Riforma Cartabia, anche a Reggio Calabria un'iniziativa di protesta dell'Anm FOTO

Riforma Cartabia, anche a Reggio Calabria un’iniziativa di protesta dell’Anm FOTO

Mario Meliado

Riforma Cartabia, anche a Reggio Calabria un’iniziativa di protesta dell’Anm FOTO

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lunedì 16 Maggio 2022 - 18:15

"Nuova" Giustizia, l'Associazione nazionale magistrati contesta gerarchizzazione degli uffici giudiziari, sostanziale separazione delle carriere e altro

REGGIO CALABRIA – I dati sono ancora parziali, ma secondo il presidente nazionale dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia supera il 60% con proiezione al 65% l’adesione su scala nazionale allo sciopero dei magistrati promosso per l’appunto dall’Anm contro la riforma Cartabia.

Roberto Di Palma, presidente dell'Anm di Reggio Calabria
Il presidente dell’Anm di Reggio Calabria, Roberto Di Palma

In tante città del Belpaese oggi si sono tenute iniziative di protesta e d’analisi sull’evoluzione dell’ex ddl Bonafede, dal nome dell’allora Guardasigilli – il pentastellato Alfonso Bonafede – che incardinò nella sua prima veste la riforma della Giustizia oggi emendata e portata avanti dal successore, il presidente emerito della Corte costituzionale Marta Cartabia.

Anche a Reggio Calabria, nell’aula 13 del Centro direzionale di Sant’Anna – che ospita il più grande numero degli uffici giudiziari -, è andata in scena la protesta. In questo caso l’iniziativa coordinata dal presidente reggino dell’Associazione nazionale magistrati, il procuratore presso il Tribunale dei minori Roberto Di Palma, ha preso la forma di un dibattito open, presente il presidente dell’Ordine degli avvocati Rosario Infantino insieme a vari legali del Foro reggino.

Nel Distretto, sfiorano il 54% le adesioni allo sciopero

Quanto ai magistrati, in Aula tra gli altri il presidente della Corte d’appello Luciano Gerardis, il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – anche perché in questo momento è ‘nel limbo’ la posizione del procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri -, il segretario nazionale di Magistratura democratica Stefano Musolino. Tra gli altri, in videoconferenza hanno preso parte all’appuntamento la vicepresidente nazionale dell’Anm Alessandra Maddalena e il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano Mico Santoro, per ben 24 anni in servizio a Reggio.

E a proposito di magistrati, va detto che la risposta in ambito distrettuale (sedi di Reggio, Palmi e Locri, Corte d’Appello, Procura generale, Sorveglianza e Minori) è stata molto rilevante: hanno aderito allo sciopero 100 magistrati su 186, pari al 53,8% del totale dei magistrati del Distretto giudiziario reggino.

I magistrati hanno sottolineato le maggiori criticità della riforma, dall’estrema gerarchizzazione degli uffici (che secondo il già presidente sezionale Anm Antonino Laganà, giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale reggino, «insieme a un ‘aziendalismo’ esasperato, mette seriamente a rischio il ruolo e la libertà del magistrato; mentre la magistratura ai sensi della nostra Costituzione è un potere assolutamente autonomo e indipendente rispetto all’esterno, sì, ma anche all’interno… Ci distinguiamo solo per la funzione: siamo soggetti solo alla legge, tutti allo stesso modo. Ma questo testo secondo noi può ancora essere migliorato e reso più ‘costituzionale’ possibile») alla sostanziale separazione delle carriere, visto che le possibilità di passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante – o viceversa – sono ridotte al lumicino.

L’avvocato Carlo Morace, già membro della Giunta nazionale Ucp

Gli avvocati hanno parere complessivamente ben divergente rispetto all’insieme dei magistrati sulla valenza della riforma. Carlo Morace – già nella Giunta nazionale dell’Unione delle Camere penali – rileva il «primo parere complessivamente positivo sulla riforma da parte degli avvocati, anche a livello nazionale. Riforma punitiva per i magistrati? Macché. Prevede importanti modifiche sull’accesso alla magistratura, la riduzione dei fuori ruolo, il recupero della meritocrazia che costituiscono dei freni rispetto alle patologie emerse e alla degenerazione correntizia. Poi non c’è una modifica del sistema elettorale del Csm, però ad esempio non sarà più possibile operare “pacchetti” di nomine, che fin qui hanno reso possibili deprecabili “spartizioni” in ragione dell’appartenenza all’una o all’altra corrente della magistratura».

Già.
Convitato di pietra, per dir così, è infatti il “caso Palamara” – ex presidente nazionale Anm di Santa Cristina d’Aspromonte – che ha contribuito a ‘mettere sulla graticola’ i magistrati (e anche a propiziare i referendum su cui gli italiani si pronunceranno il 12 giugno prossimo). «Ma una risposta del genere è certamente impropria rispetto agli errori della magistratura, che ci sono stati – così ancora Laganà – e che riconosciamo: un conto è intervenire sui problemi degenerativi dell’associazionismo, un conto è incidere sui princìpi fondanti della nostra Carta costituzionale».

Adesso, c’è da attendere il voto referendario; ma non a braccia incrociate, naturalmente. Il tentativo dei magistrati di sbarrare il passo a una riforma osteggiatissima continuerà.
La novella potrebbe andare in Senato sùbito dopo il 12 giugno: quello sarà il momento della verità, per verificare se è davvero ancora possibile un compromesso accettabile, a suon di modifiche del testo normativo.

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