La commedia dell’arte alla 61esima edizione del Taormina Film Fest. Un resoconto della kermesse firmato a quattro mani dagli inviati Giuseppina Borghese e Domenico Colosi.
La 61esima edizione del Taormina Film Festival sta per volgere al termine.
Avremmo voluto raccontare un Festival diverso, sfavillante, allegro. Purtroppo non è andata così. L’unica allegria che abbiamo riscontrato è quella che caratterizza il parafestival, quella della fauna umana che nel Festival e del Festival si nutre. Una piccola, ridente ed immutabile commedia dell’arte.
Mangiafuoco: l’hairstylist Glam&Arrogante con la verità in tasca (almeno su trucco e parrucco).
Signorine vistose: complemento d’arredo un po’ sgangherato che ha libero accesso a tutti gli eventi mondani in quanto appendice dei vari partecipanti a vario titolo.
Staff: che sia quello dei parrucchieri, della ristorazione o della stessa organizzazione generale poco conta: crudele e in branco.
Giornalisti stranieri: catapultati nel sottovuoto culturale di una manifestazione dai toni grigi, vagano increduli tra un Bova e un Bisio domandandosi “Who’s that man?”
Marchettari: nella vita quotidiana appena un gradino sopra gli schiavi, si trasformano nei festival con inaudito vigore. Spesso insospettabili, si avvicinano con una scusa qualunque e all’improvviso fanno richiesta di un #pezzomarchetta. In cambio di una Coca Cola. Light.
Maestri di cerimonia: selezionatori di esseri umani agli eventi mondani. Ricoprono il ruolo di Dio nel “Giudizio Universale”, decidendo chi può e chi non può essere ammesso all’evento. Versione gaia e mondana dei più pragmatici nazisti che caricavano i treni per Auschwitz. (Frase cult: “Signori, questo posto sembra la hall di un albergo”. Detto nella hall di un albergo).
Doppio ufficio stampa: FS e Frecciarossa. FS si ferma ancora nelle scalcinate stazioni di campagna. Frecciarossa tira dritto.
Richard Gere: l’immagine straziante di un uomo che si trascina dietro il suo film indipendente, nella valigetta, all’oscuro di tutti. L’organizzazione, del tutto ignara, programma dunque una proiezione a sorpresa di “Time out of Mind” costringendo Venditti a raccontarsi in un sottoscala.
Borse: l’amore rinnovato tra le donne e le proprie borse. Patricia Arquette e Nastassia Kinski non se ne separano mai. Nemmeno sul palco, durante la premiazione.
Regista autoctono: marchettaro artistico, sempre imbrigliato in camicie color salmone, flirta ingenuamente con le grandi produzioni. Tanti biglietti da visita distribuiti e tre kg presi nei vari buffet.
Pubblico: per tutti il Festival è finito con la partenza di Ellen Pompeo. Ellen Pompeo. Ellen Pompeo. “Aspetta, ma quello non è Siani?”
Giuseppina Borghese – Domenico Colosi