Ieri sera la Corte d'Assise di Messina ha emesso la sentenza dell'operazione Vivaio e già in nottata i Carabinieri hanno eseguito i primi arresti. Due gli imputati finiti in manette a Mazzarrà S.Andrea e Barcellona, Il terzo provvedimento notificato in carcere A NIcola Aldo Munafò, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Antonino Rottino.
Nel giro di poche ore i Carabinieri hanno fatto scattare i primi arresti di alcuni imputati dell’operazione antimafia “Vivaio”. Alle 19,15 il presidente della Corte d’Assise di Messina, Salvatore Mastroeni, ha letto il dispositivo stilato in due giorni e mezzo di camera di consiglio. Poche ore dopo i Carabinieri della Sezione Anticrimine e della Compagnia di Barcellona hanno fatto scattare le manette ai polsi dei primi due imputati. L’arrestato è scattato per Sebastiano Giambò, 63 anni, di Mazzarrà Sant’Andrea, già Presidente del Consiglio di amministrazione della società “Tirreno Ambiente S.p.A.” che si occupa dello smaltimento dei rifiuti. Giambò è stato condannato a quattordici anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Manette anche per l’imprenditore barcellonese Michele Rotella, 71 anni al quale la Corte d’Assise ha inflitto 12 anni di reclusione sempre per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ordine di custodia cautelare è stato ,invece, notificato in carcere ad Aldo Nicola Munafò, 44 anni di Mazzarrà Sant’Andrea. Munafò, ristretto in carcere dall’agosto del 2006, è stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per diciotto mesi perché ritenuto responsabile dell’omicidio di Antonino Rottino, ucciso davanti alla sua abitazione di Barcellona nell’ambito della guerra esplosa all’interno della famiglia mafiosa locale per la gestione delle discariche. Munafò è accusato anche di associazione mafiosa, estorsione e detenzione e porto di armi.
L’operazione antimafia “Vivaio” era scattata all’alba del 10 aprile 2008 dopo mesi d’indagini condotte dai Carabinieri dal R.O.S. grazie anche ad intercettazioni telefoniche ed ambientali e riprese filmate. Gli investigatori avevano documentato le infiltrazioni di un gruppo criminale affiliato a Cosa Nostra di Barcellona negli appalti pubblici in provincia di Messina. Fra questi i lavori per la metanizzazione dei Nebrodi ed il raddoppio ferroviario della tratta Messina-Palermo. Del grande business mafioso facevano parte anche la gestione delle discariche di Tripi e Mazzarrà Sant’Andrea in cui venivano conferiti i rifiuti di molti comuni siciliani. A rappresentare la pubblica accusa nel processo in Corte d’Assise il sostituto procuratore della DDA Giuseppe Verzera ed il collega della Procura di Barcellona Francesco Massara.