Il documento di Ivo Blandina in cui evidenzia alcuni passaggi fondamentali per il rilancio dell'intero sistema portuale provinciale
“Un quadro certo di competenze, di programmi e di regole per assicurare migliori condizioni alle imprese insediate ed a quelle che guardano con interesse alle potenzialità produttive dell’area-. Questo uno dei nodi fondamentali da sciogliere per il rilancio della Zona Falcata secondo Confindustria Messina, che in un documento di ampio respiro evidenzia alcuni passaggi fondamentali per il rilancio dell’intero sistema portuale provinciale. “Un sistema, sottolinea il presidente dell’Associazione Ivo Blandina, che è considerato a ragione come uno dei pilastri strategici sui quali fondare la politica di sviluppo economico della nostra area e per il quale è irrinunciabile, per una coerente politica di pianificazione e programmazione, attribuire specifiche competenze ad una “Authority- unica-. -Il sistema portuale della provincia è considerato a ragione come uno dei pilastri strategici sui quali fondare la politica di sviluppo economico della nostra area. Coerentemente Confindustria Messina ritiene che le iniziative avviate per la soppressione dell’Ente Porto siano il logico sviluppo del processo di riforma del settore portuale avviato negli anni Ottanta e definito con l’emanazione della legge 84 del 1994. L’istituzione delle Autorità Portuali ha decretato, nel resto del sistema portuale italiano, la fine di molti Enti, regionali e statali, che in materia avevano competenze apparentemente simili ma frazionate. Appariva infatti irrinunciabile, per una coerente politica di pianificazione e programmazione, attribuire specifiche competenze ad una “Authority- unica. Nel contesto attuale la Regione insiste nel mantenere un ente inutile e costoso la cui mission è messa in dubbio dalla insussistenza della ragione che determinò la sua istituzione. Infatti, la creazione di una zona franca, così come era stata immaginata 50 anni fa, è ormai inattuabile alla luce delle disposizioni doganali in vigore ormai dal 1993. In considerazione della progressiva eliminazione delle misure di protezione dei mercati nazionali e, conseguentemente, della diminuzione dei diritti doganali, appare sempre meno utile l’istituzione di una zona franca per attrarre flussi di traffico o per migliorare il posizionamento competitivo dell’impresa. Il tema sicuramente merita confronti e approfondimenti estesi per meglio comprenderne vantaggi e limiti. Certo è, comunque, che l’eventuale (re)istituzione del punto franco, con una localizzazione appropriata, potrà essere perseguita anche in assenza dell’ente regionale. Ed è indubbio che stia crescendo il livello di attenzione sull’attività dell’Autorità portuale affinché sia ampliato il disegno strategico dell’intera zona falcata: un luogo nel quale far coesistere attività industriali (cantieri), servizi, turismo e cultura. Una scelta attuata in diverse città portuali europee che hanno così affermato il loro rilancio socio-economico, la loro notorietà internazionale. Le amministrazioni pubbliche devono costruire un quadro certo di competenze, di programmi e di regole per assicurare migliori condizioni alle imprese insediate ed a quelle che guardano con interesse alle potenzialità produttive dell’area. Dobbiamo ricordare come, dopo anni di abbandono delle strutture del cantiere ex Smeb, si sia riusciti a far tornare in piena attività il bacino di carenaggio grazie al coraggio ed alla capacità del management della Palumbo. Questa esperienza è la dimostrazione che intorno a chi vuole fare impresa con professionalità e voglia di competere sul mercato, si possono attivare soggetti pubblici e privati (Confindustria ed il sindacato in particolare) per creare condizioni indispensabili per iniziative produttive di successo. Adesso bisogna tenere viva questa tensione positiva e proseguire nel lavoro di rimozione di tutti i freni al pieno sviluppo del sistema portuale, marittimo, industriale della provincia. In quest’ottica non è accettabile che la fenomenale crescita di una realtà ormai consolidata come l’Aicon possa essere messa in crisi dalla carenza di ormeggi nel porto di Milazzo. In attesa di soluzioni strutturali, connesse alla ormai improcrastinabile realizzazione di porti e approdi per il turismo e l’industria della nautica da diporto, bisogna trovare soluzioni immediate. Gli spazi disponibili devono essere oggetto di una diversa “interpretazione- delle priorità, con un metodo gestionale che tenga presenti le diverse esigenze di servizio e di sicurezza all’interno dei bacini portuali e con un occhio alla produttività delle strutture ed alle ricadute economiche e occupazionali complessive. La realizzazione del porto a Tremestieri, l’ampliamento del porto di Milazzo e la realizzazione del pontile industriale a Giammoro, il completamento delle opere di collegamento già progettate e finanziate devono essere la base di scelte coerenti di pianificazione e programmazione nell’ambito della redazione del Piano Regolatore Portuale. L’auspicio è che finalmente si possa concretamente avviare la fondamentale fase in cui le amministrazioni locali e le parti sociali, sostenute con forza e determinazione dalla deputazione regionale e nazionale, possano avanzare idee e progetti realizzabili e pertanto capaci di canalizzare sulla nostra provincia tutte le risorse nazionali e comunitarie disponibili-.