Cervantes, soldato e letterato,dalla rocambolesca esistenza, connesso alla città di Messina per la sua partecipazione alla battaglia di Lepanto- sulla galea Marquesa, affiliata alla Lega Santa di PioV,al comando di Don Giovanni D’Austria, con partenza dalla città peloritana-e per il suo ricovero per le cure alle ferite riportate e il susseguente soggiorno, ha omaggiato il nostro territorio, traendo spunto per vari passi del Don Chisciotte, e di altre opere (Novelle), tutti in uno tragici, comici e romantici, in un gioco di specchi irto di contraddizioni, ove non sempre giustizia e libertà possono trionfare.
Soffermarsi su Cervantes letterato e, segnatamente, sul Suo piu celeberrimo protagonista, che lotta per la giustizia e ,valicando i confini tempo-spazio,si fa metafora dell’uomo che combatte e patisce nel gran teatro del Mondo,equivale ad argomentare sul Padre..essendosi,come da autorevoli fonti riconosciuto, come spezzata la linea di demarcazione fra autore e personaggio, entrambi pervasi dall’anelito alla fuga verso un mondo ideale ,come due facce della stessa medaglia….con lo scrittore alcalaino che si dissolve quasi nell’aura magica del Suo Chisciotte e con lui entra nel Mito.
Il cavaliere errante ha trovato nella nostra isola humus fertile e forme di ricezione svariate, e tante sono state le forme di tributo spontaneo all’opera….I siciliani, infatti, per il rapporto privilegiato dell’Autore con la Sicilia, e per il fil rouge che li riconnette alla Spagna, hanno rintracciato nel romanzo assonanze e rimandi alla nostra Terra,e così,anche l’opera teatrale in rappresentazione,ne esalta le connessioni,con il perfetto Sancio Panza,reincarnazione del personaggio di Giufà,che anela a divenire governatore di un’isola,per i legami mai dissolti con la terra di origine,e che ha una improbabile e macchiettistica consorte ..calabrese.
Il magnifico pazzo è epigono della caduta degli ideali cavallereschi e della tensione verso una loro trasposizione, anche nella realtà seicentesca, alla vita quotidiana…elemento che,come è evidente,non può che creare un corto circuito.
Altra cifra da sottolineare è infatti quella della cd lucida pazzia, quale unico possibile ausilio alla prosecuzione della vita, che ha assunto una dimensione che non è più quella ideale, e allora….il sogno può soccorrere… quello del protagonista tanto amato del Don Chisciotte, con il quale e grazie al quale si può dire abbia avuto inizio il Romanzo moderno cervantesiano,sullo stesso modellato.
Ulteriore tematica presente è stata, e giustamente,oltre la metafora del Viaggio, quella amorosa, intesa non con valenza concreta, posto che la tanto evocata Dulcinea del Toboso è simbolo trasognato, più che personaggio reale, incarna l’ideale femminile, essendo stato trasfigurato il reale, ove la Bella è una prostituta, vissuta quale gran dama, principessa, che risiede in un consono, mai identificato in concreto, Palazzo.
Non si possono che lodare le interpretazioni di Alessio Boni e Serra Yilmaz, nei rispettivi ruoli principali del Cavaliere Errante e del fido Scudiero,gia contadino, dotato di intelligenza pratica e figura quasi paterna nei confronti dell’improvvisato padrone…Bene anche Ronzinante, il mulo ritenuto un cavallo di razza,e, nella piece, personificato da Nicolò Diana.
E così… la regia a più mani,di Roberto Aldorasi,Alessio Boni e Marcello Prayer, è riuscita a portare in scena egregiamente un adattamento di Francesco Niccolini, interpretazione del romanzo picaresco per eccellenza,e ne ha saputo cogliere i tratti fondanti, soffermandosi in particolare sulla tendenza del suo Personaggio all’ Ideale, in generale vagheggiato, e alla volontà di raddrizzare i torti più segnatamente.
E anche le figure comprimarie,pur se vaghe,in quanto risultante di un delirio, sono risultate ben rese da Marcello Prayer,Francesco Meoni,Pietro Faiella,Liliana Massari e Elena Nico, in questa riscrittura solo liberamente ispirata al capolavoro iberico per eccellenza, e sapientemente drammatizzata dagli stessi Aldorasi,Boni, e Prayer,unitamente a Francesco Niccolini.
Di buona riuscita anche le scene di Massimo Troncanetti, essenziali e in definitiva riconducibili a esterni riprodotti attraverso uno sfondo dove si sono stagliate le due figure sulle rispettive cavalcature , e interni, rappresentati, ora dal letto ruvido, ove lo stanco cavaliere a più riprese deve curarsi, trovando posa dalle defatiganti traversie,con l’ausilio della folta corte dei miracoli, ora dalla contemporanea stanza d’ospedale,come, in apertura, a palcoscenico chiuso,ove hanno il loro incipit le immagini di sogno ad occhi aperti sulla vita di avventure agognata,differente da quella reale al suo epilogo, e,nel finale della rappresentazione, ove ritroviamo il Nostro mentre ancora lotta contro la Morte, pronta oramai a carpirlo. Con la chiusura del cerchio si comprende così che tutte le presunte avventure sono dunque state solo proiezione di un desiderio , ma il sogno può consentire di vivere meglio, fosse anche al termine di un’esistenza che si intuisce diversa da quella auspicata. Consoni anche i pittoreschi costumi,tutti ben rappresentativi dell’epoca in rievocazione.
Infine, il brillante utilizzo delle luci,di Davide Scognamiglio , come le musiche, assolutamente consone ,di Francesco Forni, hanno contribuito alla costruzione di una performance,di Produzione Nuovo Teatro, gradevole e verso la quale il pubblico presente ha reso palese la riconosciuta buona riuscita attraverso convinto e ripetuto plauso.
Replica oggi, nello spettacolo serale delle ore 21, c/o il Teatro cittadino.