Situazione debitoria insostenibile e assemblee prive del numero legale, queste le cause principali che dal 1 settembre potrebbero portare ad una mancata fornitura idrica per i comuni di Rometta, Spadafora, Venetico, Valdina e Torregrotta
I comuni di Rometta, Spadafora, Venetico, Valdina e Torregrotta rischieranno, dal 1 settembre, di rimanere senz'acqua.
A generare questa possibilità l'ormai insostenibile situazione debitoria dell'A.C.A.V.N. (Azienda Consortile Acquedotto Vena Niceto) -di cui fanno parte i cinque comuni- e l'impossibilità di programmare le attività del consorzio stesso, a causa delle numerose sedute del CdA andate deserte.
Secondo quanto riportato dal presidente del consiglio di amministrazione, Andrea Venuto, sono ben 12 le assemblee che hanno visto mancare il numero legale a causa dell'assenza dei sindaci di Venetico, Torregrotta e Valdina.
Unica eccezione registrata nel corso della seduta dello scorso luglio, quando si è provveduto ad eleggere il revisore dei conti alla presenza dei sindaci dei comuni di Rometta e Valdina e del vice sindaco di Torregrotta. Lo stesso neo eletto revisore, tuttavia, ha successivamente rinunciato alla propria carica rendendo necessaria una nuova elezione ad oggi non ancora avvenuta.
Una situazione particolarmente critica, dunque, che ha reso impossibile il rinnovo del CdA stesso, ormai decaduto in quanto privo delle quote rosa previste dalla legge, e l'approvazione di un consultivo che permettesse di far fronte ai debiti maturati.
"Ad oggi -ha spiegato Nicola Merlino, presidente pro tempore del consorzio- gli unici comuni ad aver pagato le proprie quote sono stati quelli di Rometta e Torregrotta, a cui di recente si è anche aggiunto il comune di Spadafora grazie all'attuazione di un piano di rientro. Ho provveduto a convocare per questa sera, alle 19.00, l'ennesima assemblea -ha concluso- ma qualora questa dovesse andare nuovamente deserta mi vedrò costretto a denunciare i fatti alle attività competenti, inclusa la procura della corte dei conti e la procura della repubblica".
Attualmente l'A.C.A.V.N. risulta debitoria nei confronti di Enel Salvaguardia, nell'ambito della fornitura elettrica necessaria al funzionamento degli impianti idrici, di circa 1.500.000,00 euro. Una somma particolarmente importante, inferiore tuttavia all'iniziale debito di circa 2.500.000,00 euro a cui si è riusciti in parte a far fronte.
"Eravamo riusciti ad accordare con Enel un piano di rientro che prevedeva lo stralcio di circa 800mila euro dal totale delle somme dovute -spiega il presidente del CdA Andrea Venuto– Ciononostante non ci è stato possibile rispettare i tempi di rientro previsti dall'accordo. A causa di ciò -prosegue- la fornitura è stata affidata da Enel Energia ad Enel Salvaguardia, con un conseguente aumento delle tariffe di circa il 30%".
Venuto ha poi concluso spiegando come, prima del passaggio ad Enel Salvaguardia, l'azienda consortile si sia rivolta al fornitore AXPO nel tentativo di maturare un congruo risparmio sui costi di fornitura elettrica. Un "matrimonio" durato poco più di un anno, a causa della non disponibilità di tutte le somme dovute.
Insomma, una vera e propria "vicenda all'italiana" che rischia di paralizzare ben cinque comuni. Questa sera si riuscirà a giungere, infine, ad una svolta? O, ancora una volta, verrà meno il numero legale?
Salvatore Di Trapani