Il patrimonio archivistico del paese è in serio pericolo. Documenti che vanno dal ‘500 agli anni ’60 del secolo scorso si stanno perdendo. Interrogazione del gruppo consiliare di minoranza
Lasciare che documenti che raccontano la storia, il passato e che costituiscono testimonianza del vissuto collettivo di una comunità fatta di volti, di nomi e vicende, vadano incontro ad un destino infausto, aggrediti dall’umidità e divorati dalle muffe, sarebbe davvero un’inaccettabile perdita di identità municipale che equivale a cancellare, di colpo, più di quattro secoli di storia. È ciò che sta succedendo a Raccuja, secondo quanto emerge dalle interrogazioni presentate dal gruppo consiliare di minoranza “Cambiare si può”. Il piccolo centro nebroideo è uno dei pochi paesi del comprensorio a conservare ancora un cospicuo archivio con oltre mille documenti di pregio e interesse storico che coprono un arco temporale che si estende dal 1557 fino al 1964.
Conservato male però, almeno stando alle segnalazioni che arrivano dalla compagine di opposizione in consiglio comunale. Si tratta di un patrimonio documentale ricchissimo che custodisce informazioni preziose non soltanto ai fini della ricostruzione delle vicende del paese, ma di tutta l’area nebroidea. Una miniera d’oro insomma per gli storici che lo hanno consultato: due nomi per tutti, il celebre abate Vito Amico, per la redazione del suo Dizionario Topografico della Sicilia annotato, riveduto e pubblicato da Gioacchino Di Marzo a Palermo nel 1855
e, in tempi più recenti, l’avvocato e storico Nunzio Astone che proprio molti di quei documenti ha pubblicato nel volume “Raccuja, documenti e immagini” (Eurografica, 1983).
La documentazione era stata minutamente catalogata secondo il protocollo previsto dal SIUSA – Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche, che si propone come punto di accesso primario per la consultazione e la ricerca del patrimonio archivistico non statale, pubblico e privato, conservato al di fuori degli Archivi di Stato e che ad ogni documento ha attribuito numero, categoria, classe ed anno. Dopo un sopralluogo effettuato nelle settimane scorse da alcuni consiglieri comunali è stato rilevato però un peggioramento complessivo delle condizioni del luogo di conservazione dell’archivio, danneggiato insieme al relativo contenuto da una infiltrazione d’acqua. Il caso ha inizio fin dal 2015, come dichiara Marcella Scalia: “Dalla nostra elezione in consiglio abbiamo chiesto di tutelare e rendere fruibile l’Archivio Storico Comunale senza però ricevere alcun riscontro positivo”. Risale infatti al 18 novembre 2015 il primo sopralluogo effettuato, dal quale era emerso il pessimo stato di conservazione dei fascicoli in ambiente umido e non idoneo. All’epoca la situazione, pur presentandosi a rischio, non era comunque considerata irrecuperabile. Segue, tre anni più tardi, il 21 novembre 2018, un’interrogazione con la quale si chiedeva quando sarebbe stato possibile accedere dell’archivio, controbattuta dalla nota n. 7475 con cui il Sindaco riferiva della collocazione dell’Archivio Storico a Palazzo Rabica e della sua fruibilità a chiunque ne avesse avuto interesse. Il nuovo sopralluogo del 4 giugno scorso è l’ultimo atto di questa vicenda di cui si è cercato di ricostruire le tappe fondamentali. Di certo vi è che non si può attendere ancora per disporre il recupero, il restauro e una idonea conservazione dei documenti, pena la distruzione irreversibile del patrimonio cartaceo stesso, già in parte compromesso.
La mole archivistica è assai ingente e fa riferimento al Comune, alle Congregazioni di carità, all’Ente comunale di assistenza e all’Ufficio di riconciliazione di Raccuja. Di notevole interesse sono ovviamente i documenti più antichi, che forniscono importanti notizie agli storici, tra cui la corrispondenza dell’amministrazione comunale dal 1716 al 1860. In tema di “Finanze” per esempio, ci sono documenti che coprono una cronologia che va dal 1647 al 1860 e che comprendono pagamenti alla Regia corte da parte dell’Università di Raccuja, dei salari dei giurati, del Procuratore dei poveri, di incaricati al censimento della popolazione, l’atto di giuramento del cassiere comunale, contabilità, riscossione dei gabelloti di una tassa sulla macellazione, contratti di censo annuo, tasse di buona tenenza e ricevute di pagamento. Ricca di documenti è anche la voce “Grazia, giustizia e culto”, che comprende atti relativi alle confraternite religiose (1557-1860), l’atto di acquisto della “Bolla della Crociata”, una relazione sui danni subiti dalle Chiese e dai Conventi di Raccuja tra cui la Chiesa del Santissimo Salvatore e lo stato delle vendite della Chiesa Madre. C’è poi una denuncia al Capitano d’armi per una falsa vendita, un’altra al Capitano di giustizia, citazioni varie, atti di cessione, dichiarazioni di contumacia, la corrispondenza del Capitano di giustizia di Raccuja e tutti gli atti di locazione delle carceri dal 1567 al 1815. Tra i documenti che trattano di “Opere pie e beneficenza” e che hanno per estremi cronologici il 1665 e il 1960, troviamo il lascito di Don Artale Natoli al Monte frumentario per i poveri di Raccuja e i documenti dell’opera pia “Monte Branciforti” che è stata attiva dal 1912 al 1946. Interessante è poi la ricostruzione che emerge a proposito di “Sanità e igiene pubblica” dall’analisi degli atti dal 1847 al 1963 relativi al servizio sanitario, a proposito di epidemie e malattie contagiose e polizia mortuaria, urbana e rurale. Documenti dal 1885 al 1962 raccontano invece di agricoltura, caccia, foreste, anagrafe di bestiame, pesi e misure, artigianato, lavoro, commercio e previdenza sociale. Ci sono poi tutti i censimenti e le statistiche demografiche ininterrottamente per cento anni dal 1862, compresa anche la parentesi dell’emigrazione estera e coloniale (1920-1948). Infine, i documenti relativi alle sentenze e alle udienze del giudice Conciliatore di Raccuja che coprono un arco temporale che va dal 1879 al 1961.
Ma, a rigor di legge, come si dovrebbe operare per risolvere la situazione segnalata? Ebbene, da un punto di vista squisitamente giuridico, il quadro normativo sulla gestione dei beni d’archivio è cristallino. Basta infatti consultare il Codice dei beni Culturali e del paesaggio (D. Lgs. N. 42/2004) in cui sono contenute le principali norme relative agli archivi e che detta le regole in materia di conservazione, scarto e versamento negli archivi storici dei documenti della Pubblica amministrazione. De iure condito, ci dicono gli artt. 20, 21e 30 del Codice dei BB. CC., tutti gli enti pubblici dovrebbero provvedere alla conservazione nella loro organicità, all’ordine e all’inventario dei propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni e di non procedere a spostamenti, smembramenti e scarti di documenti senza il nulla osta del Soprintendente archivistico. Appare quindi davvero sorprendente che ad oggi l’Archivio Comunale di Raccuja versi nelle tristi condizioni che la documentazione fotografica prodotta dal gruppo di minoranza ha evidenziato. L’appello quindi, che si intende rivolgere alla amministrazione comunale è univoco e non può che essere condiviso da tutti: salvate l’archivio storico.
Vittorio Tumeo