Pezzi di storia dimenticati: tour tra il Civico Macello e Palazzo Scardino

Pezzi di storia dimenticati: tour tra il Civico Macello e Palazzo Scardino

Pezzi di storia dimenticati: tour tra il Civico Macello e Palazzo Scardino

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lunedì 15 Maggio 2017 - 09:39

In occasione dell'iniziativa Salvalarte Sicilia, Legambiente dei Peloritani ha promosso un trekking urbano tra le vie S. Cecilia e via Don Blasco per andare alla riscoperta di due edifici patrimonio storico della città ma lasciati in disuso e abbandonati. Ecco cosa raccontano

Organizzato da Legambiente dei Peloritani come Tappa messinese della Campagna SALVALARTE SICILIA 2017, si è svolto il TREKKING URBANO guidato dall’architetto Nino Principato con la partecipazione dell’architetto Carmelo Celona, dedicato a due beni storico architettonici ottocenteschi, il Civico Macello e il Palazzo Scardino, per il quale è in corso una petizione lanciata dall’Associazione Messina Bene Comune APS. Un centinaio i partecipanti, tra i quali una folta rappresentanza degli studenti e degli insegnanti dell’Istituto di Istruzione Superiore Antonello, una scuola vocata alla formazione per il turismo, alla cui base sta proprio la fruizione dei Beni Culturali.

Scendendo dalla via S. Cecilia si incontra dapprima il complesso del Civico Macello attualmente in disuso che occupa circa 15.000 mq. Principato ne ha delineato la storia, ricordando che la Guida MESSINA E DINTORNI del 1902 lo definisce “grandioso” e ricorda che “fu costruito dall’Ing. Luigi Trombetta, ed inaugurato nel 1893. Il macello è provvisto di abbondante acqua potabile, di un macchinario a vapore, di un gabinetto con gli apparecchi scientifici per le analisi delle carni, di parecchie stalle capaci di 200 bovi, 200 maiali e 100 pecore, e finalmente di una rimessa per carri da trasporto e per animali da tiro. I locali sono capaci della macellazione di 300 animali bovini (a celle), di 400 suini e di 500 ovini.”

E’ rimasto indenne al terremoto del 1908 e ai bombardamenti del 1943, e soltanto di recente è entrato in disuso e messo in vendita. L’arch. Carmelo Celona con una equipe tecnica comunale ha redatto un progetto preliminare, che prevede la rigenerazione del complesso per la destinazione commerciale, mantenendo le architetture ottocentesche e includendole in una moderna struttura a piastra con funzione di parcheggio soprelevato e pannellatura fotovoltaica per la produzione di energia elettrica. Non si può fare a meno di deplorare l’attuale stato di abbandono, dopo tre aste andate deserte, in quanto un simile patrimonio che è anche un Bene storico e monumentale, classificato zona A1 del PRG, può essere rifunzionalizzato e recuperato attraendo anche finanziamenti europei, anche per destinazioni culturali. Purtroppo si evidenzia che a Messina manca in tal senso qualsiasi strategia.

Superato il Civico Macello si incrocia l’attuale via Don Blasco e si gira a destra, fino a raggiungere una palazzina privata a tre elevazioni che, malgrado il degrado e il rischio crollo di alcune parti, si presenta con una sua eleganza architettonica: si tratta del Palazzo Scardino edificato fra il 1860 e il 1868, pregevole esempio della corrente architettonica del Neoclassicismo messinese, che annovera fra i suoi più illustri esponenti l’architetto Carlo Falconieri, autore in Messina dell’omonima fontana in Largo Basicò e della splendida villa Landi al Boccetta, oltre allo scultore, architetto e scenografo Letterio Subba, e al pittore e scenografo Michele Panebianco.

Essi si fondavano, come sostiene l’arch. Principato, sulla cultura illuministica, sulla ricerca della verità assoluta con l’elaborazione di canoni proporzionali improntati su esempi classici. Così Palazzo Scardino, con la sua eleganza formale e le sue pregevoli decorazioni in pietra calcarea, testimonia di una stagione architettonica ed artistica che fu felice e prolifica per Messina, e merita certamente di essere salvato.

Il Palazzo prende il nome dall’Imprenditore Scardino che ne fu proprietario, e che era figlio di Carmelo Scardino (1864/1918) che ebbe una lunga e splendida carriera militare e fu pluridecorato. Il figlio aveva un’attività produttiva nel campo del confezionamento di carni congelate che si svolgeva nei pressi del Palazzo residenziale, e che si avvaleva della ferrovia il cui binario passava proprio davanti al Palazzo.

Tornando all’esame architettonico e stilistico, in particolare va messa in evidenza la fascia marcapiano con raffinate decorazioni spiraliformi di Palazzo Scardino, che appare molto simile ad analoga decorazione presente nella cosiddetta “Palazzina Grill”, realizzata tra Contesse e Minissale, di cui rimane una sorta di “dependance” isolata per accogliere riunioni conviviali, detta “Casa del The” o “Coffee House”. Federico Grill era un commerciante, banchiere e finanziere tedesco, giunto a Messina nel 1803, che fu anche figura di spicco nell’ambiente culturale, politico e sociale messinese. Probabilmente, spiega l’arch. Nino Principato, l’edificio di Contesse venne progettato proprio da Carlo Falconieri per tutta una serie di considerazioni, quali l’interesse di Federico Grill per la cultura teatrale; i rapporti di committenza con Giacomo Conti, allora impegnato nel costruendo Teatro S. Elisabetta per il quale realizzerà il “velarium”; il fatto che Federico e il nipote Paolo fossero tra i fondatori del Circolo della Borsa che aveva sede nel teatro; la presenza di maschere teatrali nelle specchiature sottostanti le finestre del primo ordine; gli interventi di un certo rilievo, di Carlo Falconieri, per i dettagli ornamentali del Teatro del quale, tra l’altro, aveva presentato un suo progetto scartato in favore di quello redatto dal napoletano Pietro Valente.

Sta di fatto che, mettendo a confronto Palazzo Scardino a Maregrosso, con la Casa del The a Contesse, si può osservare come entrambi i fabbricati sono di notevole qualità architettonica. Lo stato di Palazzo Scardino, che al momento, pur essendo in gran parte pericolante è abitato, fa temere per l’incolumità pubblica. Lungi dal comportare la demolizione, si suggerisce l’attivazione dell’art. 69 dell’Ordinamento Regionale degli Enti Locali (OREL), che consente al Sindaco di imporre ai proprietarie l’effettuazione di interventi per la messa in sicurezza, e, in mancanza, di provvedere d’autorità con addebito delle spese ai proprietari. Il fabbricato deve essere conservato, essendo inserito in zona A1 del PRG vigente. Nel frattempo è auspicabile che la Soprintendenza voglia completare l’istruttoria per l’apposizione del vincolo come Bene Architettonico e Monumentale, e che successivamente sia possibile restaurarlo quale nitido esempio dell’architettura neoclassicista messinese.

Durante l’iniziativa è stato anche chiarito dall’arch. Principato, che il Bene non ha nulla da temere dalla realizzazione del progetto di nuova sistemazione della via Don Blasco, infatti, contrariamente a quanto comunemente si crede, il tracciato della strada nella sua nuova configurazione passerà alle spalle del fabbricato e scenderà in sottopasso al di sotto della via S. Cecilia.

Un commento

  1. Carmelo Scardino 7 Luglio 2024 12:03

    Il palazzo Scardino di via Don Blasco a Messina fu di proprietà di un imprenditore figlio di Carmelo Scardino militare pluridecorato (morto nel 1918). Essendo io uno Scardino il cui nonno era il Gen. Carmelo Scardino morto nel 1918 a Cosenza dove dirigeva (a seguito di trasferimento per ferite riportate in guerra) il carcere militare vorrei avere maggiori notizie su questo imprenditore di carni. A meno che non ci sia amonimia s me risulta che mio nonno il Gen. Scardino Carmelo (figlio di Mariano Scardino e della marchesa Marianna di Giovanni) ebbe due figli di nome Mariano (avvocato) e Francesco ( farmacista). Vorrei avere dagli storici messinesi o da chi ha scritto l’articolo su TempoStretto maggiori informazioni soprattutto riguardo al figlio di Carmelo Scardino imprenditore di carni il nomr per primo.

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