Va in carcere per scontare la condanna a 5 anni per incendio doloso l'allevatore di Patti che appiccò il fuoco nelle campagne di Patti, il 22 agosto 2007. Ma i sette morti di quel giorno restano senza colpevoli.
Dovrà scontare la sua pena in carcere Mariano La Mancusa, l’allevatore riconosciuto colpevole di aver appiccato il fuoco nelle contrade di Patti, nel giorno in cui morirono Matteo Cucinotta, il fratello Costantino, la moglie Lucia Natoli, la madre di quest'ultima Caterina Maffeini, Giuseppe Buonpensiero e Cettina Scaffidi. Era il 22 agosto del 2007 e Matteo Cucinotta aveva scelto l’agriturismo ll Rifugio del Falco di Patti per festeggiare i suoi 52 anni. Le fiamme si alzarono altissime distruggendo la struttura, la famiglia Cucinotta, il cuoco dell’agriturismo e un’altra dipendente. Una strage.
Quel giorno i venti di scirocco alimentarono incendi in tutta la Sicilia, i mezzi dei soccorsi non riuscirono a domare del tutto le centinaia di focolai accessi in diverse province dell’isola. Le campagne di Patti pagarono il tributo più alto, anche in vite umane..
Gli investigatori scoprirono in seguito che alcuni di quegli incendi erano scoppiati per mano dell’uomo e trovarono le prove contro l’allevatore. Ma il processo ha sganciato la responsabilità del rogo appiccato da mano umana dalle fiamme che avvolsero l’agriturismo. Secondo la sentenza non c'era causa diretta tra quel fatto e la morte delle sei vittime, uccise da "Un imprevedibile sistema caotico (..) una variabilità causata dal vento e dalla temperatura del fuoco che cambiava continuamente direzione”, come scrissero i consulenti del Tribunale.
Oggi la Polizia ha accompagnato La Mancusa in carcere dopo che la condanna, scesa a 5 anni 4 e giorni, è diventata definitiva, e il conseguente ordine di carcerazione della Procura di Patti.
Ma la famiglia di Matteo, stimato sindacalista, e la moglie Lucia Natoli, operatrice tra le più attive del Tribunale dei Minori, non ha ottenuto giustizia di quella morte. Anche gli altri profili di responsabilità indagati, infatti, al processo non sono stati ritenuti responsabili direttamente delle sette morti di quel giorno infernale.
Sotto processo per omicidio colposo plurimo finirono anche il titolare della struttura, Santi Anzà, e tre dipendenti della Forestale, Antonio Carro, Giuseppe Giordano e Gaetano Galletta. Tutti vennero assolti.
La vicenda di Matteo e Lucia è diventata tristemente esemplare dell’impossibilità per la Sicilia di fare fronte ai roghi mortali e dell’opera distruttrice dell’uomo sui boschi. Ogni anno esponenti dell’associazionismo e della società civile si ritrovano nell’anniversario della strage per celebrare un ricordo col simbolico gesto di piantare un albero. E alla memoria di Lucia Natoli è stato intitolato l’Osservatorio sulla condizione dei minori – tra i primi fondatori Saro Visicaro di Meter e Miles e il dottor Matteo Allone del centro Camelot.
"Da anni l’osservatorio celebra questa giornata con l’obiettivo di rinnovare "memoria e di sollecitare le pubbliche amministrazione ad intervenire per quanto riguarda prevenzione e salvaguardia del territorio", hanno detto nel decimo anniversario della strage. L'Osservatorio ha promosso la #campagnacontroiroghi per educare al rispetto dei boschi ed alla prevenzione anti incendio.
Ma la situazione nell’Isola non sembra cambiata. Ogni anno centinaia di ettari di verde vanno in fumo per causa dell’uomo, i soccorsi non riescono a far fronte alle situazioni terribili e spesso le vite umane sono state minacciate.