In seguito al coinvolgimento nelle ricerche dei resti mortali di Antonello da Messina nel Monastero di Santa Maria del Gesù, di Silvano Vinceti, diversi docenti dell’Università di Messina hanno scritto un documento nel quale lo si accusava di poca credibilità. Dopo una lettera di Giuseppe Previti, ex Presidente del Consiglio Comunale, e la replica dello stesso Silvano Vinceti, ora l’analisi di Nino Principato
Continua la diatriba culturale sul recupero dei resti mortali di Antonello da Messina, che ha come fulcro il Monastero di Santa Maria del Gesù a Ritiro, per la riqualificazione del quale diverse associazioni – tra cui la cooperativa Trapper – e molti volontari si battono da un paio d’anni. Proprio lì, secondo alcuni, sarebbe stato sepolto il grande pittore messinese. In seguito al coinvolgimento nelle ricerche di Silvano Vinceti, del Comitato Nazionale per la salvaguarda dei beni storici e ambientali, diversi docenti dell’Università di Messina hanno scritto un documento nel quale lo si accusava di poca credibilità. Dopo una lettera di Giuseppe Previti, ex Presidente del Consiglio Comunale, e la replica dello stesso Silvano Vinceti, riportiamo di seguito il commento dell’Architetto Nino Principato sulla vicenda:
“Sono un convinto sostenitore (sin dal 1989, insieme al compianto , prof. Fortunato Pergolizzi) che il luogo scelto da Antonello per la sua sepoltura sia stato il convento dei Minori Osservanti di S. Maria di Gesù Superiore a Ritiro, dove insistono i ruderi ottocenteschi del complesso religioso, desidererei esprimere la mia opinione in proposito. Sono alcune, brevi considerazioni, rimandando ogni approfondimento alla lettura del mio corposo saggio “Il mistero della sepoltura di Antonello” pubblicato nel volume “Antonello a Messina” a cura di Giovanni Molonia (2006) e consultabile anche nel sito web messinaierieoggi.it.
Intanto è proprio giusto che nessuna delle fonti messinesi (dal Maurolico al Buonfiglio; dal Samperi al d’Ambrosio; dal Susinno al Gallo; dal Grano al Grosso Cacopardo e così via) ricordi una “tomba di Antonello” a Messina e così doveva essere perché tutti gli storici locali, indistintamente, erano convinti in seguito a quanto affermato da Giorgio Vasari nelle “Vite” (1550), che l’artista messinese fosse stato sepolto a Venezia. Oltretutto, e non è cosa da poco, per volontà testamentaria il pittore volle essere inumato con l’abito di Minore Osservante e, quindi, nella fossa comune e in rigoroso anonimato. Di conseguenza non una targa epigrafica, non un monumento funerario avrebbe segnalato la presenza dei suoi resti mortali, da ciò la spiegabilissima “ignoranza” delle fonti messinesi. Che si protrasse fino al 7 marzo 1903, quando lo storico Gaetano La Corte Cailler rinvenne il testamento dettato il 14 febbraio 1479 al notaio Antonio Mangianti. Testamento che, morto Antonello, si apriva nel convento del Carmine l’11 maggio dello stesso anno ad istanza del figlio Jacobello ed alla presenza di testimoni.
Vero è che ai tempi di Antonello esistevano due conventi denominati “S. Maria di Gesù”, uno “Inferiore” (dove oggi insiste la scuola “L. Boer”) e uno “Superiore”, quello di Ritiro e che Antonello, nel testamento, omise di precisare in quale dei due disponesse di essere sepolto. Ma è anche vero che negli atti notarili dell’epoca (fra i tanti, 7 dicembre 1462, notaio Leonardo Camarda; 21 ottobre 1491, notaio Matteo Pagliarino; 20 agosto 1499, notaio Antonio Mangianti; 19 luglio 1498, notaio Nicola Ismiridi) quando ci si riferiva al convento “de suso”, si ometteva l’attributo di “Superiore” perché non c’é n’era bisogno, dal momento che quest’ultimo era di ben più remota fondazione: esisteva già nel 1166 quale cenobio carmelitano e nel 1425 venne ristrutturato ad opera del beato Matteo Gallo vescovo di Agrigento e compagno di San Bernardino da Siena, per divenire sede dei Minori Osservanti (lo stesso Ordine cui apparteneva, da terziario, Antonello). Semmai era necessario precisare l’attributo, per evitare confusione, solo quando si trattava del convento “de iusu”, cioè “Inferiore”, perché moderno e di recente costruzione, quello che infatti fa Giovanna Cuminella, vedova del pittore, nel suo testamento del 7 dicembre 1481: “[…] ecclesia inferiori sancte Marie de Ihesu in monumento ubi sepultus est eius filius”. Dal testo di questo testamento si evince che la sua sepoltura, in un monumento funerario insieme al figlioletto concepito col notaio Nicola Isaia e morto prematuramente, non aveva niente a che vedere col defunto marito Antonello il cui corpo invece riposava anonimamente, insieme agli altri monaci, nella cripta di S. Maria di Gesù Superiore a Ritiro. Se Antonello fosse stato sepolto in S. Maria di Gesù Inferiore, certamente la vedova non avrebbe avuto motivo di non farne menzione. Lo stesso La Corte Cailler, nel 1903, scriveva: “Potrebbe nascere il dubbio se il convento, o meglio la chiesa di S. Maria di Gesù additata a sua ultima dimora, sia stata quella di S. Maria di Gesù Superiore, altrimenti “Ritiro”, o quella di S. Maria di Gesù Inferiore, alle Fornaci, appartenenti entrambe, coi relativi vasti conventi, ai frati Minori Osservanti. Ma resta scartata quest’ultima ipotesi, poiché il convento alle Fornaci fu iniziato nel 1463 ed alla morte di Antonello non era forse ancora completato, mentre l’antico conservava, come conservò per tutto il secolo XVI, un’attrattiva pei fedeli, ed accolse i sepolcri di personaggi cospicui, come Galeotto Bardaxi, e poi Andreotta Staiti ed Antonio La Rocca”. E tutto ciò, gli storici di professione dovrebbero saperlo.
Il 17 maggio e il 19 novembre del 2013 il Consiglio Nazionale delle Ricerche, sede di Messina, eseguì due distinte campagne di indagini georadar allo scopo di rinvenire strutture sepolte al di sotto dei resti del complesso conventuale di S. Maria di Gesù Superiore a Ritiro (commessa 5908/13). Ebbene, si legge nella relazione di 18 pagine: “[…] sono stati individuati riflettori riconducibili a muri e solai […] appare netta la struttura voltata presente ad inizio sezione […]” e così via, per tutta l’area esplorata. Si tratta certamente del complesso religioso più antico sottostante agli attuali ruderi ottocenteschi, e già questa presenza giustifica ampiamente un finanziamento pubblico volto ad uno scavo archeologico più approfondito e alla successiva riqualificazione di tutto il sito”.