Cittadini ancora costretti a pagare mutui per case mai utilizzate, famiglie abbandonate nel degrado e nell’abbandono. Dal 1992 ad oggi la condizione degli edifici ricadenti nel Piano di zona Tremonti-Ritiro rimane bloccata da cavilli burocratici e carenze politiche
Per quegli scheletri di cemento e per quelli che invece sono stati già ridotti in polvere sotto i colpi della gru, c’è chi deve estinguere un mutuo per appartamenti pagati fior di quattrini o dovrà pagherà l’IMU per appartmenti che oggi non esistono più. Non è un pesce d’aprile, non è uno scherzo, non è battuta, ma è un paradosso tutto siciliano, anzi tutto messinese. Gli edifici, almeno quelli che ancora rimangono in piedi, appartengono al complesso “Casa Nostra” ricadente nel Piano di Zona Tremonti-Ritiro. Proprio quello saltato agli onori della cronaca nell’anno 1992/1993, quando a causa di un grave dissesto idrogeologico del terreno, l’area smottò e si modificò sensibilmente, comportando però il crollo parziale e il successivo abbandono di molti condomini da parte di cittadini che avevano già contratto onerosi mutui per l’acquisto con il Banco di Sicilia.
Questa l’antefatto di una vicenda lunga 20 anni, oggetto della conferenza stampa convocata dal consiglio della V circoscrizione che ha chiamato a raccolta anche i deputati regionali. Seduti al tavolo della sala commissioni di palazzo Zanca gli onorevoli Panarello e Ardizzone, che hanno ascoltato con attenzione la ricostruzione dei fatti presentata dal presidente del quartiere Russo, così come hanno fatto coloro che di questa saga infinita sono stati e sono ancora protagonisti, ovvero gli abitanti delle palazzine “Casa Nostra” . Ripercorriamo anche noi i passaggi più salienti. Dopo i fenomeni di dissesto degli anni 90, la Prefettura dà incarico al Genio Civile di eseguire un progetto per la realizzazione di opere di urbanizzazione primarie (sistemazione rete raccolta acque bianche e nere nei pressi dell’area residenziale) e contestualmente la Regione affida al Comune somme per la demolizione di sei delle 13 palazzine oggetto delle ordinanze di sgombero; interventi effettuati nel 2004. Sempre da Palermo vengono stanziati anche 2 milioni 500 mila euro (attribuiti al Comune di Messina) per il completamento delle opere urbanizzazione primarie degli altri edifici del complesso Casa Nostra (La Gazzella, Il Cerbitatto, Il Capriolo) sprovviste di qualsiasi servizio. La gara viene espletata ed affidata alla Raggruppamento di Imprese con mandatario l’ing. Puglisi, ma al momento concreto, quello cioè di inizio lavori, la macchina si blocca. A causa di non meglio precisati “errori formali”, infatti, la dirigenza comunale non riesce ad ottenere il finanziamento regionale, che viene quindi accantonato in residui di somme in economie di bilancio alla Regione.
Un’avaria iniziata nel 2004 che nel 2010 si sperava fosse sul punto di sbloccarsi. Grazie all’interessamento del quartiere e all’ “intercessione” dell’on Beninati, allora assessore ai lavori pubblici, con legge regionale n°11 si riottiene il finanziamento regionale che da 2 milioni e mezzo sale a 3 milioni di euro. Ancora una volta però, tutto fermo, ed arriviamo ad oggi, alla conferenza voluta dal quartiere con il coinvolgimento della deputazione per uscire dall’empasse. Il rilascio delle somme in questione, destinate dalla Regione con fondi Europei, è infatti vincolato all’esistenza di una progettazione definitiva o esecutiva che nei fatti, con riferimento al complesso “Casa Nostra”, nonostante gli anni trascorsi invano, non è ancora stata prodotta. Un “limite” che la circoscrizione, alla luce soprattutto dell’esasperazione e dalla paura dei cittadini, costretti a vivere in una zona classificata tra quelle ad altro rischio di dissesto idrogeologico nel PAI, chiede possa essere superato.
Possibilisti in tal senso, anche perché, vista la presenza in aula delle famiglie non sarebbe potuto essere diversamente, sono apparsi i deputati Panarello e Ardizzone, pronti a portare la questione innanzi all’Ars attraverso un apposito ordine del giorno, e a coinvolgere l’assessorato all’economia e all’ambiente per decidere una possibile linea di intervento. Risultati che di certo non si avranno a breve. Nell’immediato però, come sottolineato da Russo, è necessario pensare ai cittadini: a coloro ancora costretti a pagare mutui di case non più utilizzate (tra le proposte del quartiere quella di un accordo con l’Unicredit subentrato al Banco di Sicilia per estinguere i pagamenti), e a quanti vivono in appartamenti privi di ogni servizio, dall’acqua alla luce, in mezzo all’abbandono e al degrado. «Non è più accettabile – ha concluso Russo –il sentimento di impotenza, politica e amministrativa – di fronte a famiglie che quotidianamente vivono disagi e problemi». (ELENA DE PASQUALE)