Le tre grandi eccellenze letterarie del Taobuk 2023 in dialogo su libertà, scrittura, vita
TAORMINA. Nasceva come conferenza stampa e si è trasformata in una lectio magistralis a più voci fra tre giganti della letteratura mondiale, dalla quale siamo usciti tutti diversi da come siamo entrati. Farah Nayeri, firma di punta del New York Times, fa abilmente da moderatrice in un dialogo ricco ed emozionante tra il premio Nobel Annie Ernaux, l’americana Joyce Carol Oates e l’iraniana Azar Nafisi, grandissime protagoniste della XIII edizione del Tabouk, dedicato a “Le libertà”.
Libertà di cui le tre scrittrici si fanno testimonianza vivente, pur nella loro diversità di vissuto e di raccontato. Tre percorsi distanti, umanamente e artisticamente, ma accomunati dalla stessa lotta alla libertà (soprattutto per le donne), dalla stessa forza indagatrice e dalla stessa capacità di scuotere le coscienze.
Le libertà
È la Oates – che proprio al Taobuk ha festeggiato il compleanno il 16 giugno – a iniziare a rifletterne : “La libertà è come l’aria che respiriamo, ce ne rendiamo conto solo quando ci viene privata, esserne deprivati è come soffocare. Nel mio Paese – quell’America che tanto attentamente, nei suoi splendori come nelle sue ombre, la Oates ha saputo descrivere – i problemi, però, nascono anche dall’eccesso di libertà, un eccesso di libertà irresponsabile, o un eccesso di informazioni su fatti non reali, non descritti come si dovrebbe fare. Molti americani sono spaventati per tutto questo, ma non perdiamo la speranza, io sono ottimista”.
Diverso sicuramente dal problema dell’eccesso di libertà è quello che ha vissuto Azar Nafisi – costretta a esiliare negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni del regime degli ayatollah. Così, infatti, riflette: “Sin dall’inizio la rivoluzione per la libertà in Iran ha avuto come obiettivo rendere libere le donne e tutte le minoranze [rivoluzione per la libertà sempre presente, nelle sue varie forme, nei libri di Nafisi, a partire dal bestseller Leggere Lolita a Teheran]. Tutti gli esponenti della cultura condividono questo obiettivo e le reazioni contro il regime sono state molto forti. La nostra voce, però, fatica ad arrivare in Occidente. È tipico dei regimi totalitari privare dell’identità, confiscare la cultura, impedire di essere chi sei: questo è già un modo di morire. Ma le donne vogliono e sanno di poter vivere indipendentemente, allora combattono per la difesa della loro identità individuale, del loro diritto sul proprio corpo. “Women, Life, Freedom” è lo slogan che difficilmente sentiamo in Occidente. Ma la libertà non è dell’est o dell’ovest, è tale solo se è globale, la libertà è un anelito mondiale, è un diritto ad esistere. Il nostro non è un movimento politico è un movimento esistenziale.
Si è venuta a creare un’inaspettata e bellissima unificazione tra il pensiero delle donne e degli uomini. Molti uomini sono stati picchiati, rinchiusi in carcere, uccisi, per difendere la nostra libertà. Le persone si stanno unendo, da qualsiasi contesto sociale, economico o culturale provengano, tutti partecipano alla rivoluzione. È difficile farci sentire, ma ci stiamo esprimendo in molti modi negli ultimi anni e, per la prima volta, l’Occidente sembra iniziare ad ascoltare la voce del paese. Lo fa proprio attraverso le donne, migliaia di donne iraniane che per questa libertà danno la vita.
E qui giunge il ruolo fondamentale della Letteratura: ti insegna a non diventare come il tuo nemico, a non diventare come chi rifiuti. Gli iraniani lo hanno capito. Hanno imparato a coprire il rumore degli spari, con canti e danze nelle piazze; hanno fatto del potere dell’arte la loro arma non mortifera. È il regime a perdere se vuole combattere le donne. Come gestirà milioni di donne che tolgono il velo? Pensa davvero di poterci incarcerare o uccidere tutte?”.
Annie Ernaux – che ha posto al centro della sua scrittura proprio la riflessione su vincoli sociali e collettivi che reprimono l’aspirazione alla libertà e lo ha fatto reinventando totalmente i canoni della autobiografia – ha precisato di chiamare, infatti, la rivoluzione in Iran la rivoluzione delle donne, una rivoluzione da lei difesa e seguita con grande passione. “Credo che il movimento di libertà ed emancipazione della donna stia facendo grandissimi passi in avanti. L’inizio del “Me too” segna una data importante, il movimento permette alla protesta delle donne di andare molto avanti soprattutto contro la dominazione degli uomini. Anche parlando di scrittura, se pensiamo alla grande letteratura ci sovvengono quasi soltanto nomi di uomini. La donna è considerata colei che scrive romanzi, favole d’amore e di fantasia, chi scrive di cose serie è solo l’uomo. Grazie, allora, al Taobuk per aver invitato 3 donne ad un grande Festival del libro, è un segnale unico a livello mondiale”.
Le due facce del successo
Annie Ernaux prosegue parlandoci della doppia faccia del successo: “Il Nobel è stato una bomba che non volevo, lo so che la gente non mi crede, ma è così. Mi sto perdendo in tante cose per me non piacevoli che mi impediscono di scrivere. La scrittura mi prende tanto tempo e non voglio distrazioni, adesso, invece, devo salire su troppi aerei, rispondo a troppe mail, sono una donna pubblica. Questa – do qui la notizia – è la mia ultima uscita pubblica, poi torno a casa e continuo a fare ciò che mi piace: scrivere. Ho segnato sul mio diario una frase di Joyce Carol Oates: il successo non è una ricompensa ma è una punizione”.
Onorata dal riferimento, commenta la Oates: “Noi artisti – e artiste in particolare – gettiamo uno sguardo sul mondo in modo cheto, siamo persone quasi emarginate; quando veniamo colpiti da migliaia di fari, dalle luci della ribalta, non siamo più capaci di avere lo stesso sguardo”.
La scrittura
Parlando ancora dello sguardo sul mondo degli artisti, così interviene Nafisi: “Quando scrivo immagino solo di scrivere, vivo quell’immaginario presente nella mia mente. I libri sono come figli, la gestazione è un viaggio problematico, affrontiamo i dolori del parto e la difficoltà di far trovare loro un posto nel mondo. La versione cinematografica di Leggere Lolita a Teheran [diretto da Eran Riklis, il film è in fase di post-produzione] è stata il libro a volerla, non io. Da madre ti immagini come saranno i tuoi figli, speri sempre il meglio per loro, ma quando arrivano in libreria e si confrontano con altre persone prendono strade che non immagini”.
Ancora d’accordo è l’Ernaux: “Quando scrivo, la scrittura è come una separazione dalla realtà, perdo materialità, lavoro in profondità. Se pensassimo a come viene accolto il libro non scriveremmo più. Ogni lettore, poi, ha la sua percezione, si riconosce personalmente e diversamente dagli altri. Tre miei libri sono diventati film [L’evento reso in versione cinematografica La scelta di Anne – L’Événement; Passione semplice da cui è tratto il film L’amante russo e L’Occupation da cui nasce L’autre], ma sono la visione del loro regista, non la mia. Quando scriviamo siamo tante cose, assumiamo tanti punti di vista, pensiamo a tanti aspetti diversi, ma non a questo”.
“Io non scrivo sempre dalla prospettiva di una donna – conclude Oates [anche lei fresca del tanto discusso adattamento cinematografico del suo Blonde, libro su Marilyn Monroe] – cambio punto di vista, a volte porto avanti una scrittura neutra o cerco di trasformarmi in una scena, divento un paesaggio. Una scrittrice deve avere una voce interiore che viene dalla sua coscienza, andare al cinema, invece, è sempre vedere emozioni dall’esterno”.
Un confronto libero, ricco, autentico, come solo tre grandi voci di donne possono fare, capaci di donarsi a chi resta, incantato, in loro ascolto.
Bellissimo tutto ciò che hanno detto …..BRAVISSIME👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏le loro parole sono musica per chi le ascolta……questo è SAPERE PARLARE, SAPERE SCRIVERE,SAPERE COMUNICARE….entrare SENZA prepotenza , dritto e in fondo al ❤️della gente👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏!!!!!