretesa a titolo di corrispettivo era elevatissima e l’arroganza e prepotenza dimostrata nel pretendere il denaro indebito non comune: si pensi alle pressioni continue ed alle minacce fatte da Fortino ad Arlotta, alle continue interferenze di Ponzio nell’attività dei suoi colleghi che a vario titolo si sono occupati della pratica de qua per ragioni d’ufficio, nonché alla pretesa dello stesso non solo di avere appartamenti non dovuti ma anche di dotarli di “confort” – come un ascensore panoramico- di lusso, nonché allo sfruttamento da parte di Bonanno di legami politici a livello regionale e nazionale. Una pena inferiore sarebbe sproporzionata al riprovevole mercimonio di pubbliche funzioni fatto.”, avevano concluso i giudici.
Alessandra Serio
Giusto che si applichi la prescrizione ma questo non impedisce il risarcimento dei danni alle parte civile.
Giusto che si applichi la prescrizione ma questo non impedisce il risarcimento dei danni alle parte civile.
Che schifo.
Che schifo.