La nave “Sea Eye 4” è approdata ieri con 476 persone al molo Norimberga. Tra loro un'ottantina di minori
MESSINA – Uno sbarco di migranti al molo Norimberga. Al riparo dal resto della città, la nave “Sea Eye 4” è approdata ieri a Messina. A bordo 476 persone. Una donna incinta e un’ottantina di minori. I 65 minori non accompagnati verrranno accolti nei Centri d’accoglienza straordinaria della provincia di Messina. Dopo molte ore dall’arrrivo, avvenuto intorno alle 13.30, in serata la nave era ancora ricolma di migranti mentre prefettura, polizia, Comune, mediatori culturali, interpreti e volontari svolgevano i consueti e differenti compiti. Dall’assistenza e il soccorso all’identificazione e allo smistamento. Non a caso, dato il numero elevato, le operazioni procedono pure oggi.
È un volontario che preferisce rimanere anonimo a sintetizzare la situazione: “Sono persone che fuggono da condizioni drammatiche. Molti scappano da guerre e da enormi difficoltà economiche. Donne vittime di violenza, famiglie e individui traumatizzati, spesso torturati in strutture raccapriccianti, dopo una decina di giorni in mare approdano qui nella speranza di un futuro migliore. Non dimentichiamolo. Purtroppo in tanti negano l’evidenza e li attaccano senza voler conoscere la realtà”.
In prevalenza i migranti provengono da Nigeria, Bangladesh ed Egitto
Ma dove provengono i migranti della nave “Sea Eye 4”? Sono in tanti a provenire dalla Nigeria, Paese africano affacciato sul Golfo di Guinea; dal Bangladesh, che si trova a est dell’India sul Golfo del Bengala; e dall’Egitto, che collega il Nordafrica con il Medio Oriente. Sono stati più di una settimana in mare fino all’attesa di un porto che li accogliesse. Solo i minori non accompagnati e i nuclei familiari dovrebbero rimanere in provincia di Messina.
Uomini (alcuni a piedi nudi) in fila, o seduti, ad attendere di essere identificati, quando già donne, bambini e persone in difficoltà erano state assistite. Questa è la scena che si presentava ieri attorno alle 19, tra tendoni, transenne, volontari e tanta polizia. La priorità, negli sbarchi, è assegnata a chi necessita di cure e di essere ricoverato in ospedale.
Ancora in nave spiccava un gruppo smisurato di uomini, uno accanto all’altro in ogni angolo, stipati fino all’inverosimile. Insieme, quasi immobili e in attesa, come in un quadro o in un fotogramma di un film, prima di avere il via libera per scendere dall’imbarcazione dell’Ong tedesca.
“Un calvario in mare e la necessità di vie di fuga sicure per i rifugiati”
Si leggeva ieri nella pagina Facebook della “Sea Eye 4”: “Dopo oltre una settimana, finalmente si vede la fine del calvario in mare. Finora, però, solo poche persone sono riuscite ad imbarcarsi. Nei 23 Paesi d’origine dei profughi, in parte, ci sono conflitti armati e guerre di lunga data. Ciò nononostante, al momento, esistono solo vie di fuga sicure per i profughi dall’Ucraina. Ora questa dovrebbe essere una questione di rotta per tutti. Chiediamo vie di fuga sicure per tutte le persone in cerca di protezione, indipendentemente dal colore della pelle o dall’origine”.
Istituzioni, polizia e organizzazioni sociali insieme per garantire la prima accoglienza
A gestire la situazione, tra una telefonata del ministero dell’Interno e una della prefetta Cosima Di Stani, è il vice capo gabinetto della prefettura Cosimo Gambadauro: “Eravamo ovviamente al corrente dell’arrivo e ci siamo preparati, seppure in tempi ristretti. Abbiamo attivato tutte le organizzazioni in un sistema che è rodato. Avevamo saputo il giorno prima che l’Ong aveva bisogno di un porto sicuro e nella tarda serata siamo venuti a conoscenza che si sarebbe trattato del porto di Messina”.
“Di conseguenza – continua il vice capo gabinetto della prefettura – abbiamo attivato gli attori istituzionali e sociali e le forze di polizia, ovvero le realtà deputate all’accoglienza. Sono stati predisposti tutti gli aspetti legati alla logistica e al rifocillamento dei migranti, che ricevono una prima assistenza sanitaria quando sbarcano. Poi si procede alle interviste perché alcuni hanno la possibilità di chiedere asilo; altri invece sono i cosiddetti migranti economici”.
“Controlli sanitari e attenzione agli abusi subiti”
“Successivamente – ricorda il dottor Gambadauro – i migranti vengono destinati negli hotspot e, nel caso di minori, nei Cas (Centri d’accoglienza straordinari, n.d.r.) a loro riservati. I 65/70 minori non accompagnati verranno accolti nella provincia di Messina. I minori arrivati qui con il loro nucleo familiare, invece, verranno trasferiti in strutture ad hoc. Quelli con meno di 14 anni saranno destinati a strutture predisposte dai Comuni, secondo un sistema d’accoglienza e integrazione. Al di sopra della soglia dei 14 anni, possono essere accolti pure nei centri individuati dalla prefettura, dato che spesso mancano i posti disponibili”.
“Per ognuno dei 476 migranti – racconta il rappresentante della prefettura – bisogna avviare un controllo sanitario, procedere a un’intervista e verificare le condizioni fisiche e psicologiche. Su questi aspetti psicologici ci hanno aiutato i volontari di Save the Children. A bordo dell’Ong c’erano dei sanitari. Ma è salito in nave anche un equipaggiamento dell’Usmaf (Uffici di sanità marittima, area e di frontiera, n.d.r.) di Messina per verificare le condizioni delle persone a bordo”.
Spiega il funzionario: “Successivamente il triage (sistema utilizzato per selezionare i soggetti che presentano condizioni più critiche, n.d.r.) è stato svolto dall’Asp. Il Comune di Messina e i volontari sono stati impegnati per offrire i pasti e l’acqua. Abbiamo fornito parecchie calzature e sandali perché tanti migranti erano a piedi scalzi. Questura e forze di polizia possono anche rendersi conto, attraverso le interviste, se ci sono soggetti che hanno subito abusi durante la traversata, ad esempio. O se manifestano altri problemi”.
I volontari della Croce Rossa: “Aiutare chi ha bisogno è il nostro dovere”
Quando li abbiamo raggiunti, gli operatori della Croce Rossa di Messina si stavano godendo un attimo di pausa, prima di riprendere la loro attività. Tutti gli aspetti legati alla logistica, come i gazebo e i punti di ristoro, sono stati da loro predisposti. “Noi ci impegniamo come volontari – spiega un componente della Croce Rossa, che preferisce svolgere la sua azione solidale nell’ombra – a dare aiuto a chi si trova in gravi difficoltà. In passato, nel periodo dell’emergenza Covid, ci siamo occupati pure dei trasporti”.
“Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a tanta sofferenza”
Chi parla ha svolto un’attività intensa per diversi mesi a Crotone, in un centro di sorveglianza sanitaria, dove gli sbarchi erano quotidiani. Una volta effettuato il tampone, i migranti dovevano fare la quarantena.
“Ci imbattiamo – tiene a evidenziare il volontario – in persone provate dal viaggio, spesso vittime di abusi, disperate e bisognose di ogni sostegno. Sarebbe importante che tutti lo capissero e guardassero con occhi diversi la condizione dei migranti che arrivano qui. Noi li guardiamo negli occhi e non possiamo rimanere indifferenti”.
Inutile commentare, è giusto e umano aiutare chi soffre ma mi chiedo: tutto questo che costo ha? Ci sono milioni di italiani che soffrono la povertà chi aiuta loro?