Dal Comitato Interregionale la linea è tracciata. Ore di attesa per l’Acr: si tenta la cessione in extremis del club, ma Martorano e soci si dicono pronti a garantire comunque l’iscrizione in quinta serie. I tifosi chiedono un cambio di rotta. Scalda i motori anche il Città di Messina: l’incartamento predisposto da Carabellò è pronto
Comunque vada sarà serie D per Messina. Ancora una volta la piazza giallorossa, calcisticamente parlando, dovrà accontentarsi di un campionato di quinta serie, nella speranza che stavolta si possa giocare liberi dalle questioni extrasportive pensando solo alla vittoria del torneo per puntare al ritorno tra i professionisti. L’attenzione dei tifosi organizzati, e forse anche della maggior parte dei “semplici” sostenitori giallorossi, resta principalmente puntata sulle sorti dell’Acr Messina.
Nonostante le promesse non mantenute, i rinvii degli appuntamenti fissati e gli spontanei dubbi sulla tenuta finanziaria, l’attuale proprietà rilancia sulla possibilità di poter garantire la disputa del prossimo campionato. Martorano e soci sarebbero pronti a vendere, anche gratuitamente, la maggioranza delle quote societarie, ma qualora non dovessero andare in porto le trattative intavolate più o meno in extremis, il gruppo reggino si è detto pronto a fare da sé. Tra oggi e domani sono in programma alcuni importanti incontri per provare a sbloccare la grave condizione di impasse in cui si è finiti. Il primo punto all’ordine del giorno resta il pagamento delle vertenze con i calciatori, passaggio propedeutico al rilascio delle liberatorie necessarie per avviare le pratiche di iscrizione. Per il resto, la lista di interminabili punti interrogativi pendenti amministrativamente e soprattutto finanziariamente sul club, non facilita il passaggio di proprietà, seppur in diversi hanno chiesto informazioni nelle ultime settimane (qualcuno avrebbe già fatto un passo indietro). Elencare le circostanze che potrebbero nuovamente portare gli imprenditori in corsa a non rischiare di tasca e faccia propria, servirebbe a poco, ma come detto può influire. Ma quello che in questo momento occorre è sottolineare è che serve gente appassionata, disposta ad investire e programmare: un altro campionato di transizione non sarebbe ben accolto. Entro il 12 luglio sapremo se la storia dell’Acr andrà avanti o si fermerà qui. Poche ore di attesa e già qualcosa dovrebbe comunque emergere.
Una cosa è certa: la città di Messina, Acr o meno, avrà il prossimo anno una squadra in serie D. L’indicazione, secca, proviene dal Comitato Interregionale e dagli appositi organi federali e di Lega a Roma. Scalda i motori il CdM che con Giovanni Carabellò nel ruolo di general manager (operativo ma non ancora ufficializzato), lavora sull’incartamento utile a richiedere l’iscrizione nella categoria superiore rispetto all’Eccellenza. Come scritto qualche giorno fa (vedi qui), molto sembra dipendere proprio dalle sorti dell’Acr. Ecco perché, anche la programmazione interna della società presieduta da Elio Conti Nibali, prosegue con il freno a mano tirato in attesa di capire cosa accadrà nel corso dei prossimi giorni. Intanto è stata di fatto ufficializzata l’uscita dalla Zancle (che detiene il 100% delle quote del Città di Messina) del gruppo degli “scontenti” rappresentato dai vari Niki Patti, Ricevuto, Arrigo, Morgante e Ruegg.
A proposito di ripescaggio, dopo aver sfiorato e pregustato il sapore dello storico traguardo della D, lavora sull’ammissione a tavolino anche il Due Torri. La squadra di Piraino valuterà entrò giovedì, termine ultimo per presentare la domanda, se restare in Eccellenza riprovandoci sul campo o imboccare l’altra via. (ER)
Ancora non volete vedere una realtà che anche un bambino capirebbe.
Il calcio a Messina è lo specchio di una città.
Città morta, calcio morto.
Quei poveri disperati malati di calcio cercano fuori città un aiuto.
Ma perchè uno di Reggio dovrebbe tirare fuori dal letame la squadra di una città di cui non gliene frega niente?
Per i soldi. Ed i soldi con il calcio non si fanno più da tempo.
Gli ultimi che hanno cercato di fare qualcosa in cambio del saccheggio di una città hanno dovuto mollare quando sono arrivati al fallimento.
Adesso passano il loro tempo tra tribunali e avvocati.
Basta con questa storia.
Il San Filippo (sempre sperando che non crolli) lo si aggiusti e lo si usi per ospitare i circhi, il mercato settimanale e, magari, per un parcheggio a raso.
Addio sogni di gloria.
Il Milanese