L’economista Michele Limosani analizza la difficile situazione economica del sud Italia
Luca Cordero di Montezemolo, intervenuto nelle scorse settimane in un meeting di Italia Futura, Fondazione di cui è Presidente, ha dichiarato di “capire perfettamente la stanchezza del Nord di pagare fiumi di denaro per i forestali in Calabria, i rifiuti in Campania, la sanità in Sicilia ….. Non ne possono più i cittadini del nord -ha continuato- e non ne possono più la maggioranza dei cittadini del Sud”.
Nella stessa direzione le recenti dichiarazioni di Enrico Letta sull’efficacia delle politiche di sviluppo della Comunità Europea di incidere sulle cause del ritardo del Mezzogiorno e della Campania, Calabria e Sicilia in particolare. Interventi che si sono tradotti in prevalenza in un sostegno diretto o indiretto ai redditi delle regioni più arretrate senza però incidere su quelle variabili strutturali in grado di innescare la crescita economica.
In questo contesto è evidente che le pur legittime rivendicazioni da parte della classe politica delle regioni del Mezzogiorno di una re-distribuzione delle risorse finanziarie a livello nazionale e/o europeo per compensare i ritardi accumulati nel tempo, avranno concrete possibilità di essere accolte dal governo nazionale solo se accompagnate da una strategia e un progetto di sviluppo che nel medio-lungo periodo consenta alle regioni del Mezzogiorno di contribuire, al pari delle altre regioni, all’aumento della ricchezza del paese.
Il PO-FERS 2007-2013 rappresenta certamente una grande opportunità per avviare questo processo a patto che si cambi registro rispetto alla gestione precedente del POR 2000-2006. Ora, a parte i ritardi registrati nella gestione delle risorse europee, il cambio di passo non ha avuto ancora il tempo di manifestarsi. Solo a titolo esemplificativo può essere illuminante soffermarsi sulle modalità e i criteri di assegnazione delle risorse previste sull’asse VI del PO-FERS (le risorse destinate alle riqualificazione dei centri urbani). Esigue risorse finanziarie rispetto a quelle assegnate ad altri assi, nonostante l’importanza del tema; eccessivo centralismo con interventi rigidamente determinati dalla programmazione centrale e poca possibilità di scelta da parte delle comunità territoriali di veicolare le proprie istanze di sviluppo; scarsa coerenza nelle tipologia di spesa, dalla sanità, alla coesione sociale, al risparmio energetico per finire alle opere infrastrutturali; dispersione degli interventi sul territorio senza il riconoscimento esplicito di un filo conduttore.
Comprensibili le ragioni di chi sostiene che in una fase congiunturale negativa l’importante è comunque spendere. Ma la scommessa nel futuro, come la precedente esperienza ha ormai ampiamente dimostrato, non si gioca sulla quantità della spesa pubblica – politiche congiunturali di corto respiro – ma sulla qualità e coerenza di questa spesa ad una strategia di sviluppo. Su questi temi attendiamo di conoscere le reali intenzioni del governo regionale.
Michele Limosani