Il presidente del Consiglio regionale calabrese: «Necessario che l’Europa assicuri un equo ricollocamento degli arrivi»
Torna sul capitolo-migranti “a tamburo battente” il presidente del Consiglio regionale calabrese, Filippo Mancuso. E ci torna, soprattutto, “sulle ali della cronaca”, alla luce dei tre sbarchi verificatisi in meno di 24 ore fra Crotone e Reggio. Approdati «donne, uomini e minori stremati dal freddo e in condizioni psicofisiche drammatiche». Sbarchi che, argomenta Mancuso, «evidenziano l’acutizzarsi delle criticità delle politiche di contenimento degli arrivi».
Fin qui, Ue incoerente con gli impegni enunciati
«Le migliaia di persone, in fuga da carestie e guerre, arrivate nel corso del 2022 sulle nostre coste e le tante altre che verosimilmente arriveranno, segnalano un’emergenza umanitaria di grosse proporzioni, di cui non possono occuparsi soltanto Comuni, Prefetture, Croce Rossa, Protezione Civile, Capitaneria di Porto e associazioni – osserva tra l’altro il presidente del Consiglio regionale –. Siamo dinanzi ad una condizione di crescente disagio che, pur fronteggiata con spirito di solidarietà e alto senso del dovere dagli esponenti delle Istituzioni e delle associazioni che si occupano dell’accoglienza e a cui va un doveroso ringraziamento per l’impegno assiduo e prezioso che quotidianamente dispiegano, esige un’attenzione dell’Europa più concreta. Soprattutto, coerente con gli impegni enunciati ogniqualvolta la questione-migranti s’impone nel dibattito pubblico».
«Equo ricollocamento e argini alla ‘fuga’ dalle zone povere»
Invece gli arrivi che si susseguono «stanno caricando sui Comuni e sui soggetti preposti ad occuparsene un onere pesante che da soli, per le tante problematiche che un fenomeno così complesso presenta, non possono reggere – prosegue l’esponente catanzarese del Carroccio –. È necessario che l’Europa si adoperi per assicurare un equo ricollocamento degli arrivi e si doti di una strategia di contenimento della fuga dalle aree svantaggiate. E che, al contempo, si garantisca un controllo capillare di chi giunge in Italia e finisce in centri d’accoglienza che, oggettivamente, stentano a garantire i diritti primari».