“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it.
Alla voce “diritto” lo Zingarelli recita: “complesso di norme legislative o consuetudinarie che disciplinano i rapporti sociali”. I diritti solitamente cambiano, in relazione al gruppo sociale ed al momento storico e culturale cui si fa riferimento. Vi sono diritti che, giudicati col filtro dei secoli trascorsi, conservano la loro ragionevolezza, altri sembrano bizzarri, altri sono addirittura crudeli.
Le matrone romane avevano il diritto di divorziare, tale diritto è stato in seguito negato per lungo tempo, per essere contemplato nuovamente solo di recente, dopo strenue e accanite lotte. Il diritto di ogni individuo di disporre della propria vita è considerato un diritto inalienabile dell’essere umano, sebbene esistano mille e mille forme di schiavitù che lo contraddicono. E’ riconosciuto ad ogni popolo il diritto all’autodeterminazione, eppure Mandela ha dovuto lottare per riaffermarlo per la propria gente. Gandhi ha fatto della disobbedienza civile non violenta il suo marchio di fabbrica.
Perché questa lunga premessa? Per ribadire che un diritto non è qualcosa che ci tocca “in automatico”, ma invece qualcosa per la quale possiamo e dobbiamo lottare, far valere la nostra volontà. Non solo sul piano politico, ma anche e soprattutto su quello sociale e personale. Per sfatare il luogo comune che pone alla base del vivere in comunità l’obbedienza ed il rispetto delle norme, sempre e comunque. E’ un atteggiamento passivo subire norme che ci danneggiano, è aggressivo combatterle prevaricando altri per il nostro interesse. E’ assertivo operare nel rispetto degli altri, affermando i nostri diritti ed impedendo, anche risolutamente, agli altri di calpestarli. Ciò vale nella pubblica piazza, ma vale ancora di più nel nostro luogo di lavoro, nella nostra famiglia, all’interno della nostra coppia: è nelle relazioni con i nostri genitori, col nostro partner, con i nostri figli che impariamo a non subire passivamente e a non prevaricare.
Un diritto è assertivo quando non è ottenuto sottoforma di concessione accettata passivamente. Il primo, fondamentale, diritto assertivo è quello di essere trattati con rispetto e dignità. Ma che vuol dire, davvero? Una persona ci tratta con rispetto e dignità se ci considera suoi pari, se ritiene i nostri bisogni degni tanto quanto i suoi. Se tiene in conto e non svaluta il nostro punto di vista, sebbene sia diverso dal suo. Se dovendoci rivolgere delle critiche, le formula in maniera che siano utili a noi per migliorare e le indirizza al frutto del nostro operare e non a noi come persona. Se accetta con serenità i “no” che provengono da noi e formula i suoi “no” senza che questi mettano in dubbio il nostro valore personale.
Soprattutto, una persona ci tratta con rispetto e dignità se noi per primi ci poniamo come meritevoli di essi.
Trattare con rispetto e dignità non è elargire compassione o regali o concessioni, questo è il motivo per cui le varie giornate di “sensibilizzazione” offendono proprio le categorie che vorrebbero tutelare: le trattano da inferiori. Un uomo che protegge la sua donna dal mondo perché lei da sola non è in grado, facendola badare “solo” alla casa ed alla famiglia, la tratta da inferiore, non con rispetto e dignità.
Trattare con rispetto è, ad esempio, affermare la propria opinione, quando diversa da quella dell’altro, discutendo ed accettando le divergenze senza che queste intacchino in alcun modo il valore personale di nessuno dei due interlocutori. Ricordiamocelo nelle inevitabili discussioni con nostro figlio adolescente.
Trattare se stessi con rispetto e dignità è ritenersi degni tanto quanto l’altra persona, tenere presenti i propri valori ed obiettivi e non anteporre al proprio l’altrui benessere, se questo nel lungo termine danneggia. Teniamolo a mente per non sentirci in colpa quando rinunciamo alla domenica al pranzo dalla suocera per fare quella gita fuori porta che tanto ci rilassa. Trattarsi con rispetto e dignità significa darsi da sé la considerazione, l’attenzione e l’amore che vorremmo che gli altri ci dessero.
Se noi per primi ci trattiamo con rispetto, gli altri saranno maggiormente portati a farlo e, cosa più importante, noi avremo sviluppato quell’abito mentale che ci permetterà di sapere come comportarci con le persone e nei contesti che minacciano la nostra dignità.
“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.