Durante l’assemblea dell’Unione delle Province Italiane redatto un duro documento contro la manovra finanziaria. Dibattito a palazzo dei Leoni, sottolineata la differenza di spesa con gli altri enti
Berlusconi ne ha aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale: l’abolizione delle Province. Dopo mesi di silenzio è la recente manovra finanziaria “salva crisi” a contemplare il taglio degli storici enti intermedi. Una provvedimento che potrebbe generare una vera e propria rivoluzione in Italia. Circostanza che ha portato l’Unione delle Province Italiane, nel corso dell’assemblea generala di Roma dello scorso 15 settembre, ad approvare un ordine del giorno e un documento in risposta al percorso di riforma costituzionale avviato dal governo.
Diversi i punti contestati. «Questa scelta – si legge nell’atto – corrisponde alla volontà di inseguire le derive demagogiche, ma non segue un coerente disegno di riforma delle istituzioni, legato alla storia del nostro Paese. Con la proposta di una modifica del titolo V, parte II, che cancella la parola “Province” dalla Costituzione, il Governo si contrappone alle scelte della maggioranza parlamentare, che solo il 5 luglio scorso, su questo tema, si era opposta palesemente alle proposte abolizioniste di alcune forze politiche e aveva manifestato un orientamento favorevole alla razionalizzazione (e non alla soppressione) delle Province». Secondo l’Upi questa scelta costituisce «un vulnus alla rappresentanza democratica dei territori». Allo stesso tempo, si stravolgerebbe l’equilibrio che nel 2001 si era raggiunto tra le Regioni e le Autonomie locali (documento concreto visualizzabile cliccando download).
Particolarmente carico sull’argomento il capogruppo dell’Mpa, Roberto Cerreti. «La manovra finanziaria è vistosamente carente di un concreto ed effettivo piano di rilancio dell’economia – ha dichiarato l’autonomista –. Le Province, accanto a Regioni e Comuni sono i principali soggetti protagonisti dei progetti e realizzazioni di infrastrutturazione dei territori. Le regole del patto di stabilità hanno però, in questi ultimi anni, ridotto fortemente questa precisa vocazione delle Province, di fatto comprimendo la possibilità di effettuare i pagamenti per le opere realizzate, limitando così l’afflusso di risorse certe verso le imprese e il tessuto imprenditoriale che opera per la Pubblica Amministrazione».
Dall’Upi a palazzo dei Leoni sono stati poi evidenziati i reali costi della politica amministrativa nelle province italiane, che a fronte di una spesa compressiva di 12 miliardi di euro l’anno per l’insieme dei servizi offerti dalle province e dal costo del suo personale, vede una spesa comprensiva per i suoi rappresentanti eletti di 110 milioni di euro, esattamente il 5% del compressivo costo della politica nei vari ambiti istituzionali comunali, provinciali, regionali e nazionali (vedi altro file in download).
Tra gli intervenuti in consiglio provinciale anche il capogruppo della GdL Pino Galluzzo, che ha riproposto l’intervento romano del senatore Domenico Nania, individuando nei 7.000 miliardi del costo dei vari consigli d’amministrazione di enti pubblici, parchi e consorzi, il vero spreco e sperpero di danaro pubblico. Il capogruppo del Pd, Pippo Rao, ha invece parlato di «provvedimento discutibile, che mina irrimediabilmente un’espressione democratica del volere popolare, al cospetto di una necessaria ed in vero più proficua eventuale rimodulazione delle province, con l’assimilazione di nuove funzioni e nuovo assetto politico ed amministrativo». I consiglieri Andaloro, Palermo e Summa hanno infine esplicitato la necessità di riavviare quei processi democratici di interlocuzione degli enti ai vari livelli, necessari a far uscire le province dall’imbarazzo di una posizione istituzionali non più facilmente comprensibile dai cittadini.
Infine il presidente della Provincia, Nanni Ricevuto, condividendo lo spirito degli interventi e dell’iniziativa, ha accolto la proposta avanzata dai consiglieri di rendersi promotore di iniziative territoriali atte a “raccontare la Provincia alla provincia”, ovvero veri e propri incontri sul territorio finalizzati ad illuminare i cittadini e gli amministratori locali rispetto al lavoro svolto dall’Ente negli ultimi tre anni ed al reale costo dei suoi amministratori. Ricevuto, raccolte le riflessioni dei diversi amministratori provinciali, si è dichiarato pronto a farsi promotore presso la presidenza nazionale dell’Upi della condivisione dell’ordine del giorno proposto nell’assemblea romana.
Sono convinto che L’ Ente Provincia è il perno principale per diversi progetti e realizzazioni … si si sono proprio convinto …
Due conti:
Ci sono 100/110 province in Italia. Quella di Messina è una delle più grandi e forse ha + spese (110 milioni di euro). Consideriamo una spesa media per difetto di 100 MLN a provincia:
100 provincex100MLN= 10000Milioni di euro Intanto sono (10miliardi di euro) di risparmio da reinvestire per il Paese a fronte di soldi buttati inutilmente per riempire le tasche di politicanti che giocano e non producono niente per la popolazione. Questo pensa la gente,
Smentire con dati certi e documentabili alla mano please!
Premesso e sottolineato che le Provincie come sono strutturate oggi sono soltanto un pozzo in cui buttare i soldi inutilmente, è altrettanto ovvio però che abolendole non ci sarebbero tutti sti risparmi (10 miliardi di euro!) in quanto i costi maggiori sono dovuti al personale che vi lavora (nel bene o nel male…), si potrebbe cominciare però dallo sperpero per inutili commissioni e relativi gettoni di presenza, e dagli “esperti” a titolo oneroso a vario titolo.