Il grande tango di Astor Piazzolla, classico e rivoluzionario nello stesso tempo, è il protagonista delle prossime serate al Teatro Vittorio Emanuele di Messina. Dal oggi e fino al 10 febbraio, infatti, va in scena l’operita “Maria de Buenos Aires-, scritta da Horacio Ferrer e musicata da Astor Piazzolla nel 1968. A portarla in tournée in Italia è il gruppo argentino formato dalla Fundation intitolata proprio all’artista che ha reso celebre il bandoneòn in tutto il mondo, con la regia di Laura Escalada Piazzolla, vedova del musicista.
“Abbiamo voluto riproporre l’operita – spiega la regista – nella forma originale che le avevano dato gli autori: semiscenica, con tutti i musicisti presenti sul palco insieme con le voci soliste e il coro, con l’obiettivo di far risaltare pienamente la purezza della sua musica-.
“Maria de Buenos Aires- racconta poeticamente la storia della capitale argentina nel periodo oscuro trascorso tra la prima fondazione, datata 1536, e la seconda, avvenuta 44 anni dopo. “Anche allora – aggiunge la Piazzolla – pur rimanendo la città disabitata e agonizzante, il cuore di Buenos Aires non cessò mai di battere sino a partorire la nuova Maria (la seconda fondazione), che, arricchita dai ricordi della sua ombra, nascerà come bambina adulta, avvolta nell’evocazione del suo passato, straziato dalle note del bandoneòn e con la speranza di diventare un giorno… Maria de Buenos Aires-.
“Il fascino di questa operita – spiega Michelangelo Zurletti, direttore artistico per la musica del Teatro di Messina – riposa su una doppia lettura. La prima, più immediata, è legata al tango: un mare di musica che ormai tutti riconoscono e riconducono al fenomeno Astor Piazzolla; ed è il tango più essenzializzato e anche abbastanza misterioso che Piazzolla abbia lasciato. La seconda, più intrigante, è quella che non c’è e bisogna cercare attraverso le parole (ma una volta tanto possiamo dire versi) di un testo bellissimo che allude, senza dire esplicitamente, a una tragedia collettiva che sembra non aver fine. Cantare una tragedia, però, è il modo ideale per esorcizzarla o almeno svelarla a noi stessi, per riviverla esteticamente insieme alla vita quotidiana, per superarla, magari con la sola forza della disperazione. Maria è una donna o un fantasma, anzi è l’uno e l’altro, come il tango è una danza e un’utopia: che l’irrazionalità del Duende rende presente e nega. C’è un respiro profondo in Maria de Buenos Aires che la maschera del suono e del canto lascia intuire, un’ambiguità perfetta. Ci sentiamo tutti un po’ diversi dopo l’esperienza d’ascolto-.
Gli interpreti sono Maria Barone, Sebastiàn Holz, Juan Vitali più il coro e l’orchestra diretta da Julian Vat.