“Caro Leonardo”, 40 anni di corrispondenza tra Sciascia e La Cava

“Caro Leonardo”, 40 anni di corrispondenza tra Sciascia e La Cava

francesco musolino

“Caro Leonardo”, 40 anni di corrispondenza tra Sciascia e La Cava

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giovedì 11 Ottobre 2012 - 12:21

Rubbettino propone un epistolario da non perdere

362 lettere sparse in quasi 40 anni di vita, dal 1951 al 1988. Una vita. Una vita fatta di amicizia, libri e frequentazioni di ambienti letterari ed editoriali e soprattutto di contatti, di contatti che contano sia nei circuiti letterari che in quelli delle case editrici. E sono tanti i nomi che puntellano questo straordinario epistolario da quello di Calvino, cruccio e delizia di La Cava, a quello di Elvira Sellerio, Pasolini, Caproni, ma anche autori considerati “minori” come Domenico Zappone o Fortunato Seminara.
Contrariamente a molti epistolari del genere che, pur interessanti, sono fatti sostanzialmente di note di lavoro, questo tra Sciascia e La Cava è intriso di umanità, di sentimenti profondi e di riflessioni di grande fascino sul mestiere di scrivere.
Il rapporto tra i due comincia in maniera timida, quasi impacciata. I due si danno del tu ma si chiamano per cognome: “Caro Sciascia”, “Caro La Cava”. Sciascia è ancora alle prime armi, La Cava ha già pubblicato con Einaudi i suoi “Caratteri”. Il siciliano si affida dunque allo scrittore di Bovalino per ricevere consigli ed entrature. Emblematica la lettera che La Cava scrive da Venezia il 7 ottobre 1952 in cui dice a Sciascia: “Ho parlato a Moravia di te; ma egli disse di non conoscerti. Alvaro mi disse che gli pareva di averti conosciuto una volta e pensava che tu fossi di professione libraio. A Panfilo Gentile parlai pure di te e mi disse che avrebbe letto volentieri la tua rivista”.
Lentamente i rapporti tra i due si intensificano e le lettere si riempiono di dettagli sulle famiglie e sulle rispettive ambasce. Le parti si invertono e mentre la notorietà di Sciascia sale, La Cava si trova sempre più in affanno con un mercato editoriale cambiato che non è più capace di assorbire le sue opere che, peraltro, si moltiplicano velocemente, gettando lo scrittore calabrese nello sconforto derivante anche dalla conseguente situazione economica precaria, vista la scelta di vivere di sola letteratura.
Ma al di là delle tante curiosità e spigolature, al centro di questo scambio epistolare rimane il rapporto con la provincia, con i luoghi di origine dei due scrittori, a volte prigioni soffocanti, a volte rifugio dell’anima, certo punti privilegiati di vista sul mondo e sulla realtà. Ecco dunque che le remote cittadine di Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, e Racalmuto, in provincia di Agrigento, diventano davvero “il centro del mondo”.

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