Un ricordo sentito e commosso del 7 marzo 1947, chi è intervenuto ha contribuito a ricostruire il contesto storico e politico della manifestazione
La manifestazione di domenica 7 marzo si è svolta come da programma alla Passeggiata a Mare con una sentita partecipazione dei presenti. L’incontro commemorativo della giornata del 7 marzo 1947 è visibile a questo link.
L’iniziativa si è svolta con l’auspicio che il ricordo dei tre manifestanti caduti sotto i colpi delle forze dell’ordine possa appartenere a tutti i messinesi e non solo a una parte politica. Così come, la speranza evocata dagli intervenuti è che il sacrificio dei tre manifestanti morti possa trasformarsi in mito identitario per i diritti dei lavoratori.
A ricordare gli eventi il professore Antonio Baglio e il dottorando di ricerca Salvatore Pantano dell’UniMe insieme al professore Giuseppe Ramires e al Segretario della Camera del Lavoro, Giuseppe Mastroeni i quali hanno arricchito l’incontro moderato dall’editore di Tempostretto Pippo Trimarchi.
In aggiunta a questi interventi già programmati è stato commovente ascoltare la voce delle figlie di Biagio Pellegrino, una delle tre vittime di quella infausta giornata di 74 anni fa. Lucido e appassionato è stato poi il ricordo di un testimone che partecipò a quella manifestazione, Pietro Greco, ai tempi dirigente sindacale e iscritto al Partito Comunista Italiano. Infine, presente tra il pubblico, ha preso la parola anche il segretario provinciale di Articolo 1, Domenico Siracusano. Quest’ultimo ha ribadito come ci sia bisogno oggi come allora di una sinistra popolare.
Tempostretto, che ha organizzato l’evento ringrazia per la loro disponibilità il Marina di Nettuno e il negozio Eureka di Bernard Buggé. L’evento si è svolto secondo le disposizioni e le norme sanitarie previste per la prevenzione del Covid-19.
Il contesto storico in cui si svolse la manifestazione del 7 marzo 1947
Il 7 marzo del 1947 Messina era una città distrutta da ricostruire. Inoltre si era da poco votato per la Repubblica ma nella città dello Stretto la Monarchia aveva ottenuto una maggioranza schiacciante di voti. A tutto ciò si aggiungeva una mentalità fascista che rimaneva e non si era certo cancellata da un giorno all’altro.
Il professore Baglio, docente di Storia Contemporanea all’UniMe, ricorda come le cause della protesta videro gli operai esasperati dagli edili che non volevano riconoscere un sacrosanto aumento di salario. Inoltre in quegli stessi giorni venne aggiunta una tassa sui beni di prima necessità. Quest’ultima ritirata la sera prima, il 6 marzo, ma questo non fermò la Camera del Lavoro che decise comunque di manifestare.
La mattina del 7 marzo del 1947 due cortei partirono da punti diversi della città per ricongiungersi a Piazza Cairoli e muovere poi verso la Prefettura. Si stimano 40mila persone presenti e tutta la città si fermava, non solo gli operai ma anche gli artigiani e le piccole imprese parteggiavano per la protesta con gli studenti che scappavano letteralmente dalle scuole con i presidi che barricavano i portoni.
Il Prefetto si diede malato e non incontrò la delegazione dei lavoratori. Il viceprefetto non era incaricato di chiudere alcun accordo e quanto successo, inteso come una precisa scelta politica, innervosì la manifestazione. Per disperdere i presenti fu ordinato di aprire il fuoco ma alcuni proiettili invece che in aria furono sparati ad altezza uomo.
Il processo ‘farsa’ celebrato anni dopo terminato senza nessun colpevole
Il 7 marzo 1947 morirono sul posto Biagio Pellegrino, manovale di 34 anni, e Giuseppe Maiorana, commerciante di calzature di 41 anni. Ferito gravemente l’operaio 19enne Giuseppe Lo Vecchio che spirò giorni dopo in ospedale. Ai funerali, ricorda Giuseppe Ramires – che da giornalista anni dopo seguì la vicenda – c’erano tra le 80mila e 100mila persone. Il Comune di Messina dichiarò tre giornate di lutto nazionale e i quotidiani locali diedero spazio alla notizia.
Non fu facile invece farsi ascoltare a livello nazionale. La morte di tre persone per mano delle forze armate dello Stato il 7 marzo del 1947 non era certo una notizia gradita. Grazie ad una interrogazione parlamentare, firmata dagli onorevoli Di Vittorio, Li Causi e Fiore, l’allora ministro dell’interno ordinò un’ispezione interna tra i Carabinieri.
Il processo, ha raccontato il dottorando Salvatore Pantano, che si svolse anni dopo, nel 1954-1955, ebbe delle forti ingerenze politiche. Al pm Scisca fu negato di accedere all’ispezione sopracitata che era avvenuta nei giorni successivi all’evento e quindi non era stata contaminata politicamente. Inoltre l’allora ministro della giustizia derubricò l’ipotesi di reato per i tre carabinieri rinviati a giudizio a omicidio colposo, quando diede l’autorizzazione a procedere .
Le sedute dibattimentali furono partecipate dalla cittadinanza, al punto che ci fu un condannato tra il pubblico che accusò un carabiniere di stare dichiarando il falso in aula. Fu l’unico condannato in quel processo, 9 mesi di reclusione, perché per quanto riguarda i 3 carabinieri rinviati a giudizio non si potè provare con certezza che i proiettili sparati furono quelli che colpirono i manifestanti. I giornali di area comunista parlarono di processo farsa scrissero che “i colpevoli l’avevano fatta franca” per i fatti del 7 marzo 1947.
I problemi di allora sono ancora gli stessi
Nel dibattito che è seguito alla parentesi storica hanno preso la parola Giovanni Mastroeni, Segretario della Camera del Lavoro CGIL di Messina; Domenico Siracusano, Segretario provinciale di Articolo 1, e Pietro Greco storico dirigente sindacale presente ai fatti del 7 marzo 1947.
A quei tempi c’era entusiasmo e necessità di lotta, si manifestava per avere il pane da mangiare. Le piazze erano trasversali, era forte il sentimento sociale. Non c’era la volontà da parte dei governanti, si preferiva reprimere le iniziative sindacali.
Il lavoro negli anni è sicuramente molto cambiato, ma i problemi restano gli stessi. Bisogna lottare oggi per i diritti di rider e operatori di call center, ad esempio. Avere una memoria storica riguardo a questi tragici eventi è importante per non dimenticare che ci si deve battere per i diritti di tutti i lavoratori.