Per la ricerca delle cause un ruolo fondamentale è stato ricoperto dall’equipe di studiosi del Museo della Fauna dell’Università di Messina
MESSINA – Una drammatica escalation dai contorni ancora incerti. Il fenomeno degli spiaggiamenti dei capodogli conta ad oggi tre capodogli spiaggiati e due avvistamenti di carcasse in mare.
Per la ricerca delle cause l’equipe di studiosi del Museo della Fauna dell’Università di Messina ha avuto un ruolo fondamentale. La notizia è stata ripresa dai media di tutto il mondo, diffusa da Greenpeace e dal WWF.
Il gruppo di ricercatori composto da Filippo Spadola, Direttore del Museo, e da Mauro Cavallro, Conservatore della Sezione faune marine, che hanno coordinato il lavoro. Carmelo Isgrò, componente del CTS del Museo e gli studenti di veterinaria Jessica D’Amore, Marco Aiello, Marco Zangari ed Enrico Parenzo, hanno lavorato sul posto per raccogliere ed analizzare i reperti. Attività indispensabile sia per l’identificazione della causa di questo fenomeno che per la successiva musealizzazione degli scheletri degli esemplari spiaggiati.
I ritrovamenti
Il primo avvistamento da parte della rete di collaboratori del Museo della Fauna dell’Università di Messina è del 17 maggio sul litorale di Cefalù. Si trattava di un esemplare di circa 6 anni di età con una quantità notevole di plastica nello stomaco.
Il 21 maggio altri due casi: uno nel palermitano, dove un maschio di 8 metri e mezzo presentava oggetti di plastica nello stomaco. Un altro maschio di 5 metri e mezzo a Gioiosa Marea, con lo stomaco però vuoto.
Nei giorni successivi, infine, altri due avvistamenti di esemplari deceduti, il primo al largo di Favignana, il secondo al largo di Stromboli. In questo caso però non è stato possibile confermare definitivamente gli avvistamenti.
Alle operazioni sul campo, assieme ai tecnici del Museo della Fauna hanno collaborato gli enti locali, mettendo disposizione uomini e mezzi. In prima linea i veterinari dell’Istituto Zooprofilattico della Sicilia di Palermo e una equipe del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università degli Studi di Padova. Quest’ultima si è occupata di approfondire alcuni studi di carattere sanitario e genetico.
Nell’ultimo decennio, si contano 51 esemplari di capodogli spiaggiati. 17 di questi presentavano frammenti di plastica ingerita e in 2 casi reti da pesca attorcigliate sugli animali.