“Dalla riforma prenderà il via l’operazione che abolirà le regioni, per dare una legittimazione giuridica, politica e produttiva alle Aree vaste e dunque alle Città Metropolitane”
Ci stiamo avviando a grandi passi dentro l’Europa che cambia e gran parte di coloro, che dovrebbero rappresentare la classe dirigente della nuova società civile e politica, appaiono ostinatamente prigionieri di logiche che appartengono ormai al passato.
E che il cambiamento sia già in fase avanzata lo testimoniano gli atti politici e normativi dell’Unione europea che, in verità, da almeno trent’anni a questa parte lancia moniti severi a tutti quei paesi che non hanno ancora capito che “la festa è finita” e che, dopo i bagordi, è ora di cominciare a stringere la cinghia.
Fra coloro che hanno già visto sventolare sotto il proprio naso il “cartellino giallo” dell’arbitro Europa c’è senz’altro l’Italia e, per ciò che ci riguarda più da vicino, la Sicilia. Dove non solo si è perso tempo e denaro, lasciando inattuati moltissimi progetti europei pure finanziati a fior di miliardi (perché il rigido sistema della gestione dei fondi comunitari non permetteva “distrazioni”), ma ancora oggi si “nicchia”, ignorando che le istituzioni europee non aspetteranno nessuno e, alla scadenza fissata, chi “c’è c’è” e chi non c’è resta al palo, prigioniero delle logiche vetero-politiche che ancora oggi, che siamo “nel mezzo del cammin di nostra vita”, ci propongono “centri studi” per approfondire una tematica di cui già esistono indicatori operativi con tanto di direttive comunitarie.
Nella fattispecie, ovvero parlando della costituzione delle città metropolitane, la “Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale” pubblicata – nel 2010, non ieri – dall’apposita commissione comunitaria, che riferisce – tra l’altro – sulle cosiddette «Aree vaste» e dunque sulla necessità di avviare il sistema metropolitano, detta principi e linee di attuazione a breve e con uno schematismo da cui non si può derogare pena l’emarginazione.
E come è successo dall’avvento della moneta unica europea, l’Italia – invece di prepararsi ad un nuovo modo d’intendere il mercato finanziario istruendo a dovere i soloni gestionali – ha permesso che l’euro irrompesse come uno tsunami nel sistema economico e produttivo con le conseguenze che il paese paga, in termini di interessi salatissimi e una speculazione inammissibile sui consumi.
Orbene, considerato tutto ciò, non è chi non veda che l’ulteriore perdita di tempo «aspettando Godot», prima che venga emanato dal presidente della Regione Crocetta il decreto di attuazione della legge regionale n° 8 del 24 marzo 2014, è più di un grido d’allarme e che sarebbe ora che il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone (che pure si è battuto per la rapida approvazione della legge) facesse suonare la tromba della sveglia fino a destare di soprassalto chi dorme ancora.
Così come farebbero bene i deputati regionali a darsi una mossa, perché i valori di riferimento della società civile e politica all’ingresso delle città metropolitane in Europa, non saranno quelli di adesso e delle retrospettive perché, volenti o non, dalla riforma prenderà il via l’operazione che abolirà le regioni, per dare una legittimazione giuridica, politica e produttiva alle Aree vaste e dunque alle Città Metropolitane.Con tanti saluti e poche cerimonie.
Lorenzo Ferrigno