Giuseppe Monteforte, direttore del reparto ingegneria dell'azienda, si è confrontato pubblicamente con Beniamino Ginatempo, presidente di Zero Waste Sicilia; un dibattito tecnico, dal quale sono emerse due posizioni inconciliabili persino sui numeri. Spetterà adesso ai cittadini trarre le proprie conclusioni
Si è svolta ieri la Tribuna Referendaria organizzata dal Comune di San Filippo del Mela, alla quale hanno partecipato un rappresentante di A2A – Giuseppe Monteforte, direttore del reparto ingegneria dell’azienda – e uno del movimento contrario all’inceneritore – Beniamino Ginatempo, presidente Zero Waste Sicilia. L’incontro è stato moderato dal giornalista Benedetto Orti Tullo.
Il confronto aveva scatenato le polemiche ancor prima di iniziare; i Comitati per il No hanno infatti dichiarato di esser stati censurati dall’amministrazione filippese, che avrebbe preferito Ginatempo al rappresentante concordato tra le associazioni – Davide Fidone; il sindaco Pasquale Aliprandi ha però fornito un’altra versione: “Abbiamo chiesto ai Comitati di fornirci un nome concordato fra tutti; questo accordo non c’è stato, e dunque abbiamo scelto Ginatempo; mi sembra una persona competente e coerente, e non vedo dunque perchè si parla di censura”.
Chiuse – almeno momentaneamente – le polemiche, è così iniziato il dibattito. La prima domanda ha analizzato il progetto nella sua completezza: A2A ha infatti parlato, in una brochure inviata ai cittadini filippesi, di altri progetti per le energie rinnovabili da affiancare all’inceneritore. “Peccato che di questi progetti, al Ministero, non ci sia traccia” – ha dichiarato Ginatempo. “È perchè ogni progetto ha il suo iter; non tutti passano dal Ministero” – ha risposto l’azienda. In ogni caso, il referendum di domani riguarderà espressamente il progetto di inceneritore a CSS.
Sul tema delle emissioni un inasprimento del confronto era inevitabile. “Il problema non è il rispetto dei limiti di legge, ma la presenza stessa delle nuove emissioni: diossine e furani, il cui accumulo è inevitabile e dannoso anche in piccole quantità” – spiega ancora Ginatempo – “inoltre, dobbiamo tener conto della somma degli impatti ambientali delle singole aziende”. A2A ha replicato richiamando lo Studio di Impatto Ambientale: “Utilizzeremo per la combustione due caldaie a quasi 1000 gradi, temperature alle quali si ha una emissione minima di inquinanti, mentre i fumi saranno convogliati in avanzati sistemi di abbattimento. Nello Studio, inoltre, gli effetti di cumulo sono stati analizzati, anche tenendo conto delle altre realtà industriali: in 30 anni, nel primo mezzo metro di terreno, l’accumulo di sostanze nocive sarebbe talmente basso da far rientrare le aree interessate tra quelle edificabili a uso civile”.
Si è poi passati a discutere di un altro tema caldo, quello dell’approvigionamento di CSS. “Il CSS deriva dai rifiuti, ma per ricavarlo c’è bisogno di impianti di TMB (Trattamento meccanico biologico), praticamente inesistenti in Sicilia” – insiste Ginatempo – “inoltre, anche qualora nell’isola si raggiungesse l’auspicato livello del 65% di raccolta differenziata, il CSS ricavabile in un intero anno ammonterebbe a circa 400.000 tonnellate, insufficienti a coprire il fabbisogno dell’impianto, che è di oltre 500.000″. Anche in questo caso, a non corrispondere sono i dati: “Basandoci sui dati Ispra, abbiamo calcolato che sarà possibile ricavare in Sicilia oltre 800.000 tonnellate di CSS; abbiamo previsto un raggio di 200 km entro il quale recuperare il combustibile necessario, e siamo convinti sia sufficiente”.
Sul tema ha chiesto una replica Zero Waste, sostenendo che, anche secondo i numeri del Piano Aro approvato dalla Regione, la quantità di CSS ricavabile non coprirebbe il fabbisogno previsto dall’azienda. Ricordiamo, comunque, che la produzione di CSS si giova di una raccolta differenziata spinta, poichè il combustibile si ricava dalla frazione secca dei rifiuti non più recuperabili, attraverso il TMB, che separa le plastiche dagli scarti non combustibili.
Ancora, la riconversione può mantenere i livelli occupazionali dell’azienda? “Si potrebbe creare molto più lavoro con una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti; invece, con una produzione energetica che sarà parecchio inferiore a quella del precedente impianto, il termovalorizzatore è destinato a diventare presto obsoleto e inutile” – ha dichiarato Ginatempo. “Garantiremo i livelli occupazionali del diretto e dell’indotto” – ha replicato A2A – “per 5 anni sarà aperto il cantiere per la costruzione degli impianti, e successivamente i lavoratori saranno impiegati non solo nel termovalorizzatore, ma anche nel polo tecnologico per le energie rinnovabili, che darà lavoro anche a diversi ricercatori”.
Un punto di convergenza tra i due protagonisti del dibattito è emerso sulla questione referendum: entrambi hanno infatti spiegato che il tempo concesso non è sufficiente per informare adeguatamente la popolazione, che andrà dunque a votare inconsapevolmente.
Il confronto è terminato con un appello al voto. “Ne va del futuro del territorio: o industria pesante, o turismo, agricoltura e sviluppo sostenibile” – ha concluso Ginatempo. “L’impianto risolverà alcuni problemi del futuro del territorio” – ha replicato A2A – “ed è uguale ai tantissimi inceneritori diffusi in Europa; a Copenhagen, in Danimarca, hanno costruito una pista da sci su un impianto tre volte più grande del nostro, ma con le nostre stesse tecnologie”.
Si è così concluso un dibattito teso, nel quale i vertici dell’azienda sono stati continuamente contestati da una parte del pubblico particolarmente ostile. Le intemperanze di qualche facinoroso non hanno però abbassato la qualità del dibattito che, tranne per qualche acciacco retorico, è stato tecnico e supportato dai dati, seppur divergenti. Spetterà al cittadino, adesso, trarre le proprie conclusioni.
Giovanni Passalacqua