Galassia partecipate: crediti e debiti tra il Comune e le sue società figlie

Galassia partecipate: crediti e debiti tra il Comune e le sue società figlie

Francesca Stornante

Galassia partecipate: crediti e debiti tra il Comune e le sue società figlie

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sabato 02 Dicembre 2017 - 07:00

In quasi tutti i casi emerge un disallineamento tra i crediti e debiti certificati da un lato da Palazzo Zanca e dall’altro dalle varie società. Società che sono ancora tutte vive e vegete, nonostante i piani di razionalizzazione.

Cosa accade nel variegato mondo delle società partecipate del Comune? Quanti debiti e quanti crediti legano mamma Comune e figlie partecipate? In quanti casi queste somme non coincidono? Lo spiega la nota informativa che la giunta Accorinti ha siglato a correndo del bilancio consuntivo 2016, ancora non approvato dal consiglio comunale. Una nota che racchiude la verifica dei crediti e debiti reciproci tra l’Ente e le società partecipate che evidenzia le eventuali discordanze al 31 dicembre 2016. Una fotografia finanziaria dei rapporti tra l’universo delle società partecipate e Palazzo Zanca: dalle maggiori Atm, Messinambiente, Ato3, Amam, passando per Feluca, Stu Tirone, Innovabic, fino a quelle ormai defunte e inattive da anni come Sogepat, Polisportiva Città di Messina, Messinasviluppo. Spa, aziende speciali, un lungo elenco di realtà che gestiscono servizi importanti come acqua, rifiuti e trasporto pubblico.

In molti casi i disallineamenti sono lampanti e quasi scontati. In pratica le società sostengono determinate cifre, il Comune ne scrive altre. Partiamo dalle sorelle maggiori.

Amam: è stata verificata la non rispondenza tra i saldi dei crediti/debiti che risultano nel rendiconto della gestione del Comune e i corrispondenti saldi che risultano dalla contabilità aziendale della società. In pratica l’Amam dichiara un credito del Comune di 30 milioni, contro i 21 milioni individuati da Palazzo Zanca e un debito di 8 milioni contro lo 0,0 euro messo nero su bianco nel bilancio comunale.

Atm: anche in questo caso emerge in chiaro disallineamento su entrambe le voci. L’Atm dichiara di dover erogare al Comune 4,7 milioni, mentre il Comune non individua nessuna somma a suo favore. Sul fronte dei debiti invece il Comune conteggia 2,9 milioni, mentre l’Atm fa lievitare la cifra fino a 10,2 milioni. Disallineamento che però, dice la nota, è stato interamente appianato in virtù della transazione approvata dalla giunta Accorinti lo scorso 10 agosto e sottoscritta il 21 novembre.

Ato3: per la società che ormai da un mese ha passato testimone e lavoratori alla MessinaServizi Bene Comune, la partita dei crediti si chiude sullo 0 a 0, mentre sul fronte dei debiti l’Ato3 dichiara che il Comune deve alla società 16 milioni di euro, contro gli 800mila conteggiati da Palazzo Zanca. La nota informativa però spiega che questo disallineamento in realtà sarà appianato «in virtù della transazione approvata dal consiglio comunale lo scorso 3 ottobre, la cui sottoscrizione è subordinata all’omologazione del Piano concordatario di Messinambiente». Peccato però che quel 3 ottobre non fu votata quella transazione e che ancora adesso si attende anche quell’atto in chiave concordato fallimentare.

Messinambiente: può suonare strano, ma proprio in questo caso il disallineamento non fotografa cifre preoccupanti: Messinambiente reclama 57 mila euro di crediti del Comune, mentre per i debiti il Comune mette in tabella 5,2 milioni, mentre Messinambiente ne ha conteggiati 5,6. Ma anche in questo caso la situazione verrà appianata dall’eventuale omologazione del concordato.

Chiuso il cerchio sulle grandi partecipate del Comune, si apre la galassia delle partecipate minori. Quasi tutte dovevano sparire entro il 2016, così stabilivano i piani di razionalizzazione delle partecipate. Ma è evidente che gli obiettivi prefissati non sono stati rispettati. E così, ad oggi, non solo l’unica società ad essere davvero stata accantonata è la MessinaSviluppo. Le altre sono ancora tutte lì. Con i loro disallineamenti, le liquidazioni infinite, i tentativi di rilancio e l’oblio che è calato su qualcuna.

La prima che balza all’occhio è la famosa Feluca spa. Sistemati tutti i lavoratori all’Amam, l’amministrazione Accorinti aveva deciso che la liquidazione doveva essere chiusa entro il 31 dicembre 2015, ma la procedura è ancora aperta. Anzi, come scrive il liquidatore Domenico Santamaura, si procederà per chiedere l’autofallimento della società per «le violazioni sistematiche imputabili al Comune delle condizioni contrattuali stabilite dalla convenzione esistente dal 2001 al 2011». Per il liquidatore di Feluce tutte le responsabilità sono di Palazzo Zanca e nel modo in cui ha gestito la società che si occupava dei servizi informatici: «E’ sufficiente scorrere gli avvenimenti e le decisioni imposte dal socio Comune per comprendere la genesi del dissesto».

Per la società Tirone spa, ormai in balìa di decisioni che l’amministrazione evidentemente non si vuole assumere, senza bilancio e praticamente ferma, il voto in questa nota informativa è un N.C., non classificato. Non è stato possibile verificare la rispondenza tra i saldi dei crediti/debiti perché la società non ha consegnato gli atti contabili. Il 24 novembre il presidente del Cda del Tirone spa ha inviato un’attestazione da cui si evince che non ci sono crediti o debiti, ma il Comune non ha potuto riscontrarlo.

Niente debiti né crediti tra Comune e Innovabic, la società che l’amministrazione Accorinti ha deciso di rivitalizzare per affidarle attività di reperimento e gestione di risorse regionali, nazionali ed europee, nonché di progetti a valere su particolari forme di finanziamento.

Spunta anche la Nettuno spa, sempre sulla strada della liquidazione ma ancora viva e vegeta. La società però non ha inviato gli atti, quindi niente risultato. Si sa solo che la Nettuno al 31 dicembre 2016 ha fatto lievare i suoi debiti a 96 mila euro, pur non essendo più produttiva e operativa. Somme che, in quota parte, si dovrà sobbarcare anche il Comune. In una situazione analoga anche la Polisportiva Città di Messina che però sostiene di vantare un credito di oltre 100 mila euro, mentre Palazzo Zanca ne conteggia 20 mila per le spese di liquidazione. Risultato neutro infine per la SoGe.Pat, con la quale non ci sono né debiti, né crediti.

Francesca Stornante

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