Non solo un fenomeno estetico sullo Stretto di Messina. Ma un indicatore prezioso della salute degli ecosistemi globali
Con l’arrivo della primavera, lo Stretto di Messina si trasforma in uno dei teatri naturali più affascinanti al mondo. Ogni anno, tra marzo e maggio, migliaia di uccelli migratori, in particolare rapaci, attraversano questo stretto braccio di mare che separa la Sicilia dalla Calabria, dando vita a un fenomeno straordinario conosciuto come la “grande migrazione di primavera”. Questo evento non è solo uno spettacolo per gli occhi di ornitologi, birdwatchers e appassionati della natura, ma riveste anche un’importanza ecologica e scientifica fondamentale. Per assistere alla migrazione di primavera vengono esperti e appassionati da tutta Europa.
Un viaggio epico
La migrazione primaverile sullo Stretto di Messina è il culmine di un viaggio epico per molte specie di uccelli. Dopo aver trascorso l’inverno nelle regioni subsahariane dell’Africa, questi volatili affrontano un percorso estenuante che li porta a sorvolare il vasto deserto del Sahara e il Mar Mediterraneo. Stremati, trovano nello Stretto un punto di passaggio obbligato e strategico per raggiungere le aree di nidificazione in Europa centro-orientale e nell’area balcanica. Tra le specie più rappresentative ci sono il falco pecchiaiolo, il biancone, il grillaio e il nibbio bruno, ma non mancano avvistamenti di rarità come l’albanella pallida o il capovaccaio.
Il motivo per cui lo Stretto di Messina è così cruciale risiede nella sua geografia e nelle sue condizioni climatiche. Con una larghezza minima di circa 3/4 chilometri, rappresenta il tratto di mare più breve tra la Sicilia e il continente, ideale per i rapaci che, non amando volare sopra grandi distese d’acqua, sfruttano le correnti ascensionali (termiche) generate dall’incontro tra i monti Peloritani e l’Aspromonte. Queste correnti permettono agli uccelli di guadagnare quota senza eccessivo dispendio di energia, per poi planare verso la costa calabrese in pochi minuti.
Perché è un evento unico?
A differenza di altri celebri punti di migrazione come lo Stretto di Gibilterra o il Bosforo, lo Stretto di Messina offre un’esperienza unica per la vicinanza con cui si possono osservare gli uccelli. Grazie alla conformazione del territorio e ai venti che canalizzano i flussi migratori, gli stormi passano spesso a quote basse, talvolta a pochi metri dal suolo o dal mare, regalando agli spettatori un contatto ravvicinato con la natura selvaggia. Questo aspetto, unito all’elevata biodiversità, con oltre 300 specie di uccelli censite, rende il sito un luogo privilegiato per lo studio e l’osservazione.

Le condizioni meteo giocano un ruolo chiave. I venti settentrionali, come il maestrale o la tramontana, favoriscono il passaggio a quote più alte, rendendo ideali punti di osservazione come Dinnammare o Portella di Castanea. Al contrario, con lo scirocco, i rapaci volano rasenti all’acqua, visibili persino dalle coste di Ganzirri o Torre Faro. Questa variabilità aggiunge un elemento di imprevedibilità e fascino all’evento.
L’Importanza ecologica e scientifica
La migrazione sullo Stretto di Messina non è solo un fenomeno estetico, ma un indicatore prezioso della salute degli ecosistemi globali. Gli uccelli migratori sono sentinelle ambientali. Il loro numero, le rotte e le condizioni fisiche riflettono i cambiamenti climatici, la perdita di habitat e le pressioni antropiche. La presenza di specie rare o a rischio, come il falco cuculo o il lodolaio, sottolinea l’urgenza di proteggere questi corridoi ecologici.
Storicamente, lo Stretto è stato anche un campo di battaglia contro il bracconaggio. Grazie all’impegno di figure come Anna Giordano e di associazioni come il WWF, che negli anni ’80 iniziarono i primi campi, oggi il fenomeno è drasticamente ridotto.
