Station to station: Reggio e Messina fuse nel mistero dell'arte contemporanea

Station to station: Reggio e Messina fuse nel mistero dell’arte contemporanea

Mario Meliado

Station to station: Reggio e Messina fuse nel mistero dell’arte contemporanea

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martedì 29 Giugno 2021 - 17:50

Siti clamorosamente riscoperti - dal "bunker" della Centrale reggina al Salone dei Mosaici della Marittima peloritana - e installazioni sensazionali

Un’esposizione una e duplice, intrigante fin dal titolo che riecheggia il miglior David Bowie del periodo berlinese, Station To Station. Anche se in realtà c’è anche un rivolto sostanziale, visto che l’iniziativa – il disvelamento, meglio – concerne proprio i risvolti nascosti di due stazioni ferroviarie “gemelle”.
La Stazione centrale di Reggio Calabria e quella (Centrale/Marittima) di Messina.

…Quanti modi di viaggiare conosci?

Alla fine, è proprio come nel celebre rock item in cui Bowie autocelebrava il “ritorno del Duca Bianco”. Ma che era pure un monito sulla caducità delle cose apparenti e no: Such is the stuff / From where dreams are / woven… Di cosa saranno fatti, questi sogni?
Intanto, le due station di Reggio e Messina vengono accomunate da un mirabile progetto d’arte contemporanea. Il primo luglio l’inaugurazione: i due siti-installazione resteranno fruibili fino al 31 agosto. Tutto, con la direzione artistica di Angela Pellicanò e della sua Techne Contemporary Art.

Angela Pellicanò

Al sito reggino – il bunker della Stazione centrale, rimasto chiuso da quasi un secolo, dalla Seconda guerra mondiale – hanno lavorato Grazia Bono & Gianni Brandolino. E Pino Caminiti, già politico di grido, convertitosi a demiurgo dei materiali di risulta veicolati dalle onde del mare. E Angela Pellicanò, Felipe Perez. E ancòra Francesco Petrone (con testo critico di Giuseppe Capparelli), TechneLab. E poi zeroottouno, duo artistico emergente composto da Davide Negro e Giuseppe Guerrisi, la cui opera è spesso imperniata sull’elemento naturale.
Al Salone dei Mosaici alla Stazione Marittima di Messina si ammirerà l’opera di Ninni Donato, Lucilla Ragni (con testo critico di Bianca Pedace).

Mustafa Sabbagh

E poi di Mustafa Sabbagh, «fra i cento fotografi più influenti al mondo» secondo Peter Weiermair, con sette ammalianti video. Il riferimento è all’artista di famiglia italopalestinese (ma giordano di nascita) già visto all’opera a Palazzo Crupi con grazia straziante, in Trentatré Stelline.
Vale a dire, la struggente esposizione dedicata alle piccole vittime del Brefotrofio rimaste uccise a Reggio Calabria sotto i bombardamenti del 21 maggio 1943.

Stazioni (by Mazzoni)

L’architetto Angiolo Mazzoni
“papà” delle due stazioni

Già, Reggio e Messina le gemelle separate – o non forse, invece, unite? – da un braccio di mare. Che condividono posizione, culture, molto persino del local language… E Angiolo Mazzoni, nel senso del “papà” delle rispettive stazioni ferroviarie di sapore futurista.
E cosa c’è, nella sua essenza, nella sua “filosofia”, di più boccioniano della scoperta di un luogo mai aperto al pubblico? Ecco allora il bunker della Stazione centrale reggina. E della riapertura di luoghi intenzionalmente chiusi? Qui, il Salone dei Mosaici della Stazione marittima peloritana.

Tutto è relativo. Ma lo spazio, di più

Probabilmente, il concetto di fondo è la transustanziazione laica dello spazio. Lo spazio afferrato, come il brodo col mestolo. Palleggiato, come stessimo giocando a basket. Rimodellato, spiaccicato, ammonticchiato di nuovo come faresti col Das.
Del resto, una volta per indicare un tipo algido avremmo detto che da noi mantiene una distanza. Nel post-pandemic world, anche parenti abbastanza stretti a cui vogliamo molto bene, se non tengono una certa distanza non li vogliamo intorno… Il tutto mentre però non è che ci facciamo molti problemi a fiondarci in assurdi rave party non esattamente Covid-free. O a spupazzare cani e gatti magari a rischio-toxoplasmosi.
Una vicinanza-Pongo che, per molti versi, è il trionfo del relativismo. E della soggettività.
Non è dunque lo spazio fisico “e basta” in discussione. Mutevoli sono le percezioni di esso. I mille diversi rapporti che intrecciamo con mille soggetti altri, cambiando idee e traiettorie e intensità relazionali magari mille volte al secondo.

A ciascuno il suo (viaggio)

“Di stazione in stazione”, quindi. Epperò, è una parola…
Un fatto è infilarsi a bordo di un Frecciarossa a Rosarno per scenderne a Firenze-Santa Maria Novella quasi senza fermate in mezzo. Altra cosa, stiparsi quotidianamente da pendolare da Scaletta Zanclea al capoluogo di provincia. E come dimenticare, poi, che “tutti vogliono viaggiare in prima” – per dirla alla Liga -, e invece non si può? Sì, certo, il comun denominatore delle rotaie. Ma sarà diverso o no il romanticismo dei wagon-lit magari sulla cara vecchia Transiberiana dallo scalpiccio delle ruote sui binari della mai elettrificata Jonica reggina?

Una fascinosa immagine della Transiberiana

Ecco perché bisogna innanzitutto interrogarsi sul viaggio che si vuole e, in fondo, anche che si può fare. Ognuno il proprio, in ogni caso; anche ove il percorso sia esattamente il medesimo. Questa duplice esposizione va guardata come la si vuole, e come la si può, guardare. E solo così sarà il viaggio per certi migliore: un viaggio vero, ma senza muoversi.

Strada ferrata… e mecenatismo?

Cruciale, ai limiti del “mecenatismo su strada ferrata”, l’apporto di Rfi, società del gruppo Ferrovie dello Stato che si occupa di reti. E il parallelismo è facile, tra le tante diramazioni della strada ferrata con le sue stazioni e i capillari – fragili, eppure sensibilissimi – che veicolano cultura.

Difficile pure ignorare un paradosso violento. Segno di scoperta sono quelle stazioni molto spesso custodia inviolata di storie, e sentimenti, e percorsi umani. Quelle stazioni archetipo dei non-luoghi identificati da Marc Augè. A volerci traguardare punti d’arrivo sono giusto quelle stazioni che per molti invece sono non meta bensì intertempi. Luoghi d’attesa. Transizioni.
Ma proprio la transizione, in fondo, è quello che stiamo facendo. E quest’esposizione è un po’ un rifiuto della retorica no vax in senso lato. E un invito, invece, a vaccinarci tutti dall’incultura per rituffarci in una vita non più avulsa dall’altro. Ma legata agli altri e alle emozioni che incroci, scambi, transiti possono regalarci.
Si parte… domani alle 17,30, sponda reggina, la conferenza stampa di presentazione.

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Un commento

  1. Ma perché vi ostinate a cercare e proporre similitudini fra reggio e Messina quando,sopratutto da parte calabra, si cerca di differenziarsi in rutti i modi. Questo è dovuto sopratutto al sopravvento degli ultras del calcio che, di nuovo soprattutto da parte calabra, provano un…….’antipatia sviscerale e anche molto stupida.

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