Panoramica sulle ultime proiezioni del Festival nelle giornate di giovedì e venerdì
La carrellata inizia con Il raccontatore, bel docufilm italiano sulla settimana santa di S. Cataldo del 2017, a cura di Giancarlo Mogavero, presente alla proiezione, con Marco Ferrara e Calogero Bellavia, basato sullo script di Luca Vello (con testi di Claudio Arcarese): trattasi di una storia in parte autobiografica che il videomaker racconta e il rituale collettivo diviene identitario attraverso lo sguardo di un bambino, che ne è protagonista, Marco, con la guida del nonno, pronto a passargli il testimone anche della sua stessa esistenza. Le musiche di Giuseppe Vasapolli contribuiscono a conferire all’opera il carattere dell’emozionalità. Ben riuscito anche il film italiano in concorso, Seguimi, di Claudio Sestieri, presente alla proiezione con la protagonista e la sceneggiatrice Patrizia Pistagnesi, in anteprima mondiale, assai originale opera di interesse culturale sostenuta dal MIBACT, già premiata a Umbrialand quale migliore film e migliore sceneggiatura. Gli interpreti, tutti ben in parte, sono, in primis, Angelique Cavallari, e ancora, Maya Murofushi, Pier Giorgio Bellocchio, Antonia Liskova, Josè Maria Blanco. Si mette in scena in un villaggio medievale un delirio psicotico più reale del reale stesso, ove tutto è proiettato fuori, ma all’interno dei protagonisti, una tuffatrice, un pittore e una modella, e i ricordi e i sogni sono realtà, con la passione che diviene ossessione… Può definirsi un film sul mistero, questo, interessante anche per l’ambientazione a Matera.
E, ancora, delizioso è parso Mare di grano, altro lungometraggio italiano in concorso, di Fabrizio Guarducci, in anteprima italiana, con Sebastiano Somma, presente alla proiezione, Ornella Muti, Paolo Hendel e Donatella Pompadour, che racconta la storia di tre bambini e del loro viaggio avventuroso attraverso le bellezze della Val d’Orcia: Adam, Arianna e Martino (con l’inseparabile Pina, la papera di Martino) alla fine giungeranno al mare anche con l’aiuto del poeta Rimando. Su “Restiamo amici”, invece, ulteriore opera cinematografica italiana in concorso, in anteprima mondiale, di Antonello Grimaldi, già segnalatosi soprattutto per il bel Caos calmo, non posso esprimere giudizio particolarmente meritorio: non è a mio avviso degna di rilievo la sceneggiatura, con una storia un po’ insignificante, quella di un vedovo, pediatra, che ha scelto di dedicarsi, dopo la prematura scomparsa della consorte, al proprio figlio e, nonostante le pressioni e insistenze amicali e parentali, non riesce a lasciarsi andare a nuove esperienze sentimentali e aprirsi di nuovo alla vita, finchè la telefonata a sorpresa del suo migliore amico, che vive nell’isola brasiliana di Natal, e dice di essere molto malato, lo proietta in un altrove davvero differente, con sorprese e colpi di scena. La bravura degli interpreti, da Libero De Rienzo, a Sveva Alviti, Violante Placido e Michele Riondino, non può giovare a traghettare il film oltre il già visto. Il produttore Gianluca Curti è stato presente alla proiezione. Il regista Riccardo Romani ha poi presentato il documentario, prodotto da Alfonso Cuaron, Hands of God, incentrato su due fronti di combattimento per alcuni giovani boxeur, atleti appassionati che devono affrontare per tredici lunghi anni la minaccia dell’Isis, nell’Iraq sotto attacco, combattendo per le loro vite, e in uno per seguire il sogno di diventare campioni olimpionici di pugilato: bello e determinato come i suoi protagonisti. Quanto ad Angel Face, film francese fuori concorso, in anteprima nazionale, che uscirà sui grandi schermi italiani in ottobre, diretto da Vanessa Filho, con Marion Cotillard e Ayline Aksoy – Etaix, narra la storia “disturbante” di una famiglia “disturbata”, composta da Marlene e la piccola Elli, nei pressi della Costa Azzurra, con la madre, preda dei propri impulsi, che trascina la bambina in un’esistenza molto alternativa, sempre in fuga dai servizi sociali, finchè la donna non prenderà la sconvolgente decisione di lasciare la figlia per seguire un individuo appena conosciuto, e toccherà ad Elli prendere in mano la situazione per il ritrovamento e il recupero della madre. Il lungometraggio, con il titolo che fa riferimento ad un cocktail, è discreto ma non convincente appieno. Presente in questa giornata anche Maria Grazia Cucinotta, per la proiezione del suo corto, di cui ho già illustrato la trama, e che non mi ha convinto. Rupert Everett e Maurizio Millenotti, il primo nella qualità di regista e principale interprete, il secondo di costumista, hanno presenziato alla proiezione del film fuori concorso “The Happy Prince”- intenso ritratto dell’artista sublime, Oscar Wilde – che si è giovato di altre ottime rese attoriali, di Colin Firth, Emily Watson, in primis, ma anche di Colin Morgan e Tom Wilkinson: attraverso i ricordi di una turbolenta esistenza, Wilde, ormai alla fine del suo ciclo vitale, riesuma fantasmi del passato, luoghi e fasti, ma anche eventi funesti, la condanna, il carcere e l’amor fou verso “Bosie”, causa della sua rovina. Bellissimi i costumi e le scenografie di un ’opera in generale assai convincente. Brillante come sempre Sabina Guzzanti in conversazione con Silvia Bizio. In merito alle opere cinematografiche della giornata conclusiva, dunque, con meno proiezioni, e , come è ovvio, nessun film in concorso (e uno solo fuori concorso) e solo documentari e corti, segnalo il gradevole “In bici senza sella” nell’ambito di “Scuola di Cinema”, di Alessandro Giuggioli e altri registi esordienti, con Edoardo Pesce, Riccardo De Filippis, Alberto Di Stasio, etc., film del 2016, del genere commedia, suddiviso in episodi, sulla ricerca da parte di sette giovani dell’anelato posto fisso, in un irriverente autoritratto di una generazione, che diviene per necessità dispersiva, versando in condizione di precarietà esistenziale.
Interessanti, poi due dei tre documentari proiettati, in primis La storia dimenticata di Camp Monticello, opera italoamericana, diretta da Matteo Bogardt, in anteprima mondiale, basata su fatti della seconda guerra mondiale, e cioè la prigionia di migliaia di soldati italiani e il loro internamento dall’agosto 1943 all’ottobre 1945 presso il Campo di Monticello, in Arkansas, ove le condizioni non erano per loro preclusive di una esistenza comunque dignitosa; anche Cca semu, documentario italiano di Luca Vullo, ha presentato spunti di arricchimento per gli spettatori, per il focus su una realtà che negli ultimi anni è stata fortemente indagata, spesso anche in negativo, per il fenomeno dei migranti, e che qui è analizzata antropologicamente, invece, per studiarne gli effetti sull’isola e i suoi abitanti, stretti nella doppia morsa di essere assurti a simbolo della crisi migratoria e di vivere in isolamento per la posizione geografica di Lampedusa, alla periferia d’Europa. Degna di nota infine la conversazione del direttore artistico Silvia Bizio con l’attore internazionale Matthew Modine, che riceverà peraltro il Taormina Arte Award, unitamente a, fra gli altri, Michele Placido e Richard Dreyfuss; Rupert Everett riceverà il premio per miglior regia e miglior attore e Maurizio Millenotti per la scenografia, entrambi per The Happy Prince. Ci saranno poi dei premi speciali.
Tosi Siragusa