Pirandello torna a Messina. Dopo il successo di Trovarsi, in scena nel maggiore teatro della città, l’agrigentino torna a “calcare le scene” messinesi nella Sala Laudamo dando l’avvio ad una stagione “d’autore”, di un “paradosso sull’autore” (e sugli autori) che porta la firma di Dario Tomasello.
A Colloquio con i personaggi pirandelliani de L’uomo dal fiore in bocca e di Sgombero, ma anche con Totò e Vicè di Franco Scaldati, sono Enzo Vetrano e Stefano Randisi (gli stessi protagonisti, lo ricordiamo semmai ve ne fosse bisogno, dell’ultimo successo del Vittorio Emanuele), drammaturghi e registi, affiancati sulla scena dalla bravissima Margherita Smedile, di Fantasmi accolto con grande successo di pubblico alla prima il 18 novembre scorso.
La percezione della straordinaria caratura dello spettacolo giunge immediatamente allo spettatore che trova in sala, ad attenderlo, i protagonisti pirandelliani in un incedere lento, guardingo, compunto, finché le luci, fioche, non si accendono su una scenografia scarna, essenziale, cupo presagio della morte, tematica portante del mosaico scrittorio.
L’ombra della madre morta appare, infatti, nella seconda parte della novella Colloquio coi personaggi, mostrando tutto il rimpianto dell’autore per non averne più il supporto amorevole; “la Morte e il Disonore entrano a braccetto” in Sgombero, novella che si apre con il cadavere di un vecchio sullo sfondo, al cui capezzale c’è la figlia, Lora, che urla il proprio disagio approfittando del fatto che il padre violento, adesso, non può più risponderle e non può riempirla di schiaffi come aveva fatto in vita; la morte è un fiore dolce che il protagonista pirandelliano porta in bocca e che lo conduce ad un dialogo, che presto diventa monologo, con l’avventore del caffè della stazione, a cui, rivelando il proprio “male segreto”, offre uno spaccato impareggiabile sulla caducità della vita; la morte, ancora, coglie i surreali clochard palermitani, usciti dal genio scrittorio di Scaldati: Totò e Vicè, i cui nomi, costantemente pronunciati dai due interlocutori, risuonano come una cantilena, sono protagonisti, prima, di un serrato botta e risposta, chiudono, poi, lo spettacolo giocando a buela tra le nuvole.
Tutte queste tematiche passano dalla pagina scritta alla tensione mimetica del copione teatrale che Vetrano e Randisi imbastiscono sapientemente e riproducono su uno scenario scarno, essenziale in cui il vuoto e il silenzio palesano il logorìo dei personaggi, il dolore che, nella sua acutezza, sembra rasentare il compiacimento, lo sfogo e la riflessione sull’esistenza all’affacciarsi, plumbeo, della morte.
Così il binario nudo della stazione in cui si consuma il dialogo dei personaggi pirandelliani, l’alberello di beckettiana memoria che fa da sfondo ai pittoreschi protagonisti della scrittura di Scaldati, la sedia che accoglie la dannazione di Lora, diventano non-luoghi; le pareti del palcoscenico si abbattono formando uno spazio unico che consente agli attori di mischiarsi con il pubblico in sala in un’atmosfera surreale, allucinata, metafisica in cui lo spettatore è risucchiato come in un vortice.
La rassegna “Paradosso sull’autore” propone alla città altri sette imperdibili appuntamenti: dal 13 al 15 gennaio 2012 andrà in scena Chiave di Pau Mirò; ancora a gennaio, dal 27 al 29, sono attese Le mille bolle blu di Salvatore Rizzo; Fausto Paravidino racconterà Il diario di Mariapia una commedia neoplastica dal 9 all’11 marzo; un suggestivo connubio di musica e spettacolo si preannuncia essere gli Italianesi di Saverio La Ruina in scena dal 16 al 18 marzo; il 13-14 e 15 aprile si segnala Il ritorno di Sergio Peirattini per la regia di Veronica Cruciani; concluderà la stagione della Sala Laudamo, in tre date dal 20 al 22 aprile, Acquasanta da La trilogia degli Occhiali dell’applauditissima Emma Dante.