Fatta l'Agenzia inizia adesso la parte più difficile: demolire non solo le baracche ma un sistema ed una "cultura" diventata quasi Dna. La nuova pagina di storia può essere scritta solo dall'intera comunità senza personalismi e gare a chi è il più bravo.
Un plauso al Consiglio Comunale: quell’unanimità riscontrata nella seduta di ieri e la presenza di tutti i consiglieri (l’unico assente era giustificato perché in viaggio di nozze) nonché il tenore degli interventi e la determinazione nel voler evitare lungaggini, segnano definitivamente la differenza con il precedente consesso e rappresentano l’inizio di un cambiamento di registro.
Aula e amministrazione hanno scritto insieme una pagina di storia per Messina.
Non era affatto scontato, soprattutto dopo le tensioni scaturite dalla seduta del 30 agosto. Non era affatto semplice, perché stiamo parlando di un Consiglio che le urne di giugno hanno consegnato come proveniente da coalizioni diverse.
Ma l’interesse della città e la voglia di scrivere insieme questa nuova pagina passa anche dalla trasversalità e dalle parole di orgoglio che il presidente Cardile ha pronunciato a fine seduta, quando, quasi all’una di notte, i 31 consiglieri erano ancora lì.
Fatta l’Agenzia però si deve fare tutto il resto. E’ adesso che viene la parte più difficile. La costituzione dell’Ente e le modifiche dello Statuto (avvenute grazie al contributo di tutti i gruppi consiliari), sono la parte più semplice del percorso.
Adesso il gioco si fa duro perché adesso sorgeranno le montagne e occorrerà demolire non solo le baracche ma la “cultura delle baracche” e soprattutto quel sistema clientelare sul quale si sono costruire carriere politiche e situazioni privilegiate.
Lo sa il sindaco De Luca che da stamattina è al lavoro per preparare l’ordinanza più delicata, quella sull’emergenza sanitaria e sui motivi di ordine pubblico, per la quale ha già avvisato il Prefetto (è proprio questo il nodo cruciale).
Lo sa il Consiglio, come emerso dagli interventi dei due “Russo”, Alessandro e Antonella, entrambi Pd, e di numerosi altri colleghi che hanno evidenziato il “terreno molle” nel quale si annidano le trappole.
Citiamo alcuni degli interventi, La Tona “questa delibera merita l’unanimità come la merita lo sforzo del sindaco”, Antonella Russo: “Io ci sono se i proclami diventeranno fatti e gli slogan mattoni. Oggi è una data storica”, Alessandro Russo: “Stiamo mettendo la pietra tombale ad un disegno politico, la legge del ’90, che ha costituito la peggiore forma di clientelismo. Un sistema che ha creato malaffare e fortune elettorale” Da ex presidente di quartiere in uno dei territori più interessati al risanamento Russo ha ricordato quante ingiustizie e stranezze questo sistema clientelare abbia generato sulla pelle delle famiglie, col silenzio di troppi: “Mi chiedo: perché all’Ars finora nessuno ha presentato questa nuova proposta? Perché quel sistema serviva……”
La domanda cruciale l’ha posta Alessandro Russo: perché finora all’Ars nessuno ha invertito la rotta, battuto i pugni sul tavolo? Perché, come ha ricordato il sindaco De Luca, il tesoretto della legge 10 del ’90 si è trasformato in bancomat per altri territori siciliani nel silenzio generale di chi doveva difendere Messina? Perché sono trascorsi 28 anni e soli 600 alloggi sono stati realizzati sugli oltre duemila nuclei familiari?
Ecco perché viene la parte più dura, perché non ci sono da demolire solo mattoni, per questi bastano le ruspe (e probabilmente un intervento massiccio delle forze dell’ordine). La parte più dura si è stratificata nel tempo. Fa parte del Dna di una città rimasta “baraccata” nell’animo.
Allora è giusto che Aula e amministrazione si trasformino in panzer per andare a Palermo a reclamare non tanto l’Agenzia quanto i soldi e la dichiarazione dello Stato d’emergenza, e poi a Roma (Salvini ha già detto che sarà il migliore alleato di Messina, dovrà essere consequenziale). E qui servirà TUTTA LA DEPUTAZIONE, regionale e nazionale, tutti gli alleati. E serviranno le altre istituzioni, dall’Icap all’Arpa, all’Asp, al Genio civile, solo per citarne alcuni. Qui serviranno anche i cittadini che dovranno fare la loro parte in termini di cambiamento di comportamenti.
Per demolire le baracche tre mesi possono bastare. Per demolire gli altri ostacoli ci vorrà uno sforzo sovraumano e compatto.
Per il resto Giunta e Consiglio potranno litigare su tutto, scontrarsi su qualsiasi delibera. Ma sul risanamento devono essere compatti quanto all’obiettivo senza personalismi e gare a chi è stato il primo a dirlo o il più bravo a scriverlo, perché altrimenti significherebbe continuare a fare politica sulle baracche.
Questo sforzo congiunto lo dobbiamo all’onorevole De Pasquale, messinese coraggioso che nel 1960 presentò un disegno di legge finito nelle secche (leggi qui). Lo dobbiamo a Rino Nicolosi ed a quanti, nel 1990 lo portarono al Tirone e lo sostennero nel percorso verso la legge 10. Lo dobbiamo a chi, nei primi anni ( e anche nei secondi) provò a realizzare qualcosa. Lo dobbiamo a chi si arrabbia ogni qualvolta Messina viene ricorda per le baracche del “terremoto” (che non ci sono più) e lo sbandiera davanti a tutte le telecamere del mondo. Lo dobbiamo a quelli che hanno atteso in regola e con umiltà in graduatoria per 50 anni, vedendosi scavalcare da chi le regole non le ha rispettate grazie a troppe complicità. Lo dobbiamo a chi è vissuto nelle baracche e nelle baracche è morto senza vedere altro destino.
Ma soprattutto lo dobbiamo ai nostri figli. Perché è a loro che abbiamo il dovere storico e morale di lasciare una città migliore, una città in cui vivere, una città della quale essere orgogliosi.
Scriviamola insieme questa pagina di storia. Se non ora, quando?
Rosaria Brancato
Allora… Penso che fin qui abbia dimostrato di avere gli attributi al posto giusto ed abbia fatto il SINDACO DEI MESSINESI. Un plauso va anche al Consiglio Comunale che ha capito l’importanza e la serietà della questione assolvendo al Suo ruolo di controllo e proposta e non di “chi c’è pi mmia”. Non penso che qualcuno sia così folle da preparargli delle “trappole”, stia attento, De Luca è uomo delle montagne messinesi dove la lotta è con la natura più impervia, noi cittadini siamo “urbani”.Ha sensibilità, cultura, capacità, forza… (Non sono innamorato di Lui) basta vederlo come cammina per leggergli i talenti e non fare i soliti babbi chi semu: ma chistu chi voli, ma cu ciù fa fari, ma chi iè babbu.Per cui, buongiorno Messina: It is New Deal
Non sono baracche e gente dai tempi del terremoto ma anzi alcune sono state demolite e ricostruite in tempi molto recenti e in zone molto centrali. La gente che ci abita tutto l’anno è molto di meno di quella censita. Non si può condonare tutto assegnando una bella casa di proprietà a spese della collettività ma dev’essere rigorosamente in affitto. Chi ha un lavoro dovrebbe affittarsi una casa a proprie spese. I controlli vanno fatti sul serio, non è possibile che su centinaia di nuclei familiari non ci siano quelli che non hanno diritto. Poi il risanamento va esteso a tutto il comune anche se si inizia dalle baracche, gli edifici vecchi vanno demoliti e quelli che possono essere messi in regola devono essere usati anche se economici.
La Brancato è sempre a fuoco: brava! Sul “precariato” lavorativo e/o abitativo i nostri politici hanno raccolto consensi elettorali. Cosa succederà quando chi vive nelle baracche avrà una sistemazione dignitosa? Oppure quando un precario avrà un posto stabile? Cosa prometteranno i politici di turno per raccogliere consensi? Credo, nel caso specifico, che difficoltà arriveranno anche da chi vive nelle baracche perché, come scrive giustamente la giornalista, va demolita prima di tutto la mentalità “baraccota”. Speriamo bene…