Aveva approvato una delibera con la sua Giunta con la quale si autorizzava l’ufficio tecnico a vendere un’area di proprietà del Comune. Assolto con formula ampia dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione
ROCCALUMERA – “E’ la fine di un percorso lungo, stancante e doloroso per me e per la mia famiglia. Sono, ovviamente, più che soddisfatto dell’esito del giudizio ma non intendo minimamente ripiegarmi sul passato ed additare eventuali colpevoli, per disattenzione o per cattiveria, della mia vicenda. Il mio sguardo è rivolto al futuro ed ho messo alle spalle ciò che è successo. Sento di ringraziare il mio legale, L’avvocato Emilia Cerchiaria, che mi ha difeso con grande perizia e capacità giuridica”.
Queste le sole parole dell’avvocato Gianni Miasi, ex sindaco di Roccalumera, assolto con formula ampia dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione all’udienza dell’8 ottobre scorso, da ogni accusa perché il fatto non costituisce reato.
Miasi, assieme ai componenti della sua Giunta, era stato tratto a giudizio, a seguito di denuncia anonima, per avere approvato una delibera con la quale si autorizzava l’ufficio tecnico comunale a vendere un’area di proprietà del Comune a dei cittadini che, dovendo perfezionare una pratica di sanatoria edilizia, ne avevano fatta richiesta.
Il pubblico ministero, a conclusione del giudizio di primo grado, nel presentare le proprie richieste aveva chiesto l’assoluzione dell’avv. Miasi e dei membri della Giunta con formula ampia.
Di diverso avviso era il Tribunale che, curiosamente, assolveva i componenti della giunta e condannava il sindaco a sei mesi di reclusione, nonostante l’oggetto del giudizio penale riguardasse un unico atto deliberativo, assunto all’unanimità, da tutti i componenti della Giunta municipale.
La Corte di Appello, alla quale si era rivolto l’ex Sindaco, aveva applicato la prescrizione dichiarando estinto il reato.
Non contento, l’avv. Miasi ha fatto ricorso per Cassazione e, come detto, il supremo organo ha annullato la sentenza di primo e secondo grado dichiarando che il fatto non costituisce reato.
Tra l’avvio dell’indagine e la conclusione del processo sono trascorsi ben 11 anni durante i quali si sono interessati della questione, fra il Tribunale, la Corte di Appello e la Cassazione, ben 14 giudici.