Domani (domenica) la presentazione del documentario di Matteo Arrigo all’auditorium San Gaetano di S.Stefano di Briga
Il muro. Le reti di metallo, le divise dei militari, le torrette di controllo, i fari, i chek point, i mitra pronti ad entrare in azione. I 12 metri di cemento del muro di separazione. Tutto ti racconta che da quel punto in poi sei in una zona di guerra. Inizia così il documentario del video maker messinese Matteo Arrigo, un viaggio in Palestina tra i volti, la quotidianità, la sofferenza. Il lavoro verrà presentato domani, domenica 18 dicembre, alle 19.30, all’auditorium San Gaetano di S.Stefano di Briga.
“Purtroppo oggi conosciamo poco della situazione che si vive in Palestina – esordisce Arrigo – perché poco viene mostrato dai media. L’ attenzione si sposta su quei territori solo quando avvengono scontri o attentati, ma al di là delle considerazioni politiche, non abbiamo idea della reale situazione in cui vivono i palestinesi, delle privazioni a cui sono costretti”. Un reportage che raccoglie testimonianze dalle città occupate. Tanti i bambini, vero volto della sofferenza di questo decennale conflitto. “Li incontri impolverati per le strade, nei campi profughi, nei mercati a lavorare. Questo anche per la mancanza di scuole, per l’assenza di parchi giochi, di strutture dove potersi incontrare. Il loro “gioco preferito” è quello di andare a tirare le pietre contro il muro o contro i blindati israeliani. Molto spesso vengono arrestati solo per avere tirato le pietre contro i carrarmati, più di 250 bambini si trovano oggi nelle carceri israeliane”. Viene spesso sottolineata la presenza del muro, elemento fisico di separazione fra Israele e Palestina.
“Il muro – chiosa Arrigo – causa evidenti disagi nella vita quotidiana. Viola il diritto di movimento dei palestinesi, impedendo loro di raggiungere il luogo di lavoro, le scuole, gli ospedali, i propri campi. Ho passato tutti i giorni del mio viaggio nei territori occupati, e ho avuto la sensazione di vivere in un’enorme carcere a cielo aperto”. La Terra Santa è forse oggi l’esempio più distante di quella che si può definire fratellanza, pace, integrazione. Gerusalemme, è la città simbolo di una guerra piena di contraddizioni, dove la religione e la violenza si scontrano tutti i giorni. Un luogo di preghiera e di conflitti.
“Non sarà certo il mio video a cambiare la questione palestinese – sottolinea il video maker messinese – ma chi vive li sa che è importante che fuori dai propri confini si veda qual è la loro vera vita. Ho guardato negli occhi decine e decine di palestinesi, e mai nel loro sguardo e nelle loro parole ho trovato rabbia, odio o rassegnazione. Sanno che la loro terra può rinascere solo restando nelle proprie case e non andando via. Malgrado le privazioni, i soprusi, i sogni negati. Aspetto che nasca mio figlio, mi ha detto un profugo nel campo di Deisha a Betlemme, e sorridente ha aggiunto: “il mio sogno è portarlo un giorno a vedere il mare”.