Dario Fo al Teatro Antico di Taormina. Il dissidente Francesco che incantò i maiali

Dario Fo al Teatro Antico di Taormina. Il dissidente Francesco che incantò i maiali

Giuseppina Borghese

Dario Fo al Teatro Antico di Taormina. Il dissidente Francesco che incantò i maiali

lunedì 08 Settembre 2014 - 14:23

Entusiasmo e gioia al Teatro Antico di Taormina per lo spettacolo di Dario Fo su San Francesco. Sul palco, in chiusura, anche il sindaco Renato Accorinti, visibilmente commosso per l’estrema generosità dimostrata dal premio Nobel nel progetto di realizzazione della Biblioteca per bambini.

L’emozione di vedere, per la prima volta in assoluto, a Taormina il premio Nobel per la letteratura Dario Fo, è un sentimento evidentemente tangibile che si avverte da subito già fuori dalle mura del Teatro Antico, dove una folla interminabile di persone si accinge a prendere posto. L’occasione si riveste di un ulteriore, nobile valore: la donazione, con i proventi delle offerte raccolte dalla vendita dei biglietti dello spettacolo, di una biblioteca per bambini al Palacultura della città di Messina.
Dietro una pudica emozione ed un caloroso entusiasmo per questa nuova sfida – inimmaginabili da attribuire ad un uomo di tale esperienza e rilevanza intellettuale – Dario Fo prende la parola e, dopo l’ossequio rivolto alla cornice che ospita l’evento, giunge la sopraffazione di un sentimento che risulta difficile spiegare qui, ora, a parole. Non è tristezza, neppure dolore, né la più languida delle nostalgie, ma un sincero e profondissimo rammarico di non avere, oggi, al proprio fianco la compagna di una vita, Franca Rame. Poi, immediatamente, Fo varca una soglia immaginaria ed entra nella Dimensione. Quella magnetica ed imponente del suo Teatro.
Prende le mosse da qui lo spettacolo “Lu Santu Jullàre Francesco”, la storia antica del santo ribelle che, con l’avvento al soglio Pontificio di Papa Bergoglio ritorna attuale e seducente anche ad occhi laici e disinteressati. Il Francesco di Dario Fo nasce dalla rielaborazione di testi scritti da seguaci del mistico di Assisi che, pur raccontando alcuni tra i momenti salienti e molto noti della vita del frate, non ne trascurano aspetti meno conosciuti e aneddoti che ne svelano l’animo indomito e liricamente gaudente. Così viene raccontata la Chiesa, dileggiata con candore e sottigliezza, con la stessa leggiadria con cui Francesco si aggira tra i fasti dei palazzi e l’arroganza degli alti prelati. Una scure tagliente ed elegantissima, quella dell’ironia, affetta le idolatrie religiose e ne fa un amalgama succulento con cui nutrire gli spettatori. Dall’incontro con papa Innocenzo III, dove emerge tutta la carica eversiva del Santo – eloquente e bellissima la scena dei maiali che ascoltano la parola di Francesco con gli occhi sbarrati – al celebre discorso con il lupo fino alle atmosfere drammatiche della malattia agli occhi.
Per oltre due ore, Dario Fo ci spinge tra una moltitudine di voci, tra i cenci dei pezzenti ammorbati dalla lebbra e gli olezzi della Chiesa sprecona e laida, alleggerendoci con un Francesco sorridente e giocoso, Innamorato e Grato del Creato. La gioia dei presenti, di assistere e di far parte di questo alto momento di arte, è incontenibile.
Si compie il teatro, quel gioco di armonie e di equilibri sottilissimi tra il pubblico e il palcoscenico, quella meravigliosa intelligenza collettiva che si fonde in un unico, grande corpo.

Giuseppina Borghese

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