Sicilia. L'operazione quota rosa nella giunta Musumeci indigna dall'inizio alla fine

Sicilia. L’operazione quota rosa nella giunta Musumeci indigna dall’inizio alla fine

Rosaria Brancato

Sicilia. L’operazione quota rosa nella giunta Musumeci indigna dall’inizio alla fine

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martedì 16 Febbraio 2021 - 09:06

Quanto sta accadendo per sostituire l'unica donna che era in giunta dovrebbe far arrossire di vergogna tutta la classe politica siciliana.

Da qualunque parte la si guardi la vicenda dell’operazione “quota rosa” nella giunta Musumeci, indigna. Non c’è aspetto della questione che non sia un fendente alle decennali battaglia per la presenza delle donne nelle giunte e nelle assemblee elettive.

Fuori l’UNICA DONNA

Intanto, indigna la premessa: dall’alba del 2021 la giunta Musumeci non ha una donna in squadra (e non ha neanche un messinese e questa è un’altra cosa che indigna). L’assessora Bernadette Grasso (quota Forza Italia) si è dimessa per far spazio ad un altro esponente azzurro. Già indigna il fatto che dal 2017 il governo Musumeci avesse solo una donna in giunta.

Miccichè: abbiamo già dato

Indigna che il coordinatore regionale di Forza Italia Gianfranco Miccichè tra gli assessori azzurri abbia deciso di sacrificare l’unica donna e fa proprio arrabbiare la frase da lui pronunciata quando è apparso evidente che la squadra era diventata tutta al maschile. “Noi di Forza Italia abbiamo già dato”. Per la classe politica siciliana quindi esprimere assessore in giunta è un fastidioso obbligo, quasi una cosa talmente pesante da fargli dire “abbiamo già dato”. Già dal 2017 ad oggi la giunta Musumeci era gravemente sbilanciata. Da un mese e mezzo poi è del tutto capovolta. Tutto questo a dispetto della bravura dimostrata da Bernardette Grasso o meno (val la pena ricordare che è sua la legge di riforma della burocrazia regionale ed una serie di interventi normativi su un apparato elefantiaco).

La quota rosa…..una sola

Ma non basta. Per metterci una pezza Musumeci annuncia di lì a poco, si era infatti a gennaio, che qualcuno degli alleati avrebbe sostituito un assessore con un’assessora. Quindi sempre UNA, neanche si profila l’ipotesi, nella Sicilia del 2021 di avere ADDIRITTURA DUE DONNE, o tre, o quattro….. (peccato mortale……). Nel mondo intero si va verso il 50%, in Sicilia è caccia all’unica donna. La patata bollente viene quindi gettata nell’agone della maggioranza che se la rimbalza di mano in mano. Miccichè con l’eleganza di un elefante ha dichiarato che lui si è già “SACRIFICATO” e non andrà oltre. Gli altri partiti fanno finta di non sentire.

La palla finisce all’Udc

Alla fine la palla arriva in casa Udc, che nel frattempo si è visto assottigliare le fila dai cambi di casacca ed è quindi in difetto di quotazione. L’assessore in quota Udc peraltro è “straniero”, dal momento che Alberto Pierobon con delega all’energia, è veneto. Nulla importa, come per la Grasso, che Pierobon stia lavorando bene in un settore delicato come quello dei rifiuti. Tant’è, la ruota della fortuna (anzi sfortuna secondo i parametri della nostra classe politica) si è fermata nella casella Udc.

L’assist a Genovese

Qui entra in ballo Genovese che dopo aver divorziato da Forza Italia ha costituito un gruppo (Ora Sicilia) e sta consolidando presenza e azioni in vista delle Regionali 2022. Un ingresso anche “free” in casa Udc consentirebbe di cogliere due piccioni con una fava e inserire in giunta l’agognata donna e per di più messinese. Musumeci e i suoi potrebbero fare un sospiro di sollievo fino alla fine avendo ottemperato ad un obbligo che evidentemente vedono come una mannaia. L’Udc temporeggia e si chiede perché debba sacrificare un assessore e per di più per dare in prestito la casella ad altri. In corner pare sia spuntata l’ipotesi Lagalla. Se l’assessore alla pubblica istruzione venisse inserito tra i sottosegretari del governo Draghi toglierebbe le castagne dal fuoco alla maggioranza. Ma ci sono troppi se nel mezzo e il tempo scorre.

Il Tar si pronuncia il 25

Se tutto questo non bastasse a far arrossire di vergogna persino me che scrivo questo articolo c’è infatti il fattore tempo. Il 25 febbraio infatti il Tar di Palermo con il 100% di probabilità accoglierà il ricorso presentato dal Pd per l’assenza di donne in giunta. Quindi c’è un pressing per avere una donna. “Suvvia, una qualsiasi, che importa, purchè sia donna”. E’ questa la filosofia spicciola alla quale siamo ridotti. Va da sé che a presentare ricorso al Tar è stato un Pd siciliano che per la legge del karma ha assistito alla ribellione nazionale delle donne di sinistra per l’assenza di ministre dem nel governo Draghi. In questo caso Zingaretti che si è visto superare a sinistra persino da Berlusconi (Carfagna e Gelmini). Roba che, per dirla alla Miccichè “noi abbiamo già dato”.

L’assessora-bandiera

Come finirà non è dato saperlo, sebbene ci sia il sospetto che la giunta Musumeci, alleati compresi, preferirebbe persino una mega sanzione pur di non spostare un equilibrio tutto al maschile. Più che un’assessora cercano una bandiera, da sventolare come vessillo di una pari opportunità che, messa in questo modo, è una vergogna. Se in queste ore sentite squillare il telefono e capite che chi vi cerca è un esponente della coalizione del governo Musumeci non rispondete. Non vi cercano perchè siete brave, capaci, competenti.

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Un commento

  1. Primo.
    Assessora è un termine che in italiano non esiste. Basta con le invenzioni e le forzature delle grammatica.
    Secondo.
    Se non vi é un’altra donna, evidentemente non ci sono donne capaci. Dove sta scritto che per forza ci debbano essere donne competenti e capaci?

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