Nell'ambito del tavolo organizzato dal Cirs nel giorno della celebrazione dedicata alle donne, Giusi Furnari ha proposto una riflessione: esiste ancora una questione femminile?
La domanda da cui dobbiamo partire oggi è se c’è ancora una questione femminile? E se c’è, qual è il senso che tale questione ha in riferimento alla configurazione identitaria della donna: dobbiamo parlare di donna, di donne, di differenza di genere? E in tal caso, dobbiamo interrogarci sull’esser donna, ricorrendo al dominio performativo della logica binaria maschio/femmina o, in maniera non confessionale, liberi da stratificazioni simboliche cristallizzate e performative, guardando alla differenza non come generi in opposizione/ complementarietà, ma nella accidentalità con cui si dà il corpo e l’essere di ogni individuo umano? Questioni ampie complesse che certamente non è qui luogo per parlarne, ma che tuttavia devono essere tenute sullo sfondo quando ci accingiamo a mettere sul tappeto la questione femminile, la sua storia, la sua valenza sociale e politica.
Pur restando, come l’occasione richiede, fuori da domande che ci portano ad analizzare l’orizzonte di significazione del femminile, dentro o fuori prospettive identitarie essenzialiste o performative, giova interrogarsi sul che cosa sia o possa essere oggi il femminismo; quale possa essere o debba essere il suo ruolo sociale e politico; se le donne, quali eredi dei movimenti femministi, debbano recuperare la valenza sociale del loro essere state ai margini della storia per lunghi secoli e come siano divenuti soggetti politici, in virtù di lotte compiute in difesa di diritti umani politici, sociali di natura personale, politica e sociale- economica.
Essere eredi di tale patrimonio di azioni politiche di lotte e di idee comporta, per noi donne di oggi (giovani e meno giovani), il recupero di quella volontà movimentista che ha dato colore, nome e forza al femminismo, quando ancora i traguardi della presenza femminile nelle istituzioni erano tagliati da poche; quando ancora il “potere” per le donne risiedeva più nell’azione comune che nell’esercizio del potere costituito.
Credo che oggi più che mai questa anima movimentista sia la chiave più autentica di cui le donne debbano riappropriarsi per essere forti, per ridare alla questione femminile (ormai rivisitata nelle sue ampie implicazioni culturali) il ruolo di motore di una democrazia che vacilla, sotto nuovi e potenti padroni; motore di una democrazia umana in cui ogni individuo deve essere riconosciuto come portatore di un valore di libertà, di equità sociale e di riconoscimento identitario non macchiato di alcuna preclusione razziale, sessuale, religiosa o di genere.
Riprendendo le fila della sua storia, il femminismo deve tornare a farsi Movimento capace di produrre azioni che abbiano la forza di tradurre in leggi e comportamenti Il diritto di avere diritti
Giusi Furnari