Applaudito concerto dei Musicisti del Teatro Alla Scala di Milano

Applaudito concerto dei Musicisti del Teatro Alla Scala di Milano

Giovanni Francio

Applaudito concerto dei Musicisti del Teatro Alla Scala di Milano

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lunedì 02 Novembre 2015 - 23:04

L'oboe nella musica da camera protagonista al Palacultura nell'esibizione di Fabien Thouand con Andrea Pecolo, Giuseppe Russo Rossi e Marco Radaelli. Pregevole l'esecuzione del Quartetto in fa maggiore KV 370 di Mozart

I Musicisti del Teatro Alla Scala di Milano sono riusciti nell’impresa di rappresentare nel concerto del Palacultura un programma di musica originale composto per quartetto d’archi con oboe (violino, viola, violoncello e oboe, ad eccezione dell’ultimo pezzo di Francaix in cui l’oboe è sostituito dal corno inglese), raggruppamento per il quale il repertorio musicale è davvero esiguo.

Probabilmente il pezzo più importante mai composto nella letteratura musicale per questo tipo di raggruppamento è il Quartetto con oboe K370 di Wolfgang Amadeus Mozart, primo pezzo eseguito dai Musicisti del Teatro Alla Scala. Composto a Monaco nel 1781, come dono all’orchestra di Monaco in segno di riconoscenza per la splendida esecuzione dell’Idomeneo, il quartetto fu dedicato al celebre oboista Friedrich Ramm, grande virtuoso dello strumento, definito da Mozart “gran musicista…gran valentuomo e gran libertino”. Mozart riuscì a contemperare magistralmente l’esigenza di far dialogare i quattro strumenti alla stregua di un quartetto d’archi, che all’epoca vedeva in Haydn il grande indiscusso maestro, in cui il discorso musicale viene distribuito e alternato fra i vari strumenti senza che uno prenda il sopravvento sugli altri, e nel contempo di esaltare la figura dell’oboe (che sostituisce il primo violino di un classico quartetto d’archi), al quale è riservata comunque una parte concertante da protagonista. Suddiviso in tre movimenti, supera di gran lunga tutti i componimenti musicali da camera per archi e strumento a fiato solista dell’epoca, e verrà superato a sua volta solo dal meraviglioso Quintetto con clarinetto k 581 dello stesso autore. Ineccepibile l’esecuzione degli archi solisti (Andrea Pecolo, violino; Giuseppe Russo Rossi, viola; Marco Radaelli, violoncello) che si amalgamano perfettamente con l’oboe, uno straordinario Fabien Thouand, interprete eccezionale di tutti gli accenti, brillante, virtuoso, ma anche terribilmente serio che il quartetto comprende.

Terribilmente serio, ovviamente, nel movimento centrale, un adagio, scritto nella tonalità di re minore, che costituisce un vero lamento desolato, indubbiamente la gemma più preziosa di questo capolavoro. Anche la Phantasy Quartet op. 2 in fa min., composta da un giovane Benjamin Britten, fu dedicata ad un grande virtuoso dell’oboe, Leon Goossens, e pertanto Thouand ha trovato modo anche qui di sfoggiare la sua straordinaria abilità tecnica, ma anche la sua profonda espressività nel tempo lento. Il lavoro, poco noto, desta interesse per l’impronta tipicamente novecentesca (si pensi l’andante alla marcia iniziale, con quegli accordi quasi ossessivi degli archi che ricordano, sebbene in un registro molto più “accessibile”, certa musica novecentesca di Prokopiev o Bartok). Il Quartetto n. 2 R. 7.42 di Joseph Fiala è un pezzo ormai di rarissima esecuzione, come del resto tutta l’opera di questo compositore minore, vissuto ai tempi di Mozart, del quale si possono cogliere nel quartetto molte influenze, sebbene, rispetto al quartetto k 370 di Mozart, questo ci appare infinitamente più convenzionale e di modesta ispirazione. L’ultimo pezzo eseguito, il quartetto di Jean Francaix, compositore del secondo novecento, vede al posto dell’oboe il corno inglese, suonato ancora una volta splendidamente da Fabien Thouand. Il corno inglese è uno strumento che ha avuto molta fortuna nella musica romantica orchestrale ed operistica dell’ottocento (un esempio per tutti l’indimenticabile assolo, incipit del terzo atto del Tristano di Wagner). Molto raro l’utilizzo nella musica da camera, nella fattispecie Francaix lo utilizza per esprimere ritmi derivanti dalla musica americana (si pensi a Gershwin), e ricchi di virtuosismi.

I Musicisti della Scala, applauditissimi da un pubblico abbastanza numeroso, considerato le impietose condizioni metereologiche, ha eseguito come bis un graditissimo pezzo di Piazzolla, "Oblivion", adattato al complesso strumentale, non senza prima aver ringraziato e manifestato apprezzamenti lusinghieri per la sala da concerto del Palacultura.

Giovanni Franciò

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