Ultimo giorno del Taormina Film Fest. Arriva in città Rupert Everett e con lui l’ideale di un tipo di uomo che, forse, non esiste più
Ci sono uomini bellissimi che invecchiano tragicamente. Il volto si riempie di rughe, lo sguardo pesante e un'aura di tristezza inconsolabile li rende quasi irriconoscibili da come eravamo abituati a vederli sulle copertine dei giornali. in genere sono glii uomini che hanno vissuto molto intensamente la propria esistenza. Rupert Everett, forse, è uno di questi.
L’attore che della malinconia ne ha fatto il simbolo del proprio fascino, diventando icona di una inquieta virilità e ispirando lo stesso Tiziano Scalvi per il protagonista del celebre fumetto Dylan Dog, ha portato nell’incontro di chiusura del Festival una fierezza e un dramma tutto europeo, con una storia tormentata sia professionalmente che umanamente.
Una carriera le cui dinamiche sono state fortemente influenzate dalle lobby e dal sistema puritano americano, come lui stesso ha dichiarato:“Credo che sia stato determinante l’ascesa di Bush dopo Clinton nella diffusione del conservatorismo in molti ambienti del mondo del cinema americano”), ma anche da scelte personali che lo hanno portato, nel tempo, a rifiutare dei ruoli sempre uguali che lo volevano intrappolato nel debole stereotipo dell’amico bello e gay. Alla domanda su quanto i diritti degli omosessuali siano riconosciuti nella società di oggi, risponde deciso: “Credo che il business del cinema non sia ancora veramente pronto. A Hollywood c’è un clima molto conservatore. Non tanto negli Studios quanto tra i gruppi che possiedono le sale cinematografiche. Se la tv americana è molto liberale, in certe lobby c’è ancora molto puritanesimo circa il mondo omosessuale”.
Un dandy, Rupert Everett, nella cui filmografia, tra cinema e teatro, ricorre, dominante, la figura di Oscar Wilde. A suggellare questo legame profondo un film in uscita interamente dedicato alla vita dello scrittore irlandese, con un nutrito cast, tra cui Colin Firth ed Emily Watson. “Oscar Wilde è il Cristo del movimento omosessuale. Avevo molta voglia di raccontare la sua vita, specie gli anni dell’esilio, ma soprattutto, avevo voglia di raccontare un Oscar Wilde diverso, non quello glamour, ma il grande vagabondo che, dopo aver conosciuto le gloriose vette del successo finì nel baratro dell’autodistruzione. Una storia la sua, come quella di Verlaine, più rock che letteraria.
A differenza di molti inglesi mi sento molto europeo e questo è un film estremamente europeo. Ho voluto attori francesi, inglesi e italiani che parlassero ciascuno la propria lingua. I costumi sono realizzati da un italiano. Una parte del film è ambientata a Napoli. Voglio fare emergere la bellezza di questa città. Voglio rendere giustizia alla città di Napoli”.
Finito l’incontro, con la gentilezza di un uomo venuto da un altro tempo, si concede ai fotografi. Di quel Rupert Everett giovane, ammiccante, esageratamente bello non resta quasi nulla se non l'inconfondibile taglio dei capelli. Solo un uomo estremamente elegante, inattuale e totalmente fuori sincrono con il mondo di oggi.
Giuseppina Borghese