Il Giudice, dopo l'interrogatorio di ieri, ha emesso un nuovo provvedimento che mantiene dietro le sbarre Cocivera e Luppino, il ginecologo e l'anestesista fermati dalla Polizia per gli aborti "clandestini".
Rimangono dietro le sbarre del carcere di Gazzi Giuseppe Luppino e Giovanni Cocivera, il primario di anestesia e il ginecologo del Piemonte Papardo fermati dalla Polizia tre giorni fa nell'inchiesta sugli aborti non autorizzati. Il giudice Maria Vermiglio ha sciolto stamattina la riserva. Il GIP non ha convalidato il fermo disposto dal PM Marco Accolla, ma ha emesso una nuova ordinanza di custodia cautelare.
Anche per lei i due medici devono rimanere in carcere. Il giudice ha sostanzialmente confermato le esigenze espresse dal sostituto procuratore, ossia la necessità di salvaguardare le indagini in corso, in particolare il fatto che proprio in questi giorni entra nel vivo la raccolta delle testimonianze, e la necessità che i due, in relazione alla posizione di prestigio che occupano, possano inquinare le prove. Il giudice non ha disposto anche la rsospensione dall'esercizio del pubblico ufficio o servizio per un anno, ma perché non la ritiente necessaria in considerazione della misura cautelare.
I difensori dei medici, gli avvocati Alberto Gullino, Chiara Sterrantino e Nicola Giacobbe, decideranno adesso come muoversi, nella speranza di ottenere una misura meno afflittiva per i loro assistiti. I due sono comparsi ieri davanti al Giudice per l'interrogatorio di garanzia, ma hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere.
Sono proprio le inchieste ancora aperte il nocciolo del braccio di ferro tra accusa e difesa, in questa vicenda. Ben due i filoni di accertamento in piedi, quello portato avanti dalla Polizia Stradale sugli incidenti stradali sospetti, e la complicità dei sanitari che forniscono le attestazioni dei danni fisici conseguenza dei sinistri, e quella della Squadra Mobile, più specifica, legata all'operato dei medici in servizio all'ormai ex Piemonte. Entrambe sono molto delicate, e gli inquirenti vogliono lavorarci nel più stretto riserbo, tutelando le vittime. In particolare quelle donne che in un momento così delicato come quello in cui si affronta una interruzione di gravidanza, sono state convinte ad eseguire l'intervento in cambio di denaro ma senza le garanzie igienico sanitarie necessarie.
Alessandra Serio