Le storie della commissaria di polizia, nuovamente in libreria con "Ciatu mei", scritte dall'autrice messinese: "Sfogliare la propria creatura è strano ma bello"
MESSINA – Quali casi dovrà risolvere, stavolta, Cecilia Orlandi? Soltanto in libreria e negli store online sarà possibile rispondere a questa domanda sulle indagini della commissaria di polizia creata dalla messinese Stefania Tedesco, al secondo romanzo giallo con protagonista il commissariato di Roccia Marina, un paese immaginario interamente “disegnato” dall’autrice. E per lei, Stefania Tedesco, donna orgogliosamente del Sud, con mamma messinese, padre calabrese, e una sfilza di parenti (papà, zio, nonno) con un vissuto nelle forze dell’ordine, l’emozione per questo secondo ritorno in libreria è tanta. “Ciatu mei“, il nuovo romanzo e seconda indagine di Cecilia Orlandi, è l’ultima fatica di Stefania, che segue a “Nuvole grigie“, il suo debutto letterario.
L’emozione di Stefania Tedesco
“Nel momento in cui il tuo file sul computer diventa una realtà di carta l’emozione è molto forte – ha raccontato l’autrice a Tempostretto, durante una lunga chiacchierata in vista dell’uscita di ‘Ciatu mei’ (già preordinabile) -. Poter sfogliare la tua creatura è strano ma assolutamente bello. Questa seconda indagine di Cecilia Orlandi non è legata alla prima. Ho sfruttato lo stesso personaggio, un commissario di polizia, che lavora con i colleghi a diverse storie”.
Come nasce Cecilia Orlandi
Com’è nato il personaggio di Cecilia Orlandi è presto spiegato: “Sono figlia e nipote di carabiniere e mio nonno era in polizia: l’aria delle indagini era sempre in casa. Ho sfruttato tantissimo mio padre per ogni mio dubbio, per le cose un po’ più tecniche. Abbiamo un ottimo rapporto e spesso guardiamo film o serie tv insieme con polizia e carabinieri. Tante volte ha commentato che questa o quell’altra cosa non era reale. Nei miei romanzi volevo essere più aderente e fedele possibile alla realtà. Magari nella realtà televisiva non è così semplice visti i tempi”.
Un lungo percorso creativo
Il percorso verso la realizzazione e il completamento di Ciatu Mei non è stato semplice. Trattandosi di un giallo, ogni dettaglio deve combaciare perfettamente: “Per la prima stesura di questa seconda storia ci sono voluti sei mesi. Per me la scrittura è istinto ma non improvvisazione. Quindi quando inizio a scrivere in prima battuta mi lascio andare alle idee. Ma il giallo è un patto col lettore che non puoi rompere, devi essere accurato, devi studiare. C’è una fase creativa ma anche una fase di applicazione delle regole, con la cura di piccoli dettagli che magari sembrano soltanto passaggi ma poi quaranta pagine dopo capisci che non lo è, no? Per me alla prima stesura, che è ciò che mi viene in testa, segue una seconda riscrittura, con le idee più chiare sulla direzione presa. Aggiusti il tiro e vedi se tutto quadra senza contraddizioni. Il lavoro è impegnativo. Io nella vita faccio l’editor, nel mio caso mi sono affidata a un editor esterno, ma mentre scrivo già applico le regole che poi mi servono nel mio lavoro”.
Due romanzi diversi
Pur mantenendo la protagonista, “Nuvole grigie” e “Ciatu mei” hanno avuto due processi creativi differenti, anzi due gestazioni: “Ciatu mei e Nuvole grigie, il mio primo romanzo, hanno avuto due gestazioni completamente diverse. Nel primo caso non avevo mai scritto nulla, è nato in tre mesi per scommessa con una persona a me cara. Non volevo pubblicarlo, ma un po’ di persone che l’hanno letto mi hanno incoraggiata e convinta ed è diventato di carta. Quello era un romanzo più lineare, con una doppia narrazione: il punto di vista di Cecilia al presente e i flashback al passato. Ciatu mei invece è tutto al presente con il punto di vista di Cecilia e ci sono tre casi, rispetto al primo libro in cui era solo uno. Questo è stato un po’ più complicato, ma sono soddisfatta ed è stato un gran momento di crescita per me”.
Le influenze letterarie…
La Sicilia e in generale l’Italia hanno una tradizione importante alle spalle per quanto riguarda i gialli. C’è stata qualche influenza letteraria nel processo creativo di Stefania Tedesco? “Camilleri è stata una formazione immensa, ma lo sono stati per me anche tanti altri scrittori di giallo, anche siciliani. Sono una lettrice onnivora ma il giallo è il mio genere di appartenenza, il più comodo per me, tanto da avere anche un gruppo di lettura dedicato a questo filone. Il primo romanzo aveva più uno stile alla Agatha Christie diciamo, perché era un delitto a camera chiusa, all’interno di uno yacht, quindi necessariamente c’era l’assassino in mezzo, nel gruppo di personaggi. Questa nuova avventura di Cecilia è molto più dinamica, si muove sul territorio, ma non c’è stato un riferimento preciso. Mi sono lasciata guidare dall’istinto e dalle esperienze di letture che ho fatto nella vita”.
… e quelle personali
Ma più forti sono state le influenze personali: “Portare su carta la vita lavorativa di chi mi stava intorno non è stato facile. Il libro è una semplificazione di cosa significhi indossare una divisa e indossarla al meglio, che sia dei carabinieri o della polizia. Mi ha influenzato il mio vissuto, questo sì, perché avrei potuto scrivere qualsiasi giallo con un altro protagonista. Ma ho deciso di far indossare la divisa al mio personaggio. Mia mamma è di Messina, mio padre è calabrese di Cinquefrondi ma è nato anche lui a Messina. Ho scelto di ambientare il mio romanzo in Calabria anche per questo, per il mio essere del Sud. La Sicilia è molto rappresentata in letteratura per fortuna, la Calabria un po’ meno. Mi faceva piacere mettere in luce quest’altra Regione bellissima e rendere omaggio all’altra metà del mio dna. Ho creato Roccia Marina che è un posto immaginario, più che altro per avere la libertà creativa di avere un paese a mia intera disposizione. Magari in questo mi avvicino a Camilleri, che ha creato Vigata, ma lui è davvero un maestro e nessuno si può paragonare”.
Tedesco: “Scrivere si può fare ovunque”
Dalle parole della scrittrice sulle suo origini e sulla sua famiglia, traspare non soltanto l’amore per la propria terra, per la Sicilia e per la Calabria, ma anche la voglia di raccontare un territorio, un contesto e una società che a volte sembrano molto lontani dal resto d’Italia. La domanda è quindi d’obbligo: si può diventare scrittori da Messina, da “giù”? E Stefania ha le idee chiare: “Credo che scrivere abbia il privilegio di poter essere fatto ovunque. Chiaro che per entrare in contatto con case editrici più forti e ‘grosse’ possano servire più conoscenze, però non credo che sia un aut aut del tipo ‘o lasci la Sicilia e diventi famoso o resti qui e non fai niente’. Secondo me si può lavorare tranquillamente anche qui sul territorio, soprattutto in questo settore”.
Il presente e il futuro
E infine, uno sguardo al presente e uno al futuro: “Io sono molto soddisfatta e lo dico con emozione perché sono molto cattiva con me stessa, anche troppo autocritica. Per me è già un enorme traguardo dire con serenità di essere contenta di quanto fatto. Scrivere mi piace, lavorare con i libri mi piace, e penso di aver trovato il mio posticino nel mondo. Pensando al futuro spero che Cecilia Orlandi e il suo commissariato abbiano tantissima vita. Dipende da me ma anche dalla risposta dei lettori, che per fortuna c’è stata in occasione del primo libro. Sono contenta”.