Fra’ Domenico Di Liberto, rettore del Santuario Nostra Signora di Lourdes, traccia un bilancio dell’anno della Chiesa, affronta questioni sociali e invita a non chiudersi ed a cercare sempre il dialogo all’interno della famiglia, nelle comunità e con le istituzioni. Obiettivo umanità più fraterna e più capace di condividere e accogliere. Ed usa uno slogan di mons. Bregantini
“Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. Sono le parole di papa Francesco nella sua “Evangelii Gaudium”, esortazione apostolica che invita la Chiesa ad andare incontro alla gente, per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo.
E’ un passo scelto da fra’ Domenico Di Liberto, rettore del Santuario Nostra Signora di Lourdes, che ci ha accompagnato per tracciare un bilancio dell’anno che si chiude e dare un messaggio di speranza per il nuovo che si apre.
“L’elezione di papa Francesco – ci dice – è stato un evento che ha segnato il cammino della Chiesa con i suoi gesti semplici. Anche la scelta del nome è un concreto segnale di rinnovamento. Ha saputo cogliere un’esigenza sentita, quella di dare una spinta a riprendere le strade dove vive l’umanità, sull’esempio di san Francesco”.
E’ sempre da un’altra frase di papa Francesco che parte una nuova riflessione su un tema molto caldo. “Anche Gesù fu profugo – ha detto il pontefice -. Accogliere i migranti è un dovere”. Fra’ Domenico è rettore del Santuario di Lourdes da soli quattro mesi, dopo essere stato per 8 anni a Palermo, e non conosce a fondo le dinamiche del territorio messinese. “Il principio dell’accoglienza – riprende – è sempre valido in qualunque contesto viviamo, anche in situazioni di crisi come la nostra. Poi bisogna valutare come accogliere, quali passi fare, quali strutture mettere a disposizione. Il rischio è che in momenti di crisi ci si chiuda nell’esclusiva ricerca dei propri bisogni. Aprirsi all’accoglienza, invece, arricchisce. Non si deve far sì che la crisi economica diventi anche crisi di valori”.
Qual è il ruolo della Chiesa in questo campo? “Penso che la Chiesa faccia molto – risponde – anche se dobbiamo fare sempre di più. Non conosco la realtà di Messina e non posso valutare come si muova la Chiesa locale anche se so che la Caritas fa tantissimo anche su quest’aspetto. Conosco ad esempio l’esperienza di Palermo. Se lì non ci fossero le comunità della missione Speranza e Carità di fratel Biagio Conte, sarebbe un vero problema sociale. Non è vero che la Chiesa non fa. Certo, si può fare di più. Anche perché non basta offrire solo le strutture, ma bisogna offrire anche accoglienza con le persone e i gesti concreti. Don Tonino Bello (vescovo di Molfetta fino al 1993, anno della sua morte, ndr) diceva che non basta offrire un piatto di minestra, ma bisogna anche dire buon appetito. Bisogna cioè creare delle relazioni. E qui c’è da migliorare sempre”.
Dai migranti ai fratelli più sfortunati di casa nostra. “Dare accoglienza ai migranti – afferma fra’ Domenico – non implica che bisogna occuparsi solo di loro. E’ un dovere perché parliamo di gente che viene da situazioni di naufragio, che spesso non conosce neppure la lingua italiana, e che si porta sulle spalle chissà quali esperienze inimmaginabili. Ma dobbiamo occuparci anche dei nostri conterranei. Se abbiamo delle difficoltà in un campo, queste non si colmano chiudendosi alle altre difficoltà, ma integrandole. Bisogna capire come interessarsi degli uni e degli altri. È un obbligo forte”.
Il 2013, oltreché per l’elezione di papa Francesco, è stato caratterizzato anche dalla beatificazione di don Pino Puglisi, primo martire della Chiesa ucciso dalla mafia, vent’anni fa. Un evento importante per tutti i siciliani, il riconoscimento dell’opera di un uomo simbolo a difesa dei giovani, anche a costo della propria vita. “E’ una figura – prosegue fra’ Domenico – che inserirei nel contesto di cui parla papa Francesco, quello di una Chiesa che esce per le strade. Il suo apostolato è sempre stato caratterizzato da questa capacità di relazione con la gente. Si è inserito nel territorio ed ha dato fastidio alla mafia che teneva ragazzi e bambini schiavi di questo grande potere. Il prete, uscito dalla sacrestia, era andato a scovare tutte le situazioni in cui la dignità dell’uomo veniva offesa. E’ così che va messo in pratica il vangelo. Gesù ne parla come di un seme che viene gettato nei vari contesti in cui l’uomo vive”.
Le varie situazioni di disagio sono spesso accomunate dalla mancanza del lavoro, che crea conseguenze negative in vari ambiti. Come affrontare questo problema? “E’ necessaria una sinergia tra lo Stato, chi offre il lavoro ed i lavoratori – questa l’opinione del rettore francescano -. C’è tanta gente che ne soffre e noi dobbiamo stare vicini a tali situazioni. Lo Stato deve fare la sua parte e favorire altre possibilità ma serve anche un po’ di impegno. La carenza di lavoro può anche diventare un’occasione per capire come creare nuovo lavoro. Quanta fatica si fa a mettersi insieme in cooperative o consorzi che poi a volte falliscono per mancanza di correttezza ed onestà? Questo richiama un po’ la coscienza di tutti. Don Tonino Bello, un grande vescovo sempre vicino alla gente, diceva che il problema non è quello di moltiplicare le ricchezze ma di condividerle. Non ci sono possibilità di condividere quello che c’è? Purtroppo spesso le risorse sono mal distribuite e molti, per egoismo, le vorrebbero solo per sé. C’è da fare tutti un passo indietro e unire le forze. Se io ho poco e tu hai poco ma li mettiamo insieme, non è più poco”.
E’ ciò che si tenta di fare alla chiesa di Lourdes. “Sono arrivato da qualche mese – spiega fra’ Domenico – e mi pare che il nostro santuario sia sulla buona strada, anche se non si finisce mai di migliorare. Ho trovato una struttura che si apre alla gente e che accoglie, tramite gruppi specifici come quello dei disabili o dei genitori dei figli in paradiso, ma anche in forma anonima con il centro d’ascolto. Mi piacerebbe che queste forze operanti all’interno potessero diventare un seme da far fruttare all’esterno nelle situazioni della vita, in famiglia e al lavoro”.
L’auspicio finale per il nuovo anno è invece dedicato ad una frase di mons. Giancarlo Bregantini, delegato della Conferenza Episcopale Italiana per le questioni sociali e il lavoro: “Un sogno grande si realizza attraverso piccoli segni”.
“Mi auguro – conclude fra’ Domenico – che in questo nuovo anno ognuno sappia mettere il suo piccolo segno per realizzare questo grande sogno che è un’umanità più fraterna, più capace di condividere e di accogliere. A chi vive momenti difficili, dico di non chiudersi, ma di continuare con convinzione a dialogare in famiglia, con altre realtà educative, con le istituzioni e nella comunità ecclesiale. Il dialogo è l’arma vincente per sbloccare tante difficoltà”.
(Marco Ipsale)