Roberto Magnisi, un messinese nel mondo del vino siciliano

Roberto Magnisi, un messinese nel mondo del vino siciliano

Ilaria Mangano

Roberto Magnisi, un messinese nel mondo del vino siciliano

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domenica 10 Novembre 2024 - 07:00

ll direttore delle cantine di Duca di Salaparuta, Corvo e Florio si racconta. Un percorso umano e professionale da innamorato di Bagheria

Dal 2019 è il direttore delle cantine di Duca di Salaparuta, Corvo e Florio e dell’azienda agricola “Suor Marchesa”. Nato a Messina, Roberto Magnisi si è laureato in Chimica alimentare, nell’Università della sua città, e ha intrapreso da giovane un percorso nel campo imprenditoriale del vino, entrando a far parte del gruppo nel 2003. E racconta: “Io ero già appassionato al mondo del vino e ho avuto la fortuna e il piacere di avere una possibilità nelle cantine Florio. Qui ho iniziato da chimico. Diciamo che la giovinezza premia e anche un pizzico di fortuna. Sono riuscito presto a incastonarmi in questo meraviglioso gruppo che mi accompagna in questi, ormai, 21 anni di lavoro”.

Oggi si dice orgoglioso di lavorare per una realtà nata in Sicilia e cresciuta sempre di più. Il Gruppo Duca di Salaparuta, con i suoi marchi Corvo, Duca di Salaparuta e Florio, rispecchia infatti un pezzo di storia e bellezza della Sicilia. Corvo e Duca di Salaparuta sono nati nel 1824. Florio nato nel 1833.

“Un mosaico di vigneti”

Magnisi descrive con passione la sua attività: “Adesso mi occupo di tutta la filiera produttiva. La nostra azienda, con i suoi 160 ettari, è un mosaico di vigneti che si estendono dalla Sicilia centro-orientale, una terra complicata ma generosa che offre questo meraviglioso frutto a bacca rossa, all’Etna e fino alla Sicilia occidentale, terra del Grillo. Finita la parte agronomica, ci sono le tre cantine produttive. Due dedicate al mondo del vino. Parliamo della cantina di Corvo e la cantina di Duca e Salaparuta, che raccolgono insieme circa 80.000 metri quadrati di struttura. Qui si conserva sia il mondo tradizionale, cioè legato alle rovere e al legno, sia la parte tecnologica. La cantina Corvo è quella un po’ più tecnologica, più avanzata. L’altra è, invece, più tradizionale. Nell’altro versante, c’è la meraviglia delle meraviglie: le cantine Florio” .

Il primo amore

Un colpo di fulmine, quello per le cantine Florio, che Roberto Magnisi descrive così: “È stato il primo luogo che mi ha accolto. Quando sono arrivato per la prima volta ho avuto subito accesso nelle cantine storiche. Parliamo di due ettari di tufo in pavimento e di più di tremila contenitori per rovere di diverse dimensioni. Geometrie incredibili e con archi, tutto in tufo. Si respira l’Ottocento. Probabilmente quella è stata la prima scintilla che poi ha creato il mio futuro, con il piacere di vivere al massimo la vita di questa azienda”.

Non solo direzione, anche comunicazione

“Il mio lavoro non si ferma soltanto al mondo produttivo. Da quasi due anni ho il piacere di dirigere anche il gruppo marketing e comunicazione dell’azienda. Diventa un’occasione unica. Perché raccontare di vino non significa soltanto raccontare dell’agronomia, della filiera, delle persone e della passione che c’è dietro questo mondo. Ma c’è la possibilità di raccontare anche i territori”, sottolinea il direttore.

200 anni di storia e un documentario per raccontarli

Il Duca di Salaparuta, quest’anno, ha festeggiato 200 vendemmie. Florio, invece, è molto vicina al traguardo: questo è il suo 191esimo anno. Il documentario, realizzato in occasione dei 200 anni, è un chiaro esempio di come l’azienda si impegni a valorizzare il territorio e a proteggerne l’identità. Spiega Magnisi: “Abbiamo voluto raccontarci attraverso Bagheria, luogo in cui è nata l’azienda. Il tutto è stato affidato ad artisti contemporanei. Abbiamo concepito e affidato la realizzazione di un documentario che si intitola Teoria dei contrasti (la regia è di Carlo Loforti, n.d.r.). E che si occupa di un passato che va davvero ricordato. Emerge la forza di una tradizione artistica attraverso figure del passato e del presente (come Renato Guttuso, Mimmo Pintacuda, Ignazio Buttitta, Ferdinando Scianna e Giuseppe Tornatore, n.d.r.).

E ancora: “Bagheria è un centro abitato di circa 12.000 abitanti, una cittadina meravigliosa. Negli anni ’60 c’è stato il disastro della cementificazione. La corruzione ha portato alla distruzione dei parchi meravigliosi che circondavano le bellissime ville barocche presenti sul territorio. Il tutto per il vile denaro. Quindi, questo documentario vuole raccontare dei fiori che sono, ancora, incastonati in questa edilizia, in questa cementificazione. Questa bellezza, che ancora stordisce, vuole diventare il manifesto per raccontare cosa non va più fatto”.

“Fino a 23 anni il meraviglioso Stretto di Messina e poi Bagheria è diventata la mia seconda casa”

Magnisi ha trovato a Bagheria una seconda casa e aggiunge: “Un pezzo di Bagheria, un pezzo di Sicilia autentica, sta andando in giro per il mondo. Abbiamo utilizzato le bottiglie come veicoli culturali. Questo significa un po’ abbandonare i confini delle proprie cantine, sposare un territorio e amarlo, facendolo conoscere ovunque”.

E le sue radici? “Io ho vissuto a Messina sino ai 23 anni. Poi metà della mia vita l’ho trascorsa qui a Bagheria. Il mio cuore è diviso tra la mia infanzia, con il meraviglioso Stretto di Messina, e tutto quello che è avvenuto quando ho lasciato la mia città. Una metà del mio cuore appartiene a questo territorio. Indagare sulle origini di questa azienda mi ha dato la possibilità di non abitare soltanto un luogo ma di viverlo fino in fondo”.

Foto di Benedetto Tarantino

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