Da giorni ormai sono numerosi i non eletti che stanno ipotizzando di presentare ricorsi per la mancata applicazione dell'autocertificazione della Legge Severino. Le conseguenze potrebbero comportare lo stravolgimento dell'attuale composizione dell'Ars
Il rischio c’è, i precedenti anche (in Basilicata ad esempio), ed aumenta il numero di quanti, nei vari Collegi stanno pensando di presentare ricorso.
Non si tratta dei consueti ricorsi per il riconteggio dei voti, che riguardano quindi il singolo deputato eletto (o non eletto), ma potrebbero coinvolgere l’intera composizione dell’Ars con effetti a catena anche sul piano politico, giacchè comporterebbero uno stravolgimento della volontà degli elettori emersa dalle urne.
Se sul piano giuridico e formale i ricorsi potrebbero quindi avere, tra febbraio e marzo, esito favorevole, altro discorso è quello relativo alla volontà degli elettori, emersa in modo inequivocabile il 5 novembre.
Il nodo della questione è l’applicazione della Legge Severino in Sicilia, dal momento che la Regione ha fatto firmare ai candidati moduli nei quali si richiedeva, attraverso l’autocertificazione il rispetto di una legge del ’90 che in realtà non esiste più ed è stata superata dalla Severino stessa. La maggior parte dei candidati ha in ogni caso presentato l’autocertificazione prevista dalla Severino, altri (e sono numerosi) hanno firmato solo i moduli richiesti dalla Regione, in applicazione alla legge del ’90 e che prevede un minor numero di reati per i quali non ci si può candidare.
L’avvocato Francesco Leone, di Palermo, ha pubblicato sul suo blog una nota che chiarisce come la possibilità che i ricorsi possano essere accolti non è affatto peregrina. Riportiamo di seguito la nota:
Al centro di tale incertezza vi è la mancata allegazione – tra i documenti indispensabili per la presentazione delle candidature – della dichiarazione prevista dalla legge 235/2012, meglio conosciuta come “Legge Severino”. Contestualmente, con riferimento alle elezioni regionali, tutti coloro che vogliono presentare la propria candidatura hanno l’obbligo, all’atto del deposito della documentazione della stessa, di allegare anche una dichiarazione sostitutiva attestante l’insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all’art. 7 della stessa legge. Il mancato deposito di tale dichiarazione viene sanzionato, ai sensi dell’art 9 comma 2, con l’esclusione del candidato dalla propria lista.
A spiegare le possibili implicazioni gli avvocati dello studio legale Leone-Fell & Associatiche spiegano come l’applicazione della legge Severino possa ridisegnare il Parlamento siciliano.
In Sicilia, come anticipato, tale dichiarazione non è stata presentata da molti candidati soprattutto nelle province di Siracusa e Trapani. Il motivo di tale omissione sarebbero i moduli messi a disposizione degli aspiranti candidati che non contenevano alcun riferimento alla legge Severino ma, di contro, indicavano quale normativa vigente la legge 55/1990, meno stringente nell’indicare le varie cause di incandidabilità.
L’Ufficio elettorale della Regione Siciliana, cercando di giustificare i moduli irregolari, ha dichiarato che la loro stampa non sarebbe frutto di un errore in quanto: “I moduli di accettazione dei candidati sono conformi alla legge regionale 29 del 1951, noi siamo in Sicilia e dunque applichiamo la nostra norma”.
Tale affermazione non ci trova concordi.
Innanzitutto la legge 55/1990 è stata abrogata ai sensi dell’articolo 17 della Legge Severino, e la stessa ai sensi dell’articolo 14 si applica anche alla Sicilia:
Le disposizioni in materia di incandidabilita’ del presente testo unico si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano.
Dunque non vi è alcuna disposizione che potrebbe giustificare la scelta fatta.
La questione non è solo di carattere formale, infatti come ribadito dalla giurisprudenza più recente in materia, il candidato al momento della sottoscrizione deve essere consapevole che stia rispettando una serie di requisiti indicati dalla legge nazionale e regionale: consapevolezza da parte dei sottoscrittori non solo – come previsto dalla legislazione nazionale – della lista cui la sottoscrizione si riferisce, ma altresì – come richiesto dalla disposizione regionale sopra richiamata – delle specifiche ed ulteriori indicazioni dei candidati (TAR Palermo 2397/2017).
Nei casi in cui altri candidati hanno firmato la dichiarazione con un riferimento normativo diverso rispetto a quello della legge Severino, la giurisprudenza ha ritenuto l’impossibilità da parte del candidato di poter “correggere” la dichiarazione ai sensi dell’articolo 33 ultimo comma del D.P.R. 570/1960, in quanto la candidatura era priva non di un requisito secondario ma di un requisito essenziale:
– dall’errato riferimento ad una norma abrogata che prevede alcune ipotesi di incandidabilità, infatti, non può desumersi la volontà dei candidati di affermare l’insussistenza di ulteriori cause di incandidabilità previste da una successiva norma che non è stata espressamente richiamata (TAR Toscana, n. 819/2016; TAR Calabria – Catanzaro, n. 1017/2016);
– si verte, pertanto, di dichiarazioni incomplete e non meramente irregolari, in relazione ad un requisito essenziale (…) trattandosi, come detto, di dichiarazioni incomplete e non meramente irregolari, in relazione ad un requisito essenziale (relativo all’elenco delle ipotesi delittuose che l’interessato ha dichiarato insussistenti), che non possono essere integrate successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle candidature TAR Campania 2511/2016; Con. St. 2154/2016.
Alla luce della succitata giurisprudenza è evidente che il risultato elettorale delle scorse elezioni regionali siciliane sia in pericolo.
E infatti, qualsiasi cittadino può adire la giustizia amministrativa e chiedere l’esclusione di tutti i candidati che hanno presentato una dichiarazione irregolare. L’effetto a catena sarebbe devastante: ci troveremmo infatti davanti a due scenari possibili: la cancellazione della lista in quanto priva del numero minimo di candidati previsti dalla legge o il mancato raggiungimento, da parte della lista, del quorum del 5% utile per partecipare alla distribuzione dei 70 seggi previsti.
Tale scenario porterebbe alla redistribuzione dei voti su scala regionale, permettendo così a liste e a candidati non eletti di poter concorrere per l’ottenimento del seggio.