De Domenico resta deputato Ars, ma la "palla" passa alla Corte Costituzionale

De Domenico resta deputato Ars, ma la “palla” passa alla Corte Costituzionale

Rosaria Brancato

De Domenico resta deputato Ars, ma la “palla” passa alla Corte Costituzionale

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venerdì 12 Ottobre 2018 - 18:02

Rigettati i ricorsi su ineleggibilità e incompatibilità del direttore generale dell'Università. Il Tribunale ha invece accolto la questione di legittimità della norma siciliana ed ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale

Franco De Domenico, Pd resta deputato regionale ma la querelle sull’ineleggibilità dei direttori generali d’Ateneo originata da divergenze tra la legge regionale e la Costituzione è stata rimessa alla Corte Costituzionale che dovrà decidere sull’incostituzionalità della norma siciliana (che prevede l’eleggibilità per i DG degli Atenei).

E’ quanto ha deciso il Tribunale di Palermo (presidente Caterina Grimaldi di Terresena, giudice relatore Riccardo Trombetta) in merito ai ricorsi presentati da Giuseppe Pietro Catanese, Paola Iacopino Paola e Giuseppe Ruffino (che sono stati condannati a pagare le spese legali insieme a Giuseppe Laccoto, primo dei non eletti nella lista del Pd).

La questione affonda le radici nelle elezioni di novembre 2017, quando De Domenico (all’epoca direttore generale dell’Università di Messina) risultò primo dei votati e divenne deputato regionale. Soltanto successivamente all’elezione si mise in aspettativa. Immediate le indiscrezioni sul ricorso, da parte dei non eletti, basato sulla possibile ineleggibilità prima e incompatibilità poi di De Domenico. Secondo i ricorrenti si sarebbe dovuto dimettere dal ruolo di DG sei mesi prima delle elezioni. Su questo punto però la legge regionale diverge da quella nazionale ed infatti De Domenico, prima di candidarsi aveva chiesto un parere legale in tal senso.

Dopo l’elezione all’Ars si è messo in aspettativa e l’Ateneo ha bandito un concorso a tempo che ha suscitato anche qualche polemica, poiché è apparso come un modo per “conservare” il posto al deputato in attesa dell’esito del ricorso (leggi qui)

A meno di un anno dalle elezioni il Tribunale ha deciso, rigettando i ricorsi. De Domenico resta deputato perché eleggibile ma nel contempo viene sollevata la questione di legittimità costituzionale della norma e la causa finisce a Roma.

Il Tribunale, non definitivamente pronunziando:

Dichiara inammissibile la vocatio in lus dell'Ufficio centrale circoscrizionale di Messina, dell'Ufficio Centrale Regionale, dell'Assemblea regionale siciliana, della Presidenza della Regione siciliana, dell'Assessorato regionale alle autonomie, della Prefettura – Ufficio territoriale del governo di Messina, operata da Catanese Giuseppe Pietro. Iacopino Paola e Ruffino Giuseppe;

Rigetta la domanda di accertamento della causa di ineleggibilità di cui dell'art. 8 comma I lett. d) della legge regionale n. 29/1951, esperita da Catanese Giuseppe Pietro. Iacopino Paola e Ruffino Giuseppe nei confronti di De Domenico Francesco;

Rigetta la domanda di accertamento della causa di incompatibilità con il mandato parlamentare nei confronti di De Domenico Francesco”

Il giudice ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali

Nel contempo però c’è la questione della legittimità costituzionale della norma regionale che considera eleggibile il DG di un Ateneo che ottiene contributi e risorse dalla Regione a differenza di quanto prevede la normativa nazionale

Ritiene dunque questo collegio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29, in relazione agli articoli 3 c 51 della Costituzione, nella parte in cui annovera fra gli ineleggibili il Direttore generale d'ateneo quale dirigente di ente non territoriale che gode di contributi da parte della Regione Siciliana, o comunque il Direttore generale dell'Università degli studi di Messina per la particolare conformazione statutaria dei suoi poteri”.

Facendo quindi riferimento agli articoli 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge costituzionale n. 87/1953, dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Sarà quindi la Consulta a dirimere la questione ed a farlo in modo generale e definitivo. Nel frattempo De Domenico mantiene lo scranno all’Ars.

Rosaria Brancato

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