L’uomo verrà temporaneamente trasferito nella Casa di Accoglienza di Provinciale. La sua speranza, grazie anche alla collaborazione dei suoi amici volontari, è quella di rimanere a Messina
Non avrebbe mai voluto vivere in strada. Anche quando è arrivata a Messina, nel mese di luglio, le sue aspirazioni erano ben diverse. Il desiderio di Maria Das Gracas, 51 anni compiuti lo scorso 26 novembre, era semplicemente quello di poter “mangiare” solo dell’incondizionata passione per l’arte, in particolare per la pittura, che condivideva con il marito Paolo, a cui era legata da quasi dodici anni. L’uomo, che nel momento in cui Maria ha esalato l’ultimo respiro dormiva dentro il fatiscente dormitorio ricavato tra le mura della Real Cittadella, stordito dal troppo alcol ingerito, verrà temporaneamente trasferito nella Casa di Accoglienza di Provinciale, in via Emilia, accanto a quella che a breve sarà la nuova sede della Caritas, che dopo anni lascerà il palazzo di via San Filippo Bianchi. Per celebrare i funerali di Maria, di cui sarà la stessa Caritas a farsi carico, sarà necessario attendere ancora qualche giorno per via dell’iter burocratico da espletare.
Paolo, rimasto senza sua moglie, ha però subito trovato affetto e calore umano. Ad abbracciarlo e sostenerlo, così come avvenuto anche in precedenti occasioni, un gruppo spontaneo di volontari (10 componenti, tra loro anche il giudice Salvatore Mastroieni) che ormai da anni operano in città: dei loro amici, perché è così che considerano i tanti senza tetto (stabili o di passaggio) che fanno tappa a Messina, conoscono le storie, i problemi, le vicissitudini, ne condividono gioie e dolori. «Passiamo con loro tanto tempo, soprattutto durante i periodi di feste o in estate, quando il senso di solitudine si fa sentire più che in altri momenti» ci racconta la signora Luciana Romeo, veneta ma ormai messinese di adozione: «Loro pagano anche le nostre colpe, se ci fosse un mondo più giusto non sarebbero costretti a vivere per strada. E invece una volta che ci finiscono rischiano di non avere più scampo, iniziano a bere e l’alcol condiziona ogni loro scelta, diventano schiavi della dipendenza. Esattamente come successo a Maria: la situazione è precipitata nelle ultime settimane, avevamo trascorso insieme anche il giorno del suo compleanno e dell’Immacolata, l’8 dicembre, quando siamo andati a mangiare una pizza tutti insieme. Purtroppo basta poco per piombare nel baratro».
Una sensazione che conosce bene anche Paolo con cui abbiamo la possibilità di scambiare qualche battuta. Originario di Monza, Paolo è giunto in Italia dal Brasile (paese Natale di Maria) nel mese di maggio: «Abbiamo trascorso un periodo a Milano, poi siamo venuti giù, prima a Capo d’Orlando, dove abbiamo fatto visita ad un altro amico, anche lui artista di strada e poi siamo arrivati a Messina». Quando ci parliamo, l’uomo ha appena finito di pranzare con i suoi amici volontari e a breve verrà trasferito alla Casa di Accoglienza, dove rimarrà per qualche giorno. La signora Romeo ci spiega che Paolo ha acquistato piena consapevolezza di quanto accaduto. Ed effettivamente, ascoltandolo, la sensazione è che a parlare sia un uomo lucidamente consapevole del fatto che, prima o poi, l’irrimediabile si sarebbe verificato. Gli chiediamo cosa pensa, cosa prova, la sua risposta è precisa, quasi “scientifica”: «Secondo me non centra il freddo: era diabetica, non era ancora dipendente da insulina e quando beveva non prendeva le pillole. Avrà esagerato un po’ e purtroppo non ce l’ha fatta». Non è una voce rotta dal pianto quella di Paolo, è una voce cosciente e forse anche “sollevata” dal fatto di sapere che quella donna esile e minuta con cui ha trascorso gran parte della sua vita, adesso starà meglio.
«Io spero di poter rimanere a Messina – conclude – anche grazie all’aiuto di queste persone (i volontari, ndr). Ma ci sono tanti ragazzi, di 20-25 anni che sono soli, che hanno bisogno di aiuto, che non vanno dimenticati». Nella speranza che non facciano la stessa fine di Maria. (ELENA DE PASQUALE)