"Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo". Maria Antonietta Ferraloro alla Feltrinelli

“Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo”. Maria Antonietta Ferraloro alla Feltrinelli

“Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo”. Maria Antonietta Ferraloro alla Feltrinelli

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venerdì 21 Novembre 2014 - 10:49

A ricostruire la permanenza (per tre mesi) dell’autore del Gattopardo, in un periodo particolarmente difficile, tra lo sbarco degli Alleati e le rappresaglie tedesche, è la studiosa siciliana Maria Antonietta Ferraloro, insegnante e Dottoressa di Ricerca in Storia della cultura (Università di Catania)

Sabato 22 novembre, alle 18.00, presso “La Feltrinelli Point” di Messina, i giornalisti Vincenzo Bonaventura e Marco Olivieri presentano il libro di Maria Antonietta Ferraloro “Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo” (Pacini Editore, 2014), alla presenza dell’autrice.

Il libro

È l’estate del 1943. In fuga da Palermo, mentre infuria la guerra, tra gli ultimi giorni di luglio e la prima decade di agosto, il principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la moglie, la psicoanalista Licy Wolff Stomersee, trovano riparo a Ficarra, sui Nebrodi, non molto lontano dalla villa dei Piccolo a Capo d’Orlando. A ricostruire la permanenza (per tre mesi) dell’autore del Gattopardo, in un periodo particolarmente difficile, tra lo sbarco degli Alleati e le rappresaglie tedesche, è la studiosa siciliana Maria Antonietta Ferraloro, insegnante e Dottoressa di Ricerca in Storia della cultura (Università di Catania). “Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo” (Pacini Editore) è un saggio dotato di rigore, capacità interpretativa, scrupolosità scientifica e passione nel ricostruire non solo la vicenda, passata inosservata, ma il mondo culturale ricco e complesso di uno scrittore atipico, che diverrà celebre dopo la sua morte. Scrive la studiosa: “L’idea di una ricognizione sui luoghi del Gattopardo ha in me radici profonde. Malgrado l’importanza, nel dibattito contemporaneo, del grande tema della spazialità questo lavoro su Giuseppe Tomasi di Lampedusa non nasce dal semplice bisogno di aderire a una linea di ricerca che ha ormai acquisito un credito crescente tra gli studiosi – anche se vi trae strumenti e spunti. Il perno invisibile sul quale ruotano le pagine di questi saggi è un altro. Trova il suo terreno più fertile in una motivazione decisamente intima, personale. Ho vissuto sino a vent’anni a Ficarra. Sono cresciuta ascoltando le favolose vicissitudini dei baroni Lucio, Casimiro e Agata Giovanna Piccolo di Calanovella. Gli aneddoti, anche feroci – penso a Giuseppe, il figlio perduto di Lucio, e alla sua esistenza segnata sin dal concepimento dal dolore –, che riguardavano le loro vite straordinarie e misteriose, consumate al riparo da sguardi indiscreti nella prigione dorata di villa Vina. Sono cresciuta, soprattutto, assieme alle storie che gli adulti di allora intrecciavano, come un “cunto” antico, sul soggiorno ficarrese di Lampedusa e sul suo celebre romanzo, nel quale si dicevano sicuri che fossero confluiti episodi e persone del paese”.
Con una scrittura efficace e coinvolgente al tempo stesso, l’autrice inserisce questa nota intima nel quadro di un’accurata operazione metodologica che prende spunto da Michail Bachtin, con il suo “Estetica e romanzo”. Ovvero, l’intuizione del cronotopo, una categoria che lo studioso russo ha introdotto in letteratura per indicare l’interdipendenza reciproca fra i vettori temporali e spaziali all’interno di un’opera. Un’intuizione che spiega l’analisi della scrittura di Tomasi di Lampedusa – oltre al Gattopardo, le Lezioni, i Racconti e gli epistolari – in rapporto ai luoghi e agli spazi vissuti e trasfigurati nell’opera letteraria.

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