Vengono considerate dilettanti, niente maxi ingaggi o maxi sponsor. "Il calcio femminile è l'ultimo fortino", spiega Valeria Ancione giornalista e autrice del libro "Volevo essere Maradona"
Tutti pazzi per le Azzurre del calcio che in Francia, per i mondiali, stanno facendo sognare l’Italia. Oggi attraverso cronache e telecronache si scoprono storie, speranze, traguardi delle calciatrici, ma quando i riflettori sono spenti finisce anche la curiosità, il clamore. Nessuno di quanti oggi le applaudono sa che, ad esempio, a differenza dei colleghi uomini, sono considerate figlie di un dio minore, non hanno ingaggi da favola, non hanno previdenza, spesso devono allenarsi la sera e, quando pensano al futuro “a fine carriera” c’è un lavoro ad attenderle, non una pensione dorata. Molto spesso c’è chi fa la calciatrice e lavora. Nessuno di quanti oggi le applaude sa che la partita più dura l’hanno dovuta giocare contro pregiudizi e stereotipi e che, fino a 5 anni fa, c’è stato chi, ai vertici della Lega Nazionale Dilettanti ha detto “ma perché dobbiamo continuare a dare soldi a queste 4 lesbiche?”.
Tutti pazzi per le azzurre, come se fossero “nate ieri” e non avessero alle spalle storie di una doppia e tripla battaglia, nei campi di calcio, ma soprattutto fuori.
“L’Italia non è ancora pronta, certo i Mondiali stanno suscitando interesse, ci sono i video, le dirette, si sta scoprendo un mondo straordinario. Sono donne pazzesche, lavorano, studiano, si allenano. Devono lottare molto di più perché non hanno previdenza, non hanno gli ingaggi dei calciatori. Non tutte possono poi continuare nel mondo del calcio come hanno fatto le migliori, come Patrizia Panico o Carolina Morace. Sono tutte storie meravigliose ma temo che finiti i mondiali tutto finisca come una bolla. Invece, paradossalmente, secondo me, il calcio femminile potrebbe essere l’ultimo fortino. Qualcosa può iniziare a cambiare, io direi deve, perché è arrivato il momento di una svolta culturale”.
Valeria Ancione, da giornalista del Corriere dello Sport in queste settimane sta raccontando il Mondiale delle azzurre, ma ha iniziato ad occuparsi di calcio femminile quando la prima pagina per loro sarebbe stata impensabile e rara. Ma, in fondo, nell’immaginario collettivo, ancora oggi è così.
Ha scritto un libro “Volevo essere Maradona”, che è la storia di Patrizia Panìco, la calciatrice dei record e che sarà presentato giovedì 20 giugno alle 18.30 nel Salone delle Bandiere nel corso di un incontro promosso dalla Libreria Bonanzinga.
Numeri da favola, quelli di Patrizia Panìco, “figlia” di una borgata di Roma, costretta a “strappare” il pallone ai bambini per dimostrare che era meglio di Maradona. Se fosse stata un uomo, oggi ogni tifoso conoscerebbe a memoria i suoi numeri e li tramanderebbe di padre in figlio. “Bruscolo”, come la chiamavano ai suoi primi passi in squadra, ha numeri da record ed è diventata il simbolo del calcio femminile italiano che combatte contro avversari e pregiudizi, raccogliendo il testimone di Carolina Morace. Ha il record di capocannoniere della Serie A (Vinto 14 volte), quello delle presenze con la maglia della Nazionale (con cui ha disputato 204 gare segnando 110 gol). In carriera ha conquistato 10 scudetti, 5 Coppe Italia e 8 Supercoppe Italiane. Nel 2015 è entrata a far parte della “Hall of Fame del calcio italiano” e nel 2017 è stata la prima donna ad allenare una Nazionale maschile. Dal 2018 è alla guida tecnica della Nazionale Under 15. Vent’anni di carriera, iniziati contendendo il pallone ai maschi in una periferia, facendo il portiere e dimostrando che sì, era più brava di loro, ma non glielo avrebbero mai concesso.
La storia di Patrizia Panico è esemplare, ma Volevo essere Maradona non è un libro sul calcio, né un libro sulla storia di una donna che batte gli stereotipi, è un libro per i giovani, per chi ha un sogno e non lo lascia nel cassetto ma lotta anche cadendo, anche quando la lotta è sudore, sacrificio, sofferenza interiore, paura di non farcela. La storia di Patrizia è quella di una rivoluzione culturale che lei ha iniziato ma tocca a noi ed alle nostre figlie continuare.
“Il calcio femminile è diverso, è vero- continua Valeria Ancione– Molti che è meno spettacolare. Io penso che le regole del calcio sono uguali per tutti ma che siamo noi che dobbiamo cambiare mentalità. Il calcio maschile è saturo. Dopo Ronaldo puoi portare Messi, ma prima o poi arrivi ad un punto oltre il quale non si va. Io dico, guardiamo oltre, basterebbe investire sul calcio femminile. Già in queste settimane alcune delle calciatrici stanno diventando personaggi, come Sara Gama e testimonial ma bisogna intraprenderla questa strada, avere il coraggio di farlo questo cambiamento”.
Da giornalista la siciliana (nata a Palermo e laureatasi a Messina) Valeria Ancione si è avvicinata al mondo del calcio femminile nel 2012, per caso, attraverso la sua fisioterapista, ed ha scoperto storie straordinarie. Ha iniziato a proporle al Corriere dello Sport ed a raccontare un calcio fino ad allora meno conosciuto. Certo, queste storie straordinarie raramente finiscono in prima pagina, ma sono capitoli importanti di un libro che è ancora all’inizio.
“Ho iniziato a scrivere di calcio femminile nel periodo in cui qualcuno le definì quattro lesbiche e loro decisero di alzare la testa. Il loro calcio ha una potenza straordinaria, le loro lotte sono straordinarie. Hanno una forza immensa, si allenano alle 21, fanno sacrifici, devono lavorare, pensare al futuro anche dopo il calcio”.
Ha intervistato Patrizia ed è iniziato così un nuovo capitolo. Ed è stata la Panico a chiederle, dopo aver letto il suo primo libro “La dittatura dell’inverno” di scrivere la sua biografia, quella di “Pat”, figlia di borgata e grande calciatrice.
“Per Patrizia il sogno aveva la forma di un pallone. Non importa quale forma abbia il tuo sogno, l’importante è non arrendersi”.
Per questo alla prossima partita delle Azzurre proviamo ad immaginare quanta fatica, quante battaglie ci sono dietro quei sorrisi e quel calcio forse meno spettacolare, ma che non si arrende ad essere “figlio di un dio minore”.
Rosaria Brancato